Tralasciando le prime codificazioni di testi musicati le cui radici affondano sino al medioevo di Guido d'Arezzo, si è soliti fissare la nascita del melodramma, in Italia agli inizi del '600 e per la precisione a Firenze a cura della Camerata de' Bardi. Generalmente si identifica nell’Euridice di Jacopo Peri la prima rappresentazione assoluta di uno spettacolo teatrale identificabile come opera. Era esattamente il 6 ottobre 1600 quando la passione amorosa fra Orfeo ed Euridice venne rappresentata in occasione dei festeggiamenti nuziali di Maria de’ Medici e del re di Francia Enrico IV. Dopo quel primo esperimento fu Claudio Monteverdi a comporre ed a portare in scena l’Orfeo (1607) e, nei circa quarant'anni successivi, L’Incoronazione di Poppea, Il ritorno di Ulisse in patria ed un’altra serie di composizioni di rilievo. Negli anni e nei secoli seguenti fu un’autentica esplosione di grandi compositori che si susseguirono dal barocco, al belcanto, dal periodo dell’opera romantica al verismo. I nomi dei geni del teatro in musica sono troppi per poterli elencare tutti. Per poco meno di tre secoli la loro musica infiammò gli animi delle persone di tutti i ceti sociali tanto da costituire un vero e proprio fenomeno popolare che sino all’avvento del cinema non ebbe flessioni. Ancora nel secolo scorso e per la precisione sino ai primi anni del secondo dopoguerra, l’opera era un fenomeno estremamente popolare. Tutti noi abbiamo sentito raccontare almeno una volta, dalle persone più anziane che vissero quel periodo, di trasferte organizzate a piedi, in bicicletta, in pullman o, per i più fortunati, in automobile, alla volta dei teatri dislocati sul territorio nazionale. Ma sappiamo di rappresentazioni effettuate, non di rado da cantanti celebri, anche nelle corti delle grandi cascine contadine piuttosto che in affollatissime piazze. Tutti accorrevano per ascoltare Gigli, Tagliabue, Caniglia, Bechi, Masini, Tancredi Pasero, giusto per citare i primi nomi che mi vengono in mente. I grandi cantanti lirici erano visti alla stregua delle attuali popstar ed erano gli influencer dell’epoca; per intenderci quello che sono oggi Fedez e la Ferragni: mala tempora currunt!
Le star dell’opera erano talmente popolari da influenzare anche lo sviluppo della musica melodica italiana, richiedendo ai cantanti dell’epoca un’impostazione di canto fondata sulle basi della lirica. La gente nasceva e cresceva con le grandi romanze d’opera nelle orecchie. Una diffusione ed una popolarità talmente vaste non imponevano spiegazioni o istruzioni per l’uso e consumo.
Del resto e giustamente nessuno oggi vede la necessità di spiegare ai giovani come si guardano i cartoni animati o come ci si pone alla visione di un film mentre, a sessant’anni dal suo apice di popolarità, è assolutamente necessario impegnarsi per portare l’opera vicino alla gente spiegandola a chi è nato e cresciuto in un’epoca in cui per ascoltare una romanza è necessario attendere le due di notte. Non è questo il momento per poter approfondire le cause di questo repentino declino del teatro in musica – ricercabili soprattutto nell’avvento di altre forme musicali di intrattenimento ed alle rivoluzioni sociali che ebbero inizio negli anni ’60 del secolo scorso – bensì lo scopo di questo editoriale è quello di dare visibilità a chi, nel corso degli ultimi decenni, si è impegnato e ancora oggi si profonde alla divulgazione capillare dell’opera lirica. E visto che su questo argomento l'assenza delle istituzioni è assordante, ad iniziare dalla scuola (ricordiamo che un ex-ministro nel 2010 dichiarò che con la cultura non si mangia ma rammentiamo anche che nelle nostre scuole si "studia" la musica con il supporto dell'inascoltabile flauto dolce) la libera iniziativa assume un ruolo fondamentale.
Per queste ragioni desidero spalancare, qui su OperaClick, una finestra – da lasciare aperta a tempo indeterminato – su quelle realtà di svariata natura, costituite per lo più da associazioni musicali, circoli lirici, privati ma anche organizzazioni legate ad alcuni teatri (ad esempio AsLiCo) che si impegnano, spesso prendendosi dei rischi anche economici, nel portare la lirica a chi probabilmente non metterebbe mai piede in un vero e proprio teatro d’opera. Va detto che spesso queste organizzazioni hanno anche il non trascurabile merito di offrire ai giovani artisti delle importanti palestre dove potersi esercitare, imparare e prendere le prime misure davanti ad un vero pubblico.
Quindi, senza una scaletta ben precisa, magari anche con l’aiuto e le segnalazioni di voi cari lettori, mi piacerebbe offrire la nostra visibilità a chi si impegna attivamente, spesso con grandi sacrifici, per la divulgazione dell’opera lirica.
Iniziamo il nostro percorso intervistando Malva Bogliotti, figura di riferimento fondamentale per la sopravvivenza di questa nostra amatissima forma d'arte nella “bassa” lombarda; un'amica che da parecchi anni prende per mano e accompagna tanti giovani artisti a muovere i primi passi in palcoscenico. Un’idealista mossa da sfrenata passione per il teatro d’opera che, come gli impresari di una volta, rischia in prima persona pur di fare.
Cara Malva, ci racconteresti quando e come nacque la tua passione per l’opera?
Non saprei dire. Non ricordo un momento della mia vita senza l'opera lirica. Sono nata in Argentina. Mio padre, giovanissimo medico, nipote di italiani, mi portava con sé in visita ai pazienti. Mentre guidava da un punto all'altro di una pampa desolata, mi distraeva cantando quelle che in seguito ho scoperto essere arie dalla Bohème, Butterfly, Traviata... Ero troppo piccola per capire le parole, in italiano per giunta, ma quelle melodie sono state la meravigliosa colonna sonora di tutta la mia infanzia e che continua ad esserlo ancora oggi. La musica cantata da mio padre era un atto di amore e un modo per accendere la mia fantasia. Credo che al di là dell'elemento culturale, lui volesse infondermi un senso di appartenenza. Attraverso l'opera lirica riscopriva e trasmetteva a me il ricordo delle radici, la consapevolezza di provenire da un luogo speciale: l'Italia. Tanto che quando finalmente arrivammo a Milano, la prima cosa che fece non fu portarmi a visitare il Duomo, ma il Teatro alla Scala: il Tempio! Avevo sei anni… un destino segnato per sempre. Pensandoci, posso dire che per me l'opera lirica non ha mai rappresentato una nozione intellettuale, ma l'elemento fondante della mia educazione sentimentale.
Sei diplomata in canto. Quindi c’è stato un periodo della tua vita in cui ha accarezzato il sogno di diventare cantante lirica?
A 14 anni vidi la versione cinematografica del Don Giovanni di Joseph Losey e ne rimasi folgorata. Decisi che quella sarebbe stata la mia vita e così iniziai a studiare canto lirico. Un percorso rivelatosi molto più complesso del previsto che mi ha portato a diplomarmi tardi e quando ormai avevo deciso che mi sarei occupata di teatro d'opera, ma non come cantante.
Poi che successe?
Successe che per fortuna mi ammalai. Una scarsa capacità di valutazione unita a pessimi insegnanti, mi portarono ad avere problemi vocali così seri da richiedere un lungo periodo di riabilitazione per recuperare almeno la voce parlata. La pausa forzata si è rivelata una preziosa occasione per riflettere sui miei veri talenti ed obiettivi. Così ho ammesso a me stessa quello che avevo sempre saputo: Il canto per me corrispondeva ad un viaggio interiore, che non sentivo l'urgenza di condividere su un palcoscenico. Nel frattempo, avevo iniziato ad occuparmi del coordinamento artistico di spettacoli di danza e canto, grazie ai quali ho imparato tutte le regole fondamentali che stanno alla base della messa in scena di uno spettacolo. Un apprendistato duro che mi ha fatto capire che il dietro le quinte era il mio habitat naturale. E poi, siccome la vita fa anche dei gran regali, la voce si è completamente risanata, consentendomi di mettere la mia esperienza a disposizione di altri cantanti, da una parte specializzandomi come insegnante nel genere pop e musical e nel risanamento, attraverso la tecnica vocale, di voci malate, dall'altro come casting editor ed organizzatrice. L'esperienza a prima vista negativa si è trasformata nella capacità di capire il cantante, rispettarlo, proteggerlo e valorizzarlo sulla scena. Direi non male come lieto fine!
Noi ti conosciamo soprattutto per le produzioni teatrali realizzate nell’ambito della rassegna “InCanto in Musica”. Spettacoli che hai portato in vari teatri della provincia di Pavia ma anche delle province limitrofe. Come ti venne l’idea?
Immagino tu ti riferisca gli inizi. Incanto in Musica nasce nel 2008-2009 come ideale proseguimento della stagione lirica del teatro più importante di Pavia, il Teatro Fraschini. Allora, come oggi, la programmazione di opere liriche cessava in gennaio, costringendo i melomani ad attendere la ripresa in novembre, oppure a spostarsi in altre città. Ma per una serie di motivi, anche economici, molti rinunciavano. Così, in un momento in cui riqualificare le periferie attraverso un'attività culturale era ancora un concetto poco conosciuto, ho ideato "InCanto in Musica, una rassegna culturale attenta al sociale". Una stagione e non un evento sporadico, pensata per arricchire l'offerta culturale della mia città. Una rassegna low cost, dove i principi fondanti sono stati : accessibilità e qualità. Infatti, a fronte di un biglietto dal costo contenuto, lo spettatore ha potuto godere di servizi degni di teatri maggiori; come, ad esempio, il filo diretto con la direzione artistica, gli incontri divulgativi, il servizio di riaccompagnamento a casa dopo lo spettacolo, senza dimenticare la qualità degli spettacoli. In sintesi, un'attenzione alla persona che andava oltre la rappresentazione in scena. L'iniziativa ha avuto così tanto successo che nel giro di poco tempo è passata da allestimenti con il pianoforte a quelli con l’orchestra che oggi è una realtà stabile e prende il nome dalla rassegna. Il risultato più grande è stato l'attenzione e affetto di un pubblico sempre più vasto che ha capito e appoggiato il senso del lavoro proposto, trovando normale seguire le opere sia al Fraschini come nel nostro piccolo teatro di periferia. L'esperienza, in un certo senso rivoluzionaria perché creò la prima rassegna di produzioni indipendenti a Pavia rilanciando uno spazio teatrale dimenticato. In seguito, si è estesa divenendo un circuito comprendente alcuni teatri della Provincia di Pavia e Regione Lombardia. Attualmente InCanto in Musica è opera lirica, ma anche prosa, concerti e opere ridotte per le scuole.
Quali sono le maggiori difficoltà organizzative e quali le più belle gratificazioni?
Le difficoltà sono sempre le stesse, fin dai tempi del carro di Tespi: problemi economici, eccesso di burocrazia, interlocutori con eccessivo potere decisionale su questioni artistiche per le quali non hanno adeguata o alcuna preparazione. Referenti spesso privi di una visione ampia del significato di direzione artistica di un teatro. Pensando ai lati positivi direi l'aver ideato in totale autonomia un progetto che iniziato con risorse private ha acquisito tale credibilità da attirare l'attenzione di Fondazioni ed Istituzioni importanti, quali Regione Lombardia, Cariplo, Camera di Commercio, Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia, solo per citarne alcuni. Sponsor che sono stati fondamentali per crescere. Altra soddisfazione direi pensare di aver scoperto dei talenti dando loro occasione di debutto e avviandoli ad una carriera professionale. L'orchestra Incanto in Musica: un progetto partito da lontano e perfezionato grazie al M° Gianluca Fasano, direttore stabile della rassegna. L'affetto del pubblico, riconoscimenti di stima che arrivano inaspettati da parte di artisti e colleghi proprio quando sei in crisi e stai meditando di mettere un cartello con scritto "torno subito" e invece hai prenotato un volo per Marte. E per ultimo, ma non ultimo, penso che per me la gratificazione maggiore sia quando so di essere stata onesta e di aver dato il massimo per offrire il meglio al compositore, alla musica ed al pubblico: i miei principali committenti e datori di lavoro. Senza dimenticare che lavorare ascoltando le prove di cantanti ed orchestra è il privilegio immenso che questa professione regala. Quando il cast funziona e la musica inizia, non vorrei essere in nessun altro posto nel mondo. È un momento di enorme gratificazione, sorridendo direi anche consolazione.
Da qualche anno hai iniziato a collaborare con il teatro Carbonetti di Broni e dall’anno scorso hai avviato un nuovo progetto formativo. Ce ne parli?
La collaborazione con il teatro Carbonetti inizia cinque anni fa. Dapprima proponendo delle produzioni e poi via via spaziando su una progettualità artistica a tutto tondo. Ho trovato un'Amministrazione comunale ed un'Associazione di Amici del Teatro Carbonetti, capace di ascolto e dialogo, ma soprattutto desiderosi di lavorare su progetti di ampio respiro utilizzando tutto lo spazio teatrale, non solo il palcoscenico. Da qui nasce il progetto masterclass, che viene pensato con la duplice funzione di promozione di un territorio, l'Oltrepò pavese (invito tutti a conoscerlo, è una meraviglia!) e ampliamento dell'offerta culturale. Un progetto che si caratterizza da subito in chiave internazionale grazie al paternariato con l'Associazione Italo coreana Prima Scena, ideatori ed organizzatori insieme a me del progetto Corea InCAnto. La prima edizione della masterclass, che ha avuto come madrina il soprano Daria Masiero, ottima cantante e docente, è stata un successo tale che abbiamo deciso di replicare questo anno.
Quest’anno con un’artista di grandissimo livello internazionale: Barbara Frittoli.
Per la seconda edizione della masterclass Il Belcanto all'opera e ragionando in un'ottica sempre più internazionale, ci siamo posti un obiettivo ancora più ambizioso, quello di concludere le giornate di studio con l'allestimento di un'opera. Don Giovanni, di W.A.Mozart. Quindi, come non pensare a Barbara Frittoli, interprete di eccellenza, fra l’altro, di molti ruoli mozartiani? Sapendo poi della sua attività di didatta presso l'Accademia Solti, non abbiamo avuto dubbi sulla scelta da compiere. Siamo onorati che abbia accettato, e, ti dirò, anche emozionati. Non vediamo l'ora di accogliere un'artista generosa e propositiva che ci ha suggerito come M° collaboratore Nicoletta Olivieri, con la quale lavorerà in sinergia per preparare i cantanti sia sulla vocalità che sul personaggio. Penso che sarà una grandissima opportunità di crescita per chi sarà ammesso a partecipare alla masterclass. Ho parlato di ammissione perché entro il 15 dicembre verrà fatta una prima selezione e solo chi l'avrà superata potrà accedere ai giorni di lavoro e studio, non dimentichiamoci che l'opera sarà con orchestra e davanti al pubblico. Non sarà un saggio, ma uno degli spettacoli del cartellone ufficiale del Teatro Carbonetti, quindi proporremo un cast adeguato alla situazione.
I partecipanti alla masterclass avranno la possibilità di esibirsi in un’opera e quindi essere inseriti in un percorso professionale… dico bene?
Ben detto! Come anticipato, La masterclass nasce dalla collaborazione tra InCanto in Musica Spettacoli e le Associazioni Amici del Teatro Carbonetti di Broni e Prima Scena. Il progetto intende promuovere lo studio della tecnica vocale ed il melodramma, ma anche scoprire e valorizzare nuove voci da inserire nelle future programmazioni operistiche.
L'intenso periodo di studio si concluderà con la messa in scena, in forma concertata con accompagnamento orchestrale, dell'opera Don Giovanni di W.A. Mozart. L'opera, che figura nel cartellone della stagione 2019 del Teatro Carbonetti, sarà lì rappresentata il 10 febbraio 2019 alle ore 17. Dopo il debutto, gli artisti, così come avvenuto per la prima edizione, verranno inseriti nelle produzioni InCanto in Musica Spettacoli. Poiché la masterclass sarà aperta ad un numero massimo di 12 allievi, l'allestimento di debutto sarà particolare e potrebbe succedere che un ruolo venga affidato a due cantanti. Per la stagione 2019-2020, invece lo spettacolo sarà venduto con un cast che si alternerà nelle recite e a quel punto con ingaggi.
Ormai l’hanno capito tutti, sei un autentico vulcano: cosa ti piacerebbe fare in futuro? Hai già qualcosa che bolle in pentola?
Ah, ah! davvero! I progetti sono tanti, la cosa certa è che InCanto in Musica sta per compiere dieci anni. Un passaggio importante e che richiede un bilancio. Sto facendo il punto della situazione e sento che pur rimanendo nella lirica come terreno di elezione, la mia futura attività non sarà solo nelle produzioni operistiche. Nell'immediato posso dirti che nell'ambito del progetto Prima Diffusa, in collaborazione con Teatro alla Scala, Accademia del Teatro alla Scala e Comune di Milano, il 7 dicembre presenterò Attila, a Milano al Teatro Delfino. Per il nuovo anno sto lavorando ad una rassegna di prosa e concerti che debutterà a Pavia. In marzo, dopo aver portato a teatro in questi ultimi tre anni 4000 studenti in un’età tra i 4 e i 19 anni, saremo a Voghera con l'edizione ridotta della Cenerentola di Rossini, in aprile ci sarà la fase conclusiva di un progetto pilota che si intitola Oltre il Sipario. Nel frattempo, sto valutando alcune proposte di collaborazione per Opere studio con Corea e Cina, progetti che mi ha proposto Pietro Ballo e che realizzeremo sempre in partenariato con Teatro Carbonetti e Choi Sun Woo e Hanjai Kim, responsabili di Prima Scena. Manterrò come punto fermo l'orchestra e gli spettacoli divulgativi nelle scuole, così come gli incontri con il pubblico, senza smettere di cercare nuove voci e per quello che posso, offrire loro occasioni lavorative. Per il resto vedrò, in fondo sono ancora troppo giovane per decidere in modo definitivo cosa farò da grande.
Grazie per tutto quello che fai per la divulgazione dell’opera, per i giovani artisti ed in bocca al lupo per i tuoi impegni futuri.
Caro Danilo grazie a te per questa bella chiacchierata e per il sostegno e la visibilità che da sempre dai attraverso OperaClick ad InCanto in Musica!
Danilo Boaretto