Piacere | Emmanuelle De Negri |
Bellezza | Monica Piccinini |
Disinganno | Delphine Galou |
Tempo | Anicio Zorzi Giustiniani |
Direzione e cembalo | Ottavio Dantone |
Accademia Bizantina |
Ogni nuovo inizio va onorato al meglio. E cosa c’è di più augurale di un’opera composta da un genio della musica nei suoi vent’anni? Mai scelta poteva essere più adatta a festeggiare l’uscita dal periodo buio e incerto della pandemia de Il trionfo del Tempo e del Disinganno, primo oratorio composto da Georg Friedrich Händel a Roma durante il suo viaggio di formazione in Italia. Non era certo alle prime armi, la sua esperienza in Germania era già avanzata, ma è facile immaginare cosa abbia significato per un ragazzo del nord l’incontro con la civiltà musicale della Roma barocca. Lui stesso ce ne rende partecipi con quest’opera in cui, sui versi edificanti ma non proprio esaltanti del cardinal Benedetto Pamphili, compone una tale quantità di musica varia, fantasiosa, sorprendente e originale da costituire un paradigma per la sua futura, splendente carriera. Più e più volte ricorrerà a questo ricco campionario, dal quale attingerà arie, melodie e frasi anche solo di poche battute che poi riprenderà e rielaborerà sia nelle opere vocali che strumentali.
Questa rappresentazione, non prevista nella locandina originale del Ravenna Festival, è entrata a far parte di una riprogrammazione radicale che ha permesso agli organizzatori di compiere un’impresa non facile: ritrovare la disponibilità di uno spazio all’aperto come la Rocca Brancaleone, da tempo inutilizzata e riallestita in modo spartano ma efficiente, e reperire in poche settimane artisti di valore in grado di garantire circa quaranta giorni di spettacoli.
L’Accademia Bizantina, parte del territorio ravennate non solo per residenza ma anche per radicamento e desiderio di condivisione, si è così presentata sul palco del cortile interno della Rocca, in una atmosfera rarefatta e silenziosa. Tutti in nero, su un palco nero con qualche fiammata di rosso e oro per gli abiti di Bellezza (Monica Piccinini) e Piacere (Emmanuelle De Negri). L’oratorio si fonda sul dualismo tra le delizie effimere e i doveri eterni. Il Tempo e il Disinganno devono convincere la Bellezza che non durerà per sempre, nonostante il Piacere cerchi di convincerla del contrario. Poiché siamo in casa del cardinal Ottoboni, il mecenate, la Bellezza cederà diventando virtuosa e convertita. Un numero considerevole di arie, inframmezzate occasionalmente da brevi intermezzi orchestrali, sostiene in modo magistrale la tesi della virtù.
Monica Piccinini, la Bellezza, ha la parte più impegnativa che comprende arie dai temperamenti più vari ed estremi. Se tecnica e competenza stilistica sono fuori discussione, il timbro asciutto, poco aiutato da una amplificazione invasiva anche se tutto sommato leggera, non sempre è sembrato calzante per un carattere che ambisce alla vanità e alle gioie passeggere. Ma nell’aria finale Tu del ciel ministro eletto, sostenuta da un’orchestra commovente per empatia e da un violino concertante incomparabile, la Piccinini ha ristabilito un equilibrio tra stile e vocalità, consegnando al pubblico un momento indimenticabile. Emmanuelle De Negri (il Piacere) ha in dote arie che richiedono notevoli virtuosismi, volati via con garbo ed esattezza, ma è attesa soprattutto per la celeberrima Lascia la spina che più tardi diventerà Lascia ch’io pianga, aria manifesto di Almirena nel Rinaldo. La resa è stata incantevole per la grazia del canto, la dolcezza dell’accompagnamento orchestrale e la pacatezza dei tempi, negli ultimi anni oggetto di strapazzi di ogni genere.
Delphine Galou, il Disinganno, ha dato senso e compiutezza al testo. Notevole la sua interpretazione di Se la vaghezza, in cui il dialogo con il violoncello concertante richiamava atmosfere underground pur restando strettamente nei canali dello stile e dell’epoca. Anicio Zorzi Giustiniani, il Tempo, se da un lato ha mostrato qualche difficoltà nelle colorature strette e qualche slittamento negli attacchi, dall’altro ha dato corpo alle note spiegate con una linea di canto energica, anche se con qualche eccesso di enfasi.
Ottavio Dantone ha diretto l’Accademia Bizantina e ha suonato il clavicembalo assieme al suo favoloso continuo. Come sempre racconta la vera storia con l’orchestra, dà un senso agli affetti, rende sublimi astrazioni lontane dal nostro sentire e sembra raccogliere in uno tutti i suoni della contemporaneità dell’autore.
L’amplificazione, non eccessiva ma avvertibile, ha funzionato molto bene con l’orchestra i cui strumenti sono apparsi ben equilibrati, mentre non ha aiutato i cantanti, togliendo quasi del tutto la naturalezza dell’emissione.
Il Festival ha inoltre prodotto una trasmissione in streaming che potrà essere vista fino al 25 luglio a questo link: https://www.ravennafestival.live/events/il-trionfo-del-tempo-e-del-disinganno/
Il pubblico, ha risposto con ripetuti appalusi, sottotono non tanto per mancanza di energia quanto per il numero forzatamente ridotto di presenti.
La recensione si riferisce alla recita del 24 giugno 2020.
Daniela Goldoni