Direttore | George Pehlivanian |
Soprano | Simona Saturovà |
Mezzosoprano | Sasha Cooke |
Tenore | Maximilian Schmitt |
Basso | Georg Zeppenfeld |
Orchestra Filarmonica Slovena | |
Coro Filarmonico Sloveno | |
Programma | |
Antonìn Dvoràk | Stabat Mater op. 58 per soli, coro e orchestra |
L'inaugurazione della XXIII edizione della Rassegna pisana di musica sacra Anima Mundi avrebbe dovuto avvenire con un concerto diretto dal suo direttore artistico Trevor Pinnock; in realtà motivi di salute hanno impedito a Pinnock di essere presente, ed è stato così sostituito dal direttore franco-americano di origine armena George Pehlivanian. La rassegna si chiuderà il 27 settembre con una esecuzione della Messa Glagolitica di Janáček da parte di complessi dell'Est: due grandi composizioni di ispirazione sacra incorniciano quindi quest'edizione 2024 e hanno luogo nella suggestiva atmosfera della Cattedrale pisana (altri concerti saranno ospitati nel Camposanto monumentale). La rassegna di musica sacra nacque nel 2001 da un'idea di Giuseppe Sinopoli ed ha ospitato nel corso degli anni orchestre, direttori e solisti di notevole rilevanza. Tra la prima e l'ultima delle suddette composizioni di Antonín Dvořák e Leoš Janáček la rassegna prevede concerti per diverse formazioni e di vario genere, anche se talora non strettissimamente riconducibili al tema sacro, ma di sicuro interesse.
Il grandioso affresco sinfonico-corale dello Stabat Mater di Antonín Dvořák nacque, come è noto, da contingenze personali particolarmente dolorose dell'autore che nel giro di poco tempo perse tre dei suoi nove figli, tutti in tenera età. Ne coglie appieno lo spirito Sergio Sablich: ”Partita come una confessione privatissima, l'opera si venne poi però sciogliendo in una semplicità rasserenante, appena velata da un'ombra, costante, di tristezza e confortata dai tratti di una partecipe coralità popolare.”.
Sablich scrive ancora queste illuminanti parole: ”I dieci pezzi in cui è suddivisa l'opera, distribuita tra parti solistiche e corali, hanno un andamento e un carattere uniforme, tendenzialmente grave e moderato (si tratta in realtà di dieci tempi tutti quasi lenti, trattenuti, con un unico scatto vivace nell'Amen conclusivo) e sembrano voler smussare gli angoli, distendere la tragedia in un bagno di malinconia corale che trova consolazione nell'immensa nostalgie per le melodie, i ritmi, i colori, i riti del proprio originario villaggio di campagna. Questo idioma locale affiora continuamente nelle pieghe dello Stabat Mater, col suo soffio struggente, le cadenze di danza, l'intimità raccolta. Anche se non mancano momenti di scrittura severa, dominati da un contrappunto robusto e da sonorità amplificate è il tono affettuoso, mite e rassegnato, a far da pedale all'intera composizione. Sonorità fresche, tinte campestri, dolcezza, ritualità chiesastica si compongono in una misura spirituale che attraversa il dolore mirando alla conquista di una calma serenità.”.
L'universalità dello Stabat Mater assume caratteri di pietas e di commozione con pochi termini di paragone nell'intera letteratura musicale; scritto negli anni 1876-77, ebbe la sua prima esecuzione a Praga nel 1880 ottenendo da allora un grande incontrastato successo. Il carattere fondamentalmente elegiaco, l'atmosfera generale di composta malinconia che quasi mai assurge a sterile ripiegamento su se stesso ma mantiene un controllo emozionale, trovano nelle finezze della scrittura una loro cifra particolarissima. Finezze con le quali in un ambiente vasto e acusticamente un po' problematico come la Cattedrale di Pisa si deve venire a patti: dalla nostra posizione l'acustica era abbastanza buona, ma nei momenti di scrittura più densa è innegabile una alonatura del suono, cosa che però contribuisce al fascino e al coinvolgimento all'ascolto di una partitura del genere.
Il direttore George Pehlivanian è subentrato al previsto Trevor Pinnock (così abbiamo saputo) pochissimi giorni prima, tanto è vero che il suo nome neppure risulta sul programma di sala. Probabilmente per questi fatti contingenti la sua presenza sul podio non si è fatta particolarmente notare e si è limitata ad una generale efficace gestione di orchestra e coro. Diciamo che non si sono notati né approfondimenti né guizzi particolari, tutto si è risolto in un sostanziale “mestiere” e un po' grigia correttezza.
Il quartetto vocale richiesto dalla partitura era piuttosto ben assortito, con predominanza delle due voci femminili, il soprano Simona Saturová e il mezzosoprano Sasha Cooke, vocalmente corrette e molto espressive; un po' in ombra il tenore Maximilian Schmitt (che pur è andato in crescendo nel corso della serata) ed il basso Georg Zeppenfeld, più che funzionale. L'Orchestra Filarmonica Slovena (compagine fondata addirittura nel 1701) presenta una discreta compattezza di suono, segno del lavoro fatto insieme, ed evidenzia alcune buone individualità fra le prime parti strumentali. Il Coro Filarmonico Sloveno ha nel complesso retto l'urto di una composizione che grava molto sulle sue spalle, tanta è la parte riservata al coro nell'emozionante Stabat Mater di Dvořák.
Il concerto era dedicato alla memoria del tenore Steve Davislim che avrebbe dovuto cantare nell'occasione (e che era stato annunciato nel primitivo programma di Anima Mundi) ma che purtroppo è deceduto poche settimane fa. Il pubblico che gremiva la Cattedrale pisana ha riservato a tutti un successo molto caloroso.
La recensione si riferisce al concerto del 10 settembre 2024.
Fabio Bardelli