Soprano | Carmen Giannattasio |
Baritono | Markus Werba |
Basso | Alexandros Stavrakakis |
Giuseppe Verdi | La traviata: Preludio atto III |
Henry Purcell | Dido and Aeneas: When I am laid in earth |
Franz Lehàr | Die lustige Witwe: Lippen schweigen |
Richard Strauss | Morgen op. 27 n° 4 |
Joseph Haydn | La creazione: Il sorgere del sole |
Arrigo Boito | Mefistofele: Son lo spirito che nega |
Henry Purcell | King Arthur: What power art thou |
Ludwig van Beethoven | Fidelio: O welche Lust |
Giuseppe Verdi | La traviata: Amami Alfredo |
Werner Richard Heymann | Irgendwo auf der Welt |
Giuseppe Verdi | La traviata: Addio del passato |
Franz Schubert | Die Winterreise D 911: Erstarrung |
Gioachino Rossini | Il barbiere di Siviglia: La calunnia |
Giuseppe Verdi | Messa da Requiem : Dies Irae |
Erich Korngold | Die tote Stadt: Mein Sehnen, mein Waehnen |
Richard Wagner | Tistan und Isolde: Liebestod |
Chava Alberstein | Velkhes Meydl S'nemt A Bokher |
Giuseppe Verdi | La traviata: Si ridesta in ciel l'aurora |
Modest Mussorgskij | Boris Godunov: Dostig ya vyshey vlasti |
Arrigo Boito | Mefistofele: Spunta l'aurora pallida |
Mefistofele: Ave Signor degli angeli e dei Santi | |
Claudio Monteverdi | L'incoronazione di Poppea: Pur ti miro |
Direttore | Omer Meir Wellber |
Regia, drammaturgia, scene, costumi e luci | Johannes Erath |
Video | Bibi Abel |
Sound design e regia sonora | Manfredi Clemente |
Coreografia Dies Irae | Davide Bombana |
Movimenti coreografici | Ugo Ranieri |
Maestro del coro | Ciro Visco |
Maestro del coro di voci bianche | Salvatore Punturo |
Orchestra, coro, coro di voci bianche e corpo di ballo del Teatro Massimo |
Lo spettacolo in streaming del quale si riferisce è introdotto brevemente da Francesco Giambrone, sovrintendente del Teatro Massimo, il quale parla del rapporto di fiducia tra la fondazione lirica e il pubblico e di come questo non si sia mai interrotto nonostante la forzata chiusura e la rimodulazione dei programmi.
Ebbene, nonostante il titolo apocalittico assegnato all’inaugurazione della stagione 2021, “Il crepuscolo dei sogni” sembra rafforzare tale legame. La vita del teatro, spesso eccessiva ed artificiosa diventa vita vera perché riflette ciò che, dolorosamente, abbiamo vissuto nel recente passato e stiamo ancora vivendo. Il ménage di coppia si intreccia ai pensieri del singolo, la costrizione della vita casalinga che limita ogni spazio e azzera la socialità fatta di consuetudini spazzata via dalla pandemia, diventa il canovaccio sul quale Johannes Erath costruisce uno spettacolo che riunisce in felice sintonia tutte le forze interne al Massimo. A ciò si aggiunge il vulcanico e multiforme temperamento di Omer Meir Wellber il quale dall’inizio del mandato in qualità di direttore musicale è diventato la vera forza motrice propositiva della fondazione.
Tramontata quindi l’idea dell’Onegin affidato allo stesso Erath che, dopo ciò che si è visto in questo Crepuscolo dei sogni, offrirà di sicuro spunti interessanti quando (pare nel 2022 o 2023) vedrà la luce, si resta impressionati dalla perfetta sinergia tra le professionalità del teatro, il team creativo e i tre cantanti scritturati per lo spettacolo. A cose fatte si individua un percorso di avvicinamento all’inaugurazione di stagione mediante una sorta di rodaggio effettuato nel corso del concerto di capodanno del Massimo. Anche in quella data si erano infatti esibiti Carmen Giannattasio e Markus Werba e già da allora il sound design di Manfredi Clemente era intervenuto sulla mera esecuzione di alcuni dei brani prescelti. Qui si ascoltano pulsazioni, distorsioni ed echi che immettono nel mondo interiore della coppia di protagonisti in un gioco di flash back e flash forward.
Sul pavimento della platea una coltre di neve ricopre una superficie specchiata quasi si trattasse del lago ghiacciato in un viaggio d’inverno fatto di tante stazioni, frammenti di vita che si inseguono evocati da uno straordinario canovaccio sonoro. Dalla luce spettrale che artiglia il cuore di Didone nel suo lamento dal Dido and Aeneas emerge turbata e discinta, in sottoveste e robe de chambre, Carmen Giannattasio. Le telecamere al bordo della platea e la steadycam che seguono i movimenti scenici di soprano, baritono, basso e corpo di ballo raccontano una storia utilizzando un linguaggio cinematografico che non si limita alla ripresa dello spettacolo così come avviene di norma nella trasmissione di opere o concerti, ma che ha specificità propria del diverso mezzo di comunicazione.
Da un vecchio giradischi polveroso risuonano le note di Lippen schweigen che risvegliano ricordi di un amore appena nato, ma disilluso e perduto dall’incomunicabilità. La coppia siede in poltrona, muti l’uno accanto all’altra davanti ad un televisore acceso. La presenza di monitor e televisori accesi che irradiano una luce biancastra concorre a creare un’atmosfera angosciosa ravvivata però da sprazzi di gioia e speranza come nel coro dei prigionieri dal Fidelio, che dai palchi fanno risuonare il loro canto, o nel Tanzlied da die tote Stadt che Werba esegue con grande sottigliezza evocativa. Ma il contributo allo spettacolo del baritono austriaco è stupefacente per il totale coinvolgimento emotivo sfoggiato sia nel canto che nell’interpretazione di uomo in crisi, talvolta violento e incapace di comprendere il rovello della sua donna. Da Erstarrung dalla Winterreise alla canzone del gelo da King Arthur fino all’enfatica Irgendwo auf die Welt il cantante passa con disinvoltura attraverso i differenti stili vocali richiesti piegando senza sforzo il bel timbro pieno e scavando dentro il testo.
Accanto a lui la Giannattasio dà vita al personaggio forse più complesso immaginato dalla drammaturgia di Erath. Lo si percepisce dal continuo volersi cercare e ritrovare in uno specchio, in una parrucca trash oppure nel dolore di Violetta evocata nei frammenti di Traviata. Nell’excursus dal barocco al tardo Ottocento di Boito il soprano esibisce la nevroticità della donna costretta ad un momento di grande frustrazione nella sua vita.
In questa situazione si inserisce Alexandros Stavakakris il cui Mefistofele mostra una dizione perfettibile ma che dà bella prova di sé nel monologo dal Boris Godunov. Anche qui sofferenza su sofferenza e dolore per gli affetti familiari e per le pene del popolo.
Quando però tutto sembra compromesso ed ogni possibilità di rinascita sembra ormai irrimediabilmente perduta ecco l’inaspettato: dal finale di Mefistofele con il coro schierato nei palchi, e non più illuminato da luce luciferina, la grandiosità trascolora nell’intima e sensuale speranza di Pur ti miro sorprendentemente accompagnata dalla fisarmonica di Wellber.
L’ordine si ristabilisce e arriva a conclusione la parabola del teatro vituperato e calpestato dalla situazione contingente ma pronto a rinascere dalle ceneri come l’araba fenice. Le parti compongono il tutto, l’orchestra è un tutt’uno con il suo direttore musicale, con il corpo di ballo, con il coro, con gli interpreti e con le maestranze che realizzano ciò che un’espressione abusata e spesso travisata definisce “la magia del teatro”.
La recensione si riferisce allo streaming del 26 Gennaio 2021.
Caterina De Simone