Macbeth | Ernesto Petti |
Lady Macbeth | Lidia Fridman |
Banquo | Michele Pertusi |
Macduff | Luciano Ganci |
Malcom | David Astorga |
La Comtesse | Natalia Gavrilan |
Un Médecin | Rocco Cavalluzzi |
Un serviteur/Un sicaire/Premiere fantôme | Eugenio Maria Deigiacomi |
Deuxième fantome | Agata Pelosi |
Troisième fantom | Alice Pellegrini |
Direttore | Roberto Abbado |
Regia | Pierrre Audi |
Scene | Michele Taborelli |
Costumi | Robby Duiveman |
Luci | Jean Kalman/Marco Filibeck |
Coreografia | Pim Vuelings |
Maestro del Coro | Martino Faggiani |
Filarmonica Arturo Toscanini | |
Coro del Teatro Regio di Parma |
Il XXIV Festival Verdi del Teatro Regio di Parma si apre, con un'autentica rarità. Viene infatti proposta in forma scenica, per la prima volta in epoca moderna, Macbeth nella versione in francese del 1865.
Su richiesta di Léon Carvalho, direttore del Teatro Lirico Imperiale, di allestire a Parigi il primo titolo shakespeariano di Verdi, il compositore riprese in mano lo lo spartito dell'opera andata in scena alla Pergola di Firenze nel 1847 e, trovandolo in molte parti inadeguato all'evoluzione del suo percorso musicale, lo rielaborò rifacendone diverse parti. Le modifiche principali riguardarono la sostituzione dell'aria di Lady del primo atto “Trionfai” con “La luce langue”, la scena delle apparizioni, il duetto del terzo atto “Ora di morte” al posto del precedente “Vada in fiamme” e il finale in cui l'aria di Macbeth “Mal per me che m'affidai” fu soppressa in favore dell'inno corale della vittoria. Inoltre, secondo la tradizione del grand-opérà francese, vennero aggiunti i ballabili: tre danze notturne di grande valenza drammatica che lo stesso Verdi definì, in una lettera a Giulio Ricordi del 1870, “un balletto di grande importanza”.
Verdi musicò il nuovo libretto italiano elaborato da Francesco Maria Piave, e su questa base venne effettuata la traduzione in francese il cui testo, per necessità ritmiche si discosta a volte parecchio dall'originale dando alla vicenda sfumature più definite ed incisive. In Italia questa definitiva edizione 1865 andò in scena solo nove anni dopo, alla Scala nel gennaio 1874.
La produzione presentata dal Festival è affidata al regista francese Pierre Audi su scene di Michele Taborelli. Si tratta di un allestimento minimale, arredato dal suggestivo e fondamentale disegno luci di Jean Kalman e Marco Filibeck, che i costumi di Robby Duiveman trasportano dal medioevo originario all'ottocento, in epoca verdiana. Le streghe, in attesa delle vittime da colpire con le loro ingannatorie profezie, guardano il mondo dalla platea di un teatro - alle loro spalle, a specchio, i palchi del Regio - e la loro banale normalità, le rende ancor più inquietanti. Tra loro si manifesta Lady che, sparito il teatro, viene confinata in proscenio da un pesante sipario rosso sangue: il luogo mentale più che fisico, in cui la coppia diabolica svilupperà i propri rapporti privati.
Una grande botola al centro del palco consente veloci e molto efficaci interventi scenici, là sotto avvengono i delitti più truci e quella bocca infernale restituisce cadaveri. Cadaveri di bambini. Macbeth non ha discendenza e la profezia ha annunciato che saranno i figli di Banco a regnare, così la sua mente è devastata dalla visione di frotte di bambini incoronati che si prendono gioco della sua ossessione.
La coreografia delle danze, a cura di Pim Veulings, ripercorre i delitti compiuti per ottenere il potere e sottolinea la frustrazione della coppia che tenta invano di procreare.
Strega o emanazione delle streghe Lady è da subito la figura dominante della vicenda. Rilegge mentalmente, con la voce di Macbeth, la lettera che descrive le profezie e progetta l'omicidio che sarà necessario perché si verifichino, anticipando con il pensiero il dialogo che con il marito di cui si attende il rientro. Lidia Fridman ha la figura imponente e la solidità vocale che il ruolo richiede. Il timbro scuro e ricco di armonici è sempre omogeneo e il perfetto controllo dell'emissione le consente di cantare piano con accenti a volte suadenti, a volte taglienti, costantemente a fuoco e sempre inquietanti.
Il Macbeth emotivo di Ernesto Petti ne è totalmente succube. Il baritono salernitano esprime questo stato mentale con una linea di canto estroversa e scoperta che rende molto efficacemente l'idea dell'estrema vulnerabilità del personaggio.
Una fragilità, quella di Macbeth, di cui è ben consapevole il pragmatico Banquo di Michele Pertusi, interpretato con la consueta autorevolezza musicale e drammatica.
Luciano Ganci arricchisce il suo Macduff, reso nobile dalla fermezza e lucentezza della voce tenorile, con gesti scenici che mettono in risalto la sua figura anche quando non è protagonista dell'azione, come l'umanissimo e comprensibile istante di esitazione al momento di incoronare Malcom (David Astorga), dopo essere stato lui stesso ad uccidere il tiranno.
Da ricordare con merito negli altri ruoli la Dama di Natalia Gavrilan, il Medico di Rocco Cavalluzzi e il baritono Eugenio Maria Degiacomi che stato un servitore, un sicario e la prima apparizione. Dopo di lui, come seconda e terza apparizione, Agata Pelosi e Alice Pellegrini.
Nonostante l'oggettiva difficoltà di cantare in lingua francese, comune a tutti gli interpreti ma ancor più problematica per una compagine che deve trovare uniformità sonora, il Coro del Regio, istruito da Martino Faggiani, ha mantenuto, se non incrementato il consueto livello di eccellenza. Pregevoli gli accenti delle streghe, meno pungenti in francese, ma più sfumati, leggeri e volatili, la ritmica accentuata dei sicari, il finale secondo con le sue ondate di terrore e lo straordinario “Oh patrie! O noble terre” (Patria oppressa) con il mormorio sfinito degli uomini sostenuto dal suono limpido delle donne, avvolgente come un abbraccio che consola.
Roberto Abbado, alla guida della Filarmonica Arturo Toscanini, non è al primo incontro con questo Macbeth avendolo già diretto nella produzione in forma di concerto del 2020 tenutasi all'aperto per le restrizioni dovute alla pandemia di Covid19.
L'esecuzione al chiuso e in forma scenica porta in grande rilievo la teatralità della sua lettura.
Il suono asciutto e non emozionale del preludio anticipa le situazioni musicali che si verificheranno nei momenti più feroci del dramma in cui il direttore alleggerisce, fino a cancellarlo come sopraffatto dall'inquietudine, il colore orchestrale. Poi, quando l'orrore progettato si realizza, la tensione si scioglie e l'emozione sale e si diffonde in barcollanti ondate sonore che rendono palpabili la paura, il terrore, la riprovazione: anche se nessuna osa dirlo tutti sanno chi è il colpevole.
Dopo le sfumature arcane della scena delle apparizioni i guizzi saltellanti delle danze diaboliche. intercalati dal maestoso adagio che introduce Ecate, la dea della notte. L'orchestra respira appena, insieme al Coro, in “Oh patrie! O noble terre” e poi disperde la sua voce leggera nel vuoto del dubbio e della mancanza di speranza.
Applausi e festeggiamenti per tutti a coronamento di una serata perfetta.
La recensione si riferisce alla serata inaugurale del 26 settembre 2024.
Patrizia Monteverdi