Otello | Roberto Aronica |
Jago | Angelo Veccia |
Cassio | Oronzo D'Urso |
Roderigo | Andrea Galli |
Lodovico | Shi Zong |
Montano | Lorenzo Liberali |
Un araldo | Eugenio Maria Degiacomini |
Desdemona | Iwona Sobotka |
Emilia | Nikolina Janevska |
Direttore | Christopher Franklin |
Regia | Italo Nunziata |
Scene | Domenico Franchi |
Costumi | Artemio Cabassi |
Luci | Fiammetta Baldisserri/Ivan Pastrovicchio |
Maestro del coro | Corrado Casati |
Maestro coro voci bianche | Giorgio Ubaldi |
Coro del Teatro Municipale di Piacenza | |
Coro Voci Bianche di Piacenza | |
Orchestra Filarmonica Italiana |
Il 24 gennaio il Teatro Carlo Coccia di Novara ha inaugurato la sua stagione con Otello di Giuseppe Verdi, una sfida audace che, lo ammettiamo subito, si è rivelata vincente.
Le difficoltà oggettive dell’allestimento, insite nella natura peculiare di questo capolavoro del teatro musicale, sono superate grazie ad uno sforzo unanime degli attori dell’evento accomunati da una chiara visione d'insieme e da una profonda credibilità di intenti. Le scene di Domenico Franchi sono contraddistinte dall’uso di pareti mobili, sfondi floreali e cromatici o sagome eloquenti, quali quelle del Moro di Venezia, che ci portano in una sorta di dedalo labirintico, talvolta asfittico, talvolta proteso verso l’ulteriorità di orizzonti, uno spazio chiasmatico di chiuso e aperto che risulta assai efficace.
I costumi, a firma Artemio Cabassi, ambientati nella fine dell’Ottocento, sono realizzati con cura e foggia assai ricercata e collocano temporalmente il tutto in un ambiente piuttosto borghese in cui a stagliarsi con forza erano proprio gli archetipi essenziali del sentimento umano della nostra anima; scene e costumi hanno reso possibile una prossimità con il nostro mondo morale, una contiguità ben congeniale ad un’empatia meno distanziata e più intima. Davvero efficaci e ben congegnate poeticamente le luci di Fiammetta Baldisserri riprese da Ivan Pastrovicchio.
La poetica e la visione della regia di Italo Nunziata permeano fin dai minuti iniziali tutto lo spettacolo, assolutamente in linea con la fantasmagoria delle scene e la sobrietà tardo borghese dei costumi.
Il regista riesce a far maturare in tutti i cantanti coinvolti una credibilità gestuale, prossemica ed interpretativa potentissima, pervenendo ad una recitazione e ad una concezione delle masse non estraniante e magniloquente ma intima, raccolta quasi a configurare l’ineluttabile del chiaroscuro dell’anima umana.
In Nunziata non c’è giudizio di valore, moralismo o una visione manichea o dicotomica tra bene e male; nella sua poetica le forze oscure, la purezza, l’innocenza, l’amore si fondono a disegnare viluppi intricati di un ordito composito. È solo Desdemona che assurge a simbolo di trascendenza assoluta che rende ancora più contraddittoria e misteriosa la realtà del cuore dell’uomo.
Il parterre dei cantanti convince per l'aderenza stilistica e preparazione tecnico vocale. L’Otello di Roberto Aronica è disegnato vocalmente con cura, timbro brunito, squillo, fraseggio variato, acuti abbastanza sicuri (tranne qualche suono durante il secondo atto) ed anche una certa declinazione più borghese e meno eroica del personaggio atto a far consuonare corde recondite della nostra anima.
Lo Jago di Angelo Veccia convince per timbrica, volume, competenza della condotta vocale, ottimo passaggio di registro, scavo intimistico e profondo del fraseggio e di sottolineature continue di dinamiche variate. Ottimo il Cassio di Oronzo D’Urso per schiettezza scenica, pertinenza stilistica e squillo, al netto di una zona acuta non ancora del tutto a fuoco.
Buona la prova del Roderigo di Andrea Galli che sa interpretare con cura e perizia vocale le vicissitudini di questo personaggio, così come positiva è stata la prova di Shi Zong come Lodovico, dotato di un buon colore e di un’emissione ben controllata. Sulla sufficienza invece il Montano di Lorenzo Liberali per scarsa proiezione in sala.
Eugenio Maria Degiacomini nel ruolo di Un Araldo raggiunge un risultato vocale buono nel complesso. La Emilia di Nikolina Janevska è disegnata con bellezza vocale, timbro suadente, ottima tecnica, cura espressiva e ottima proiezione in sala.
Su tutto il cast si staglia però la performance di Iwona Sobotka nel ruolo di Desdemona. Questa artista è una rivelazione per una molteplicità di fattori, sui cui primeggia la capacità di sostenere sempre un’emissione fluida e morbida a prescindere dal grado di concitazione delle parti; questa maestria e valentia tecnica riesce a dar vita ad un personaggio vero, credibile, umano ma nello stesso tempo puro ed angelicato e trasfigurato nella sua essenza. Sobotka, in aggiunta alla sopracitata morbidezza, ha dalla sua una zona acuta saldissima e penetrante e capacità di dinamiche cangianti; la vis interpretativa e la aderenza scenica sono pressoché totali e contrassegnate da una quintessenza di aulicità e nobile sprezzatura che ci restituiscono una Desdemona neoclassica e nel contempo trascendente e talvolta risolta in un archetipo impalpabile quasi a toccare l’essenza stessa dell’amore e della purezza dell’anima innocente.
A guidare musicalmente la scabrosa complessità del capolavoro verdiano è la bacchetta autorevole di Christopher Franklin, che adotta un criterio ermeneutico della partitura inedito per la bellezza complessiva della sua resa performativa; la sua concertazione è doviziosa e in continua ricerca di miniaturismi espressivi, agogiche e dinamiche cangianti; l’orchestra e le voci sono condotte con sapiente maestria. Franklin riesce nella difficile impresa di garantire e custodire una tensione escatologica del dramma piuttosto realistica ma nel contempo metafisicamente concreta e cioè protesa alla risoluzione destinale e immolante di Desdemona. La direzione musicale indulge in estasi elegiache solo laddove il destino metafisico impersonato da Desdemona perviene allo scoperto e fa da contraltare al cieco divenire del negativo destinato invece al nichilismo del male.
Franklin ha esperienza e capacità tecnica tale da far collimare il tutto in una profonda coesione e amalgama e il lavoro sui cantanti si fa sentire per la profonda serietà in cui il fraseggio di tutti pare immerso e che sa elargire un Otello vero, nobile ma profondamente umano e perfettamente risolto musicalmente.
Ottima la prova dell’Orchestra Filarmonica Italiana che segue l’autorevole magistero di Franklin con premurosa sollecitudine, suono e intonazione perfetta. Il Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto dal maestro Corrado Casati è all’altezza della serata per amalgama perfetto, espressività e precisione ritmica. Lodevole anche la prova del Coro delle voci bianche di Piacenza diretto dal maestro Giorgio Ubaldi. Grandi applausi per tutti.
La recensione si riferisce alla recita del 23 gennaio 2025.
Giovanni Botta