Soprano | Carmela Remigio |
Contralto | Cecilia Molinari |
Tenore | Antonio Poli |
Basso | Alex Esposito |
Pianoforti | Alberto Boischio |
Raffaelle Centurioni | |
Harmonium | Roberto Brandolisio |
Direttore e Maestro del Coro | Claudio Marino Moretti |
Coro del Teatro La Fenice |
Come molti altri teatri, anche La Fenice ha reagito vigorosamente alle misure restrittive concernenti gli spettacoli dal vivo, ideando un mazzetto di prestigiosi appuntamenti in streaming, in orario pomeridiano, tra i quali spicca la rossiniana Petite Messe Solennelle, andata in onda sabato 21 novembre, proprio al Gran Teatro La Fenice.
La Petite Messe Solennelle è uno degli ultimi lavori di Rossini, terminato nel 1863, a più di trent’anni di distanza dal suo precoce addio all’opera lirica. Si tratta di un’opera attraversata da una felice ambiguità, rinvenibile già nel contrasto tra la povertà d’organico e strumentazione, e le dimensioni dell’opera stessa. Concepita per un evento privato, in essa si fondono mirabilmente il sacro ed il profano; nel "Qui tollis" o nel "Quoniam" e in moltissimi altri momenti ciò è chiaramente avvertibile, così come si colgono le innovazioni e le arditezze armoniche che ne fanno ancora oggi un capolavoro rappresentato in tutto il mondo. Ma si coglie anche qualcos’altro: il Rossini operista non è del tutto scomparso, nonostante i molti anni che separano la PetiteMesse dal Guillaume Tell. Del resto lo stesso Rossini parlava della sua opera usando una soffice ironia, definendola “l'ultimo peccato mortale della mia vecchiaia”, e, dubitando della purezza del suo carattere sacro, chiedeva perdono al cospetto del buon Dio, mettendo, come si direbbe oggi, le mani avanti (“Ero nato per l’opera buffa, lo sai bene! Poca scienza, un poco di cuore, tutto qua. Sii dunque benedetto e concedimi il Paradiso”).
Ad eseguire l’opera, nella versione originaria più raccolta ed intima con l’accompagnamento di due pianoforti ed harmonium, il Coro del Teatro La Fenice guidato da Claudio Marino Moretti.
Diciamo subito che si è trattato di uno spettacolo ben confezionato ed estremamente godibile, a dispetto della povertà espressiva dello streaming, che peraltro qualche danno lo fa (è il caso della parte riservata all’harmonium, affidata a Roberto Brandolisio, apparsa in ombra probabilmente per motivi tecnici, anche se per il resto la resa sonora dell’insieme è stata complessivamente più che buona).
Il quartetto di solisti è stato di valore artistico indiscutibile.
Il tenore Antonio Poli ha cantato il "Domine Deus" con estroversione quasi operistica, forse fin troppo espressivo, ma nel complesso assai efficace.
Nel "Qui tollis" Carmela Remigio ha regalato grande emozione, padroneggiando con ampie volute e libertà vocale controllata la melodia dagli accenti profondamente patetici, mentre Cecilia Molinari ha esibito un timbro di ferro e saldissima emissione vocale. Il basso Alex Esposito ha sfoggiato nel "Quoniam" un’intonazione perfetta ed altrettanto perfetta padronanza dei propri mezzi tecnici.
Coro e direzione sono stati ampiamente all’altezza. Il primo ha mostrato un amalgama senza sbavature, come ad esempio nel veloce intrecciarsi di trame sonore del "Cum Sancto Spiritu". Il gesto direttoriale di Moretti è apparso morbido e in grado di gestire con naturalezza attacchi e intrecci tra le varie parti. Molto bello il contrappunto discreto ma intenso del coro alla linea melodica del mezzosoprano, nell’"Agnus Dei". In questo appassionante finale la Molinari ha sorpreso ancora, in particolare per la sua linea di canto tesa, dagli armonici perfetti, e per l’intensità drammatica ma estremamente sorvegliata.
Nel complesso soddisfacente la prestazione dei due pianisti, Alberto Boischio e Raffaele Centurioni, al netto di qualche rigidità dovuta probabilmente sia alla complessità (e scomodità in alcuni frangenti) di una partitura che non viene eseguita a memoria per ovvie ragioni, che all’assenza di pubblico, in grado sempre di “riscaldare” la performance di qualsiasi solista. Ben realizzato comunque, ed intenso nel suo severo contrappunto, è stato il Prélude religieux eseguito dal Maestro Boischio.
Non sappiamo se il buon Dio abbia concesso il Paradiso a Rossini, in cambio di questa splendida Petite Messe, piccola solo nell’organico, ma di sovrumana bellezza. Noi di certo, dal nostro angolo terreno-casalingo, ce la siamo goduta.
La recensione si riferisce allo streaming del 21 novembre 2020
Lorenzo Cannistrà