Soprano | Judith Spiesser |
Direttore | Philippe Herreweghe |
Orchestre des Champs-Elysées | |
Johannes Brahms | Danze Ungheresi |
n. 1 in sol minore (orch. Brahms) | |
n. 3 in fa maggiore (orch. Brahms) | |
n. 4 in fa minore (orch. Fischer) | |
n. 5 in sol minore (orch. Schmeling) | |
Johann Strauss Jr. | Valzer Geschichten aus dem Wienerwald op. 325 |
Aria Mein Herr Marquis da Die Fledermaus | |
Pizzicato-Polka | |
Frühlingsstimmen Walzer, op. 410 | |
An der schönen blauen Donau, op. 314 | |
Polka Éljen a Magyar! | |
Franz Lehár | Aria Meine Lippen, sie küssen so heiß da Giuditta |
Aria Kosende Wellen da Der Zarewitsch |
Il primo appuntamento del 2025 della stagione musicale del Teatro Verdi di Pordenone, che per il programma proposto aveva tutto il sapore di un concerto di Capodanno in leggero ritardo, offriva la curiosità è di ascoltare un repertorio che si sviluppa a cavallo tra tardo Ottocento e primo Novecento in mano a quella che è una delle orchestre “storicamente informate” più apprezzate tra le tante nate negli ultimi decenni, l’Orchestre des Champs-Elysées.
Non solo. Il distacco dalle esecuzioni canoniche risultava ancor più marcato, e dunque intrigante, in un territorio musicale appannaggio di certa tradizione para-viennese in cui la cura edonistica per la morbidezza, l’eleganza del suono e la rotondità d’impasto sono le fondamenta su cui si costruisce poi l’interpretazione musicale. Caratteristiche giocoforza precluse a una compagine che si esibisce su strumenti antichi, che per risorse timbriche e dinamiche non possono certo emulare le loro evoluzioni moderne.
In un simile contesto quel che si perde in termini puramente estetici è tuttavia ripagato dalla possibilità di immortalare con una grafia scarna il testo musicale e di accentuare con maggiore austerità sia i rapporti verticali tra le linee, sia il procedere orizzontale, spinto verso articolazioni più nette e spigolose, non di rado a scapito della pulizia dell’insieme.
Una proposta in cui Philippe Herreweghe - che nella serata di cui si racconta svela un’inaspettata verve ironica nei siparietti introduttivi a ogni brano in scaletta - si conferma musicista eccentrico per fantasia e per quella capacità unica di scandagliare la scrittura per svelarne dettagli reconditi.
Tuttavia in questo mondo fatto di valzer, polke e arie d’operetta firmate da Johann Strauss Jr e Franz Lehár, introdotte da quattro delle Danze Ungheresi di Brahms (1, 3, 4 e 5), l'approccio di Herreweghe non è quello radicale che ci aspetterebbe da uno scienziato musicale, ma punta a un tratto più disimpegnato e festoso, che rinuncia all’approfondimento spasmodico dell'impaginato in favore di un abbandono totale al piacere della musica.
Scelta intelligente, poiché la ricerca di ragioni sotterranee e la retrodatazione forzata a sonorità settecentesche poco gioverebbero alla bontà dell'esecuzione di un repertorio che esige piuttosto cantabilità nei fraseggi e flessibilità del battito, ma anche di rubare ora con pudore, ora con sfrontatezza, in modo da animare il carattere vaporoso di una musica che coniuga frivolezza e malinconia.
A condividere il palco con direttore e orchestra, Judith Spiesser - subentrata alla prevista Alina Wunderlin - mostra una vocalità estremamente leggera da classico soprano di coloratura con un registro acuto più sonoro dell’ottava grave e, a onor del vero, una precisione non sempre inappuntabile: nel complesso convince maggiormente nei ghirigori del Valzer Frühlingsstimmen e in Mein Herr Marquis (da Die Fledermaus) che nell’aria della Giuditta di Lehár, Meine Lippen, sie küssen so heiß, la cui scrittura centrale richiederebbe uno strumento più lirico e pieno.
Grande successo per tutti a fine concerto.
La recensione si riferisce al concerto di lunedì 13 gennaio 2025.
Paolo Locatelli