Dorina | Martina Barreca |
Nibbio | Niccolò Porcedda (prima rappresentazione) |
Nibbio | Michele Soldo (seconda rappresentazione) |
Regia | Cesare Scarton |
Cenacolo Musicale | |
Donatella Busetto, cembalo e concertazione | |
Allestimento scenografico a cura degli allievi della Scuola di Scenografia dell'Accademia di Belle Arti di Venezia |
La Sala Bartoli, un teatrino nido d’aquila in cima al grande edificio del Teatro Rossetti di Trieste, ha ospitato la messa in scena de L’impresario delle Canarie ovvero Dorina e Nibbio, a conclusione del concorso per giovani cantanti indetto dall’Associazione Barocco Europeo di Sacile.
L’impresario delle Canarie è un intermezzo messo in musica da Domenico Sarro su libretto di Pietro Metastasio, inserito nell’opera seria Didone abbandonata. Non un libretto qualunque, ma uno dei primi scritti da colui che dominerà il teatro musicale per tutto il Settecento. Domenico Sarro, compositore napoletano di scuola anche se non di nascita (era di Trani), aveva già una carriera consolidata quando incontra Metastasio, allora poco più che ventenne, e accetta di mettere in musica entrambi i lavori. L’intermezzo si ispira chiaramente al Teatro alla moda di Benedetto Marcello, un pamphlet ironico e feroce contro le usanze più deleterie del teatro del tempo, viste attraverso i tipi umani che lo incarnavano e lo rendevano possibile.
E sono l’Impresario (Nibbio) e la Virtuosa (Dorina) le categorie scelte da Metastasio per essere esposte al pubblico con tutte le loro pretese, vizi e vanaglorie. L’intermezzo è per sua natura breve ma l’arguzia del testo assecondata dall’ironia insita nella musica di Sarro offrono un quadro che si immagina molto verosimile. Perché tutto funzioni occorrono due protagonisti versatili. Devono cantare spesso in una condizione di metapersonaggio: ad esempio Nibbio ha un’aria che deve eseguire malamente come farebbe chi vuol essere cantante ma non ne ha i mezzi, mentre Dorina deve parodiare un personaggio che nasce a sua volta come stereotipo di una diva più sedicente che reale. Il testo deve essere trasmesso alla perfezione, non solo nei recitativi ma anche in arie e duetti, altrimenti si perde la vena comica che è il sale di questo lavoro.
Martina Barreca e Niccolò Porcedda hanno risposto appieno alle sollecitazioni contenute nel libretto, compiendo in questo modo gran parte del loro lavoro di interpreti, sollecitati dalla regia attenta di Cesare Scarton, capace di ricreare un’atmosfera insieme ludica e sottilmente erotica, fresca ed elegante valorizzando il talento scenico dei protagonisti.
Martina Barreca, Dorina, non solo canta bene, ma è anche un’attrice convincente che sta sul palcoscenico con naturalezza. Ha in dote due arie tutt’altro che semplici, risolte con spirito e bella sprezzatura. Sostiene i duetti con tempismo eccellente, anteponendo sempre le ragioni del personaggio allo sfoggio delle proprie doti vocali, mentre è perfetta nei recitativi, valorizzando battute e allusioni sottolineate da gag leggere e indovinate. Niccolò Porcedda è un impresario molto giovane anche se vanta un passato mirabolante, non documentato perché avvenuto nelle lontane Canarie. Cialtrone al punto giusto, è esilarante quando pretende di cantare un’aria irta di difficoltà che fonde assieme, ad abundantiam, due must del gusto di allora: la farfalletta e il vascello sbatacchiato dai marosi. È molto bravo a cantare “male” i virtuosismi che pretende di aver scritto, ma è altrettanto bravo a cantare “bene” la parte richiesta dal suo personaggio. È allusivo senza essere volgare, tempestivo nei duetti dal ritmo millimetrico e, pur straniato (troppo giovane e simpatico come impresario bollito), riesce a essere credibile.
Nella replica serale il ruolo di Nibbio è stato sostenuto da Michele Soldo, altro finalista del concorso Barocco Europeo. Ha disegnato un personaggio diverso, più maturo e scafato, modellato su un timbro di voce importante, quasi sovradimensionato rispetto alle dimensioni della piccola sala. Ha senz’altro dei mezzi vocali notevoli che hanno reso più inquietante il suo impresario, forse più credibile perché foriero di sottesi inganni, un osso duro per la sua primadonna.
L’intermezzo è stato arricchito da due interventi orchestrali. L’ensemble Cenacolo Musicale, ha inserito con scelta pregevole due Sinfonie da camera di Nicolò Porpora (op. 2 n. 1 e n. 2), oltre ad aver accompagnato con sensibilità i cantanti.
L’Accademia delle Belle Arti di Venezia ha disegnato scene e costumi, ricreando una ambientazione che alludeva agli esordi della pop art, efficace e indovinata.
Molti appalusi e un clima festoso alla fine per i protagonisti e tutti coloro che hanno contribuito all’allestimento.
La recensione si riferisce alle rappresentazioni del 16 ottobre 2021.
Daniela Goldoni