Otello | Mikheil Sheshaberidze |
Desdemona | Maria Motolygina |
Jago | Devid Cecconi |
Emilia | Irene Savigliano |
Cassio | Rosolino Claudio Cardile |
Roderigo | Andrea Schifaudo |
Lodovico | Adriano Gramigni |
Montano/L'araldo | Italo Proferisce |
Direttore | Jader Bignamini |
Regia | Mario Martone |
Regista collaboratore | Raffaele Di Florio |
Scene | Margherita Palli |
Costumi | Ortensia De Francesco |
Video | Alesssandro Papa |
Luci | Pasquale Mari |
Maestro del Coro | Salvatore Punturo |
Orchestra e Coro e Coro di voci bianche del Teatro Massimo |
Guerra, corruzione, femminicidio. Temi talmente attuali da rendere estremamente familiare la vicenda del Moro di Venezia e della sua crescente instabilità che lo travolge e gli riserva una fine di dolore e solitudine. Se la triste storia di Otello e Desdemona è avvolta dall’espressionismo verdiano e affidata allo scapigliato testo di Arrigo Boito, il risultato può diventare un capolavoro.
Una delle più grandi difficoltà per la realizzazione di Otello è trovare un tenore dalla vocalità adatta all’impervio ruolo del protagonista. In tal senso, convince la prova che ne ha dato il tenore del cast alternativo che ha interpretato il Leone di Venezia al Teatro Massimo di Palermo. Mikheil Sheshaberidze dimostra, già dal tanto atteso “Esultate”, buona padronanza del suo strumento vocale. Il timbro, quasi baritonale, non gli impedisce di affrontare con sicurezza la tessitura acuta, tanto nei piano del duetto d’amore che chiude il primo atto, ma, soprattutto, dal secondo atto in poi, quando il piglio eroico prende il sopravvento, fino a sfociare nella disperazione della gelosia. Ottima la prova vocale del georgiano che assume sempre maggior disinvoltura man mano che va avanti nel corso dello spettacolo. Ciò che manca al tenore è soltanto un maggiore approfondimento psicologico del suo personaggio: sebbene si attenga alle dinamiche che Verdi riporta in partitura, l’evoluzione psicologica, da condottiero innamorato a uomo obnubilato dal delirio, non è pienamente delineata.
La stessa pecca si riscontra in Devid Cecconi, impegnato nel ruolo dell’infido alfiere Iago. Più che un genio del male in grado di insinuare il germe del dubbio in Otello, appare come un uomo sopraffatto dall’ira (e pertanto meno credibile agli occhi del pubblico). Cecconi compensa comunque vocalmente: padroneggia con maestria l’intera tessitura di suoni mostrandosi comodo tanto nella zona centrale, quanto in quella acuta, come ben dimostra nel brindisi del primo atto. È durante quella scena che l’odio provato da Iago innesca il motore della tragedia, approfittando dell’ebbrezza che lui stesso provoca in Cassio (Rosolino Claudio Cardile, sempre preciso nelle complesse scene d’insieme) e in Roderigo (Andrea Schifaudo). È già da quel momento che Cecconi offre un ottimo fraseggio e un sillabato assai sciolto, abilità confermate nel “Credo” scellerato, e fino alla fine della serata.
L’interprete più completa, tanto dal punto di vista vocale, quanto da quello interpretativo è indubbiamente Maria Motolygina, una Desdemona che più che incarnare, come scriveva Verdi a Ricordi, “un tipo della bontà, della rassegnazione, del sagrifizio”, si avvicina al modello shakespeariano che rimpiangeva di non essere nata uomo. La sua Desdemona, arruolata anch’essa nell’esercito, è una donna amorevole, ma combattiva, che prova a difendersi dall’aggressione che subisce nel quarto atto. Il soprano russo dimostra fin dal duetto che chiude il primo atto di saper gestire con notevole abilità il suo strumento, potente ma al contempo malleabile nelle frasi più liriche. La sua performance culmina nella commovente Canzone del salice, quasi sussurrata alla sua confidente Emilia (Irene Savignano) e nella successiva "Ave Maria": un’aura angelica avvolge la preghiera della donna, consapevole del destino che la attende.
Il pubblico palermitano ha apprezzato lo spettacolo, riservando, a buon diritto, maggior entusiasmo proprio a Desdemona, e, soprattutto, al direttore Jader Bignamini, che con eccezionale trasporto ha condotto l’Orchestra del Teatro Massimo, il Coro e il Coro di voci bianche (ben preparato da Salvatore Punturo) e i solisti (a cui si aggiungono, per completare il cast, Adriano Gramigni, nel ruolo di Lodovico e Italo Proferisce, nel ruolo del montano e dell’araldo) nella vorticosa tragedia, regalando ampi momenti quasi rarefatti (quale l’atmosfera lunare che chiude il primo atto o la scena di Desdemona) alternandolo ad altri impetuosi e pieni di pathos, mettendo in risalto ogni sfaccettatura del penultimo capolavoro operistico verdiano.
La recensione si riferisce alla recita del 25 gennaio 2025.
Federica Faldetta