Antonio Vivaldi | Sinfonia da La verità in cimento |
Gioachino Rossini | Sinfonie da L'italiana in Algeri e La scala di seta |
Giuseppe Verdi | Sinfonia da Nabucco |
Giuseppe Verdi | Preludio III atto da La traviata |
Giuseppe Verdi | Ballabili da Macbeth |
Giacomo Puccini | Coro a bocca chiusa da Madama Butterfly |
Giuseppe Verdi | Va', pensiero |
Direttore | Paolo Longo |
Direttore del coro | Francesca Tosi |
Orchestra e coro del Teatro Verdi di Trieste |
Finalmente, dopo tre mesi di chiusura obbligata, il Teatro Verdi di Trieste ha riaperto le porte al pubblico.
In queste occasioni è facile cadere nella retorica ma, di là dell’ovvia emozione per essere stato testimone di un momento che entrerà nella Storia del teatro, mi preme fare una considerazione che ho maturato proprio nelle settimane scorse.
Sono state parecchie, e tutte degne di nota, le attività che i teatri hanno intrapreso nel lungo periodo di lockdown – oppure blackdown, dal mio punto di vista – per tenere desta l’attenzione sulle fondazioni liriche.
Soprattutto all’inizio della crisi dovuta al Covid-19 sono state molto gettonate le trasmissioni in streaming: la mia opinione è stata da subito che potevano rivelarsi un boomerang, perché la nostra classe politica ne avrebbe approfittato pensando che in qualche modo i teatri potevano arrangiarsi. Sui social scrissi che “guardare uno spettacolo teatrale in streaming era come lavarsi i piedi con le scarpe” e rimango di quest’idea.
Le successive proteste dei lavoratori dello spettacolo, che in tempi di crisi – qualsiasi crisi – diventano trasparenti quasi praticassero un hobby a tempo perso e non un lavoro vero e proprio me ne hanno dato conferma. Tra decreti governativi e ordinanze regionali, perlopiù cervellotiche e contraddittorie, il comparto è stato sostanzialmente ignorato e perciò ferito e vilipeso pesantemente da un’agenda governativa che ha privilegiato la riapertura di attività sulla cui utilità generale è bello tacere.
Del resto, un ministro della Repubblica pochi anni fa ebbe a dire sfrontatamente che “con la cultura non si mangia”, dove vogliamo andare?
Poi, dopo mesi passati a casa ad ascoltare dischi asettici, oggi sono entrato di nuovo in quel luogo sacro che è il Teatro e ne ho ripercorso tutta la liturgia quasi con avidità.
La piccola fila per entrare e prendere il biglietto, la maschera che ti accompagna al posto assegnato, lo stupore per la bellezza della sala e l’elegante e al contempo rattenuto sfarzo degli arredi, il suono paradisiaco – mai così bello - degli strumenti che si accordano, la tensione durante quei secondi in cui si abbassano le luci, l’entrata del direttore.
È stato il Prete rosso, Antonio Vivaldi, a dare inizio al concerto con la sinfonia da La verità in cimento.
Sono poi seguite due sinfonie di Rossini (Italiana in Algeri e Scala di seta) e tre pagine verdiane: la sinfonia dal Nabucco, il Preludio del terzo atto dalla Traviata e i Ballabili dal Macbeth.
Anche il Coro, giustamente, ha partecipato a questa festa, con l’esecuzione del Coro a bocca chiusa dalla Madama Butterfly di Puccini e l’immancabile Va’, pensiero ancora dal Nabucco.
Paolo Longo, sul podio della splendida Orchestra del Verdi di Trieste ha riconfermato una volta di più la sua bravura. Il Coro della Fondazione, preparato da Francesca Tosi, si è destreggiato benissimo.
Spero che nessuno, leggendo queste brevi note, si aspetti che giustifichi anche di sfuggita il mio giudizio lusinghiero sul concerto, che si è svolto in una sala spettralmente vuota per le inderogabili necessità di ottemperare alle misure di sicurezza: eravamo duecento, giovani e forti, e siamo risorti.
Questo era il primo concerto della programmazione estiva del Verdi, potete trovare qui il programma completo.
La recensione si riferisce al concerto del 21 giugno 2020.
Paolo Bullo