PROCEDURA PENALE | |
musica di Luciano Chailly |
|
Delormes | Aloisia De Nardis |
Donna Titti Stefanetti | Eleonora Benetti |
Giandomenico | Marco Guarini |
Paola Isoscele | Emma Alessi Innocenti |
Dottor Polcevera | Nicola Di Filippo |
Gemella 1 | Chiara Guerra |
Gemella 2 | Viktoriia Balan |
LA SMORFIA | |
musica di Bruno Bettinelli |
|
Astronio Tridapali | Davide Piva |
Vanda Tripali | Kristýna Kůstková |
Adone Vigorelli | Paolo Mascari |
Lucio Baiesi | Ferruccio Finetti |
Franco Bizzi | Federico Vita |
Luigi del Fante | Nicola Di Filippo |
Direttore | Marco Angius |
Regia | Giorgio Bongiovanni |
Scene | Andrea Stanisci |
Costumi | Clelia De Angelis |
Luci | Eva Bruno |
Orchestra Ensamble Calamani |
Nel caso dei cantanti interpreti di opere non di repertorio la perizia tecnica è qualche cosa che spesso può essere confutata solo dalla presenza scenica. É il magnifico caso del dittico messo in scena a Spoleto da parte del Teatro Sperimentale Belli. Si tratta di due opere brevi: La smorfia di Bruno Bettinelli e Procedura Penale di Luciano Chailly. Ci troviamo di fronte a due piccoli gioielli di quella che era la scrittura per voce del secondo novecento. In entrambe le opere la perizia tecnica dei cantanti, in particolare delle voci femminili, è sormontata dalla corrispondenza scenica. Nel senso che spesso per i compositori del secondo dopoguerra era corrispondente all’espressione vocale una corrispondenza psicologica della scena. Quindi Luciano Chailly si trova ad affrontare un testo scritto da Dino Buzzati, Procedura Penale che è una sferzata alla società psicologica e alla riconduzione del bene dell’intelletto rispetto ai sentimenti. I protagonisti di questa opera, sembrano i protagonisti dell’opera napoletana buffa, degli intermezzi per esattezza. In particolare il personaggio di Mauritia Delormes, contessa, è sovrastante sulla scena proprio per quel tono che il compositore ha voluto dare. Nel senso che il fulcro dell’opera è lei. Intorno si muove un circo che è solo una sorta di coro ma che non ha apparente importanza nel definire invece un personaggio femminile molto particolare. Un personaggio dotato di sensibilità emotiva che, come era di prassi all’epoca, veniva confusa per una specie di femminilità non importante. Invece Buzzati punta tutto su di lei lasciandole un ruolo difficile.
Nel caso della recita spoletina l’interprete della Delormes è stata Aloisia De Nardis dotata di una tecnica invidiabile. La scrittura di Chailly tende moltissimo ad usare una tessitura in stile rinascimentale, pertanto il portamento dell’interprete deve sorreggere proprio questa notevole estensione che l’autore richiede. Nel caso di Chailly però questo tipo di scrittura è l’esatta corrispondenza della emotività del personaggio. La De Nardis è perfetta proprio nell’espressione. Sa ben appoggiare le note fondamentali, quelle che permettono poi la difficile ascesa agli acuti. Ma quello che lei fa è riuscire a comprendere con dovizia di particolari proprio quello che Chailly e Buzzati volevano, ovvero tracciare un ritratto psicologico di una donna abbandonata alla solitudine della moltitudine. Da sottolineare la bravura della De Nardis non solo nella dizione perfetta ma anche in quel suo modo antico di dare interpretazione, senza sbavature tardo romantiche o troppo moderniste. Il resto del cast è nella norma, anche perché Chailly non usa molto gli altri protagonisti. Citiamo pertanto Donna Titti Stefanetti: Eleonora Benetti, Giandomenico: Marco Guarini, Paola Isoscele: Emma Alessi Innocenti; Dottor Polcevera: Nicola Di Filippo, Gemella 1: Chiara Guerra, Gemella 2: Viktoriia Balan.
Per La smorfia il gioco delle parti è fondamentale. Questa volta ci troviamo di fronte ad una fortissima denuncia della società delle fattucchiere da parte di Riccardo Bacchelli (autore del libretto) che mette in evidenza come tutto gira nella vita delle persone attorno ai fortuiti eventi e a quel destino che ha poco a che vedere con l’intelletto ma che si attacca appunto ai prodomi antichi degli interventi pseudo magici. Per questo Bacchelli affida tutta la narrazione ad un personaggio singolare, quell’Astronio Tridapali farmacista che è ossessionato dall’idea che tutto possa essere ricondotto al libro della Smorfia. É anche questa un’opera che richiama tantissimo il gioco dei ruoli degli intermezzi napoletani. Bettinelli è geniale perché non esaspera il canto ma anzi cerca di dare una perfetta risoluzione fra voci e orchestra. Quindi il ruolo di Tridapali è centrato su una possibile resurrezione della sua stessa incoscienza. É un personaggio tormentato e quindi Bettinelli, pur affidandogli una scrittura moderna, con un uso importante del colore, struttura Astronio Tridapali come il vero personaggio buffo dell’opera e quindi ha la voce del basso.
Nel caso della rappresentazione tenutasi al Caio Melisso di Spoleto nella prima del 30 agosto 2024, Davide Piva ha interpretato il ruolo principale. E come un basso dell’opera napoletana ha dovuto destreggiarsi fra una scrittura alquanto virtuosistica e una idea di leggerezza interpretativa. Bettinelli scrive per il basso una parte che volutamente si rifà all’opera buffa quindi con una serie di appoggiature e soprattutto di gamma di colori importante. Infatti Piva è stato molto bravo nel dare la giusta profondità di voce al personaggio ma al contempo è stato molto attento a rendere tecnicamente la parte. L’estensione anche in questo caso privilegiava una tessitura di stile antico. Con una serie di passaggi dal grave all’acuto importanti per mettere in evidenza il tormento del protagonista. Anche in questo caso, Piva è stato bravo nel dare il giusto colore ironicamente drammatico e la perfetta dizione. Gli altri interpreti erano attorno al personaggio principale. In particolare, la nipote Vanda Tripali interpretata da Kristýna Kůstková la quale non sempre è stata attenta a dare la giusta risultanza interpretativa. Spesso la sua esecuzione lasciava a desiderare proprio per quella poca coerenza con la psicologia di Vanda, quasi come se fosse estranea a quanto voluto da Bacchelli e da Bettinelli. Per quanto riguarda il fidanzato Adone Vigorelli impersonato da Paolo Mascari abbiamo notato come la sua messa in scena non avesse coerenza con il personaggio, cosa che ha reso la sua prova spesso stantia e con poco colore. Si sentivano anche delle insicurezze tecniche che non permettevano di dare a questo personaggio non solo il forte cinismo ma quella fondamentale presenza da tenore leggero che deve in qualche modo dissimulare l’azione scenica. Il trio Lucio Baiesi: Ferruccio Finetti, Franco Bizzi: Federico Vita e Luigi del Fante: Nicola Di Filippo che avevano il ruolo di coro di controcanto, ha retto con professionalità la parte.
Direttore di entrambe le opere è stato Marco Angius come sempre attento ad ogni singola frase e ad ogni singolo movimento. La sua è stata una direzione dove tutto quello che era necessario ascoltare è emerso con estrema chiarezza. L’orchestra è l’ Ensamble Calamani che ha saputo ben sonorizzare le azioni teatrali di Chailly e di Bettinelli. La regia con accurata attenzione ai brevi movimenti degli interpreti e ad una possibile umanizzazione degli stessi è stata di Giorgio Bongiovanni che ha indirizzato gli interpreti verso una possibile chiusura/apertura di ognuno di loro. Ha agito con tagli psicologici prediligendo una interpretazione che fosse nel mezzo fra il serio ed il faceto. Molto bravo anche Andrea Stanisci che nella minimale scelta di scena ha saputo creare una possibile idea di freddo raziocinio che accompagnava comunque entrambe le opere. Sia Bacchelli che Buzzati segnano ognuno a proprio modo una possibile rivincita della mente sulla sfera emotiva. In conformità con la crisi esistenziale degli anni del dopoguerra. Le luci sonoramente giuste sono state di Eva Bruno che ha messo in evidenza proprio quello che Bongiovanni voleva, cercare nell’intimo distanziato dei protagonisti. I costumi molto adatti e ben fatti sono stati ad opera di Clelia De Angelis.
La recensione si riferisce alla recita del 30 agosto 2024.
Marco Ranaldi