Jess | Emily D'Angelo |
"also Jess" | Ellie Dehn |
Commander | Greer Grimsley |
Eric | Ben Bliss |
Bar Pilot | Earle Patriarco |
Sensor | Kyle Miller |
Sam | Lucy LoBue |
Kill Chain: Mission coordinator | Christopher Bozeka |
Kill Chain: Ground control | Thomas Capobianco |
Kill Chain: Joint terminal attack controller | Paul Corona |
Kill Chain: Safety observer | Christopher Job |
Kill Chain: Judge Advocate general | Matthew Anchel |
Seatwarmer | Timothy Murray |
Mall employees | Tyler Simpson e Patrick Miller |
Direttore | Yannick Nézet-Séguin |
Regia | Michael Mayer |
Scene | Mimi Lien |
Costumi | Tom Broecker |
Video | Jason H. Thompson e Kaitlyn Pietras |
Tecnici 3D | Andrea Carver e Luke Raymaker |
Coreografie | David Neumann |
Sound designer | Palmer Hefferan |
Maestro del Coro | Tilman Michael |
Metropolitan Opera Orchestra | |
Metropolitan Opera Chorus | |
L'attesa Grounded di Jeanine Tesori ha aperto la stagione 2024-2025 del Metropolitan Opera. Nonostante l’eccellente interpretazione del mezzosoprano Emily D’Angelo, l’opera non ha convinto del tutto. Già l’anno scorso alla Washington National Opera, avevo sollevato più di una critica sulla qualità della musica, e le mie perplessità sono rimaste anche dopo la revisione per la prima newyorkese.
Ma andiamo con ordine. Grounded è l'adattamento operistico dell'omonima pièce teatrale di George Brant, scritta nel 2013. Originariamente concepita come un monologo femminile, la pièce ha ottenuto grande successo con 184 rappresentazioni in 25 paesi, interpretata anche da attrici di spicco come Anne Hathaway. Nel 2014, su iniziativa di Paul Cremo, il Metropolitan Opera propose a Brant di trasformare il monologo in un'opera lirica, coinvolgendo la compositrice Jeanine Tesori. Il progetto si è concretizzato grazie alla collaborazione con la Washington National Opera (WNO), che ne ha ospitato la prima assoluta.
George Brant ha concepito Grounded dopo aver scoperto che i piloti di droni militari, pur operando a migliaia di chilometri dai conflitti, soffrono di livelli di stress post-traumatico paragonabili a quelli dei piloti in prima linea. La storia si concentra su una pilota di caccia che, dopo essere rimasta incinta, viene assegnata a una base in Nevada per pilotare un drone militare in Iraq. Questa nuova mansione, apparentemente più sicura, genera in lei un forte stress post-traumatico che mina il rapporto con il compagno e la figlia, portandola infine a un tracollo personale e professionale.
Prima ancora del debutto a Washington, l’opera era stata criticata per una presunta apologia della guerra e per il sostegno del produttore di armamenti General Dynamics (che il WNO ha difeso come sponsor storico del teatro). Grounded aveva ricevuto recensioni tiepide o negative, che evidenziavano la prolissità dell’opera e la mancanza di sviluppo dei personaggi, concentrato solo sulla protagonista. Questo era prevedibile, dato che la Tesori aveva chiesto al librettista di scrivere molto materiale, per poi scegliere lei stessa cosa mettere in musica, l’opposto della concisione alla Verdi. Sembra quindi che il Met, non del tutto convinto della qualità dell’opera, abbia optato per un debutto "soft" a Washington per testare la reazione del pubblico.
L’opera è stata quindi profondamente rivista: gli autori, in un’intervista al New York Times, hanno dichiarato di aver tagliato 45 minuti di musica e approfondito il rapporto tra Jess ed Eric. Nel programma di sala, il Met ha definito la versione del WNO una “versione precedente dell’opera”, a sottolineare la differenza con quella attuale. Questa distanza, però, è tutta da verificarsi.
Arriviamo quindi alla prima del Met. L’opera, orologio alla mano, è più corta di soli cinque minuti (da 2h25m al WNO a 2h20 al Met, contando gli intervalli) ma onestamente non me ne sono accorto. Sono stati eliminati alcuni passaggi superflui, come una lunga spiegazione sul funzionamento dei droni e un viaggio in macchina di Jess, mentre la parte di Eric è stata ampliata. Il problema però non è tanto la lunghezza ma il ritmo dell’opera (come ho scritto l’anno scorso), che si trascina e sembra bloccarsi o reiterare cose note. Inoltre, i tagli compromettono la progressione nella discesa mentale di Jess. Se nel primo atto Jess sembra essere tutto sommato soddisfatta della nuova posizione, subito dopo l’intervallo va in escandescenze alla vista di una telecamera in centro commerciale, con tanto di monologo allucinato degno di una Lucia di Lammermoor.
Musicalmente, la composizione della Tesori ripropone quanto ascoltato l'anno scorso, con gli stessi pregi e (soprattutto) difetti. La musica, pur elegante e con belle melodie che richiamano il musical e il country, mescola vari stili, dal minimalismo americano al post-classicismo contemporaneo. Rimane però tutto un po’ generico, un po’ ordinario, un po’ “vanilla” (usando l’espressione di un critico locale), e limitato nell’esprimere la forza brutale della guerra e del disagio mentale della protagonista. Le parti più riuscite restano quelle intime e amorose, dove la compositrice sembra più a suo agio. Per la cronaca, la Tesori ha alle spalle due Tony Awards e ha scritto molti musical ed alcune opere, tra cui Blue, presentato al WNO qualche anno fa e anche a Seattle e ad Amsterdam, e The Lion, the Unicorn, and Me al WNO. L’impianto musicale del musical rimane anche nei suoi lavori operistici anche se elevato da una maggiore presenza dell’orchestra e dall’uso libero delle dissonanze.
La regia di Michael Mayer è rimasta praticamente invariata rispetto all’anno scorso e continua a funzionare bene. La scenografia di Mimi Lien utilizza un palco a due livelli: la parte inferiore ricostruisce la vita civile di Jess, mentre la parte superiore, dedicata all’ambiente militare, è interamente coperta da schermi LED ad alta definizione che rivestono pavimento, soffitto e fondo scena. I LED vengono utilizzati sia per mostrare le scene di combattimento, sia per effetti di buio e luce, che in alcuni momenti hanno finito per accecare il pubblico. I costumi di Tom Broecker e le luci di Kevin Adams completano efficacemente l’allestimento. Rispetto a Washington la regia però differiva in un paio di punti. È stata tagliata la scena di sesso tra Jess ed Eric che ora avviene fuori scena (forse il pubblico di New York è più pudico) e i video dei bombardamenti ora non sono più in HD ma molto “blurred” (forse il pubblico è pure più sensibile).
Emily D’Angelo nei panni della protagonista Jess ha dato come l’anno scorso una prova eccezionale. Questo mezzosoprano ha un repertorio soprattutto barocco-mozartiano, ma ha delle capacità che le permetterbeero di andare ben oltre, dato il peso della voce e la facilità negli acuti belli e pieni. Inoltre, in scena la D’Angelo ha un carisma da attrice nata: il personaggio è lei e lei è il personaggio, interpretato senza compromessi. Una cantante con appena meno temperamento avrebbe fatto precipitare clamorosamente quest’opera claudicante, quindi la riuscita della serata è stata per il metà merito suo.
Ben Bliss interpretava Eric, il compagno della protagonista, e lo ha fatto con un buon timbro da tenore lirico e sicurezza nella resa scenica. Greer Grimsley come Commander ha dato più profondità al personaggio che era un po’ stentoreo nella versione del WNO e Kyle Miller come “sensor” si è disimpegnato bene nella perte del diciannovenne assistente alle telecamere del drone. Infine, Ellie Dehn ha intepretato la parte della “Also Jess”, cioè di quell’alter ego di Jess che simboleggia lo sdoppiamento della protagonista tra la vita familiare e quella militare (idea, vista ora, abbastanza didascalica). Dehn è un soprano con acuti brillanti che facevano da contrasto con il timbro brunito della D’angelo. Bravi anche tutti gli altri cantanti dalle parti minime che si sono susseguiti in scena.
Rispetto alla versione del WNO, l’orchestra del Met, diretta da Yannick Nézet-Séguin, ha conferito all’opera maggiore profondità e credibilità, in particolare nelle scene di guerra e nei cori maschili, ben preparati dal nuovo maestro del coro, Tilman Michael. La direzione di Nézet-Séguin ha creato un’amalgama orchestrale compatta anche se pecca, come suo solito, di compiacersi troppo del suono portentoso che dell’orchestra, che finisce per coprire i cantanti.
Il Metropolitan ha evidentemente rischiato grosso nel proporre quest’opera, e la scommessa non ha ripagato, a mio parere. A testimoniarlo è stato anche l’afflusso del pubblico: nella serata dell’inaugurazione il teatro non era sold out (cosa abbastanza inaudita) e vedeva molti posti liberi soprattutto in galleria e in loggione. La questione si è acuita dalla seconda recita (alla quale ho assistito io), tanto che sono addirittura arrivati a vendere i posti di platea a 60 dollari l’uno. Nonostante tutto, il pubblico ha risposto bene, con calorosi applausi per tutti.
Una nota per concludere: pur con le sue limitazioni, Grounded (sia come pièce che come opera) tratta il tema della vita militare senza retorica e senza pregiudizi. Le polemiche dell’anno scorso che la vedevano come un’opera “pro guerra” erano del tutto pretestuose, tanto che quest’anno nessuno le ha rispolverate commentando l’opera. Invece lo scorso giugno è andato in scena nel teatro PAC di Manhattan un’opera An American Soldier, che nella sua polemica contro il razzismo nell’esercito americano, era talmente retorica e prolissa che non si sarebbe potuto chiedere di peggio. Un’opera deve riuscire a toccare il pubblico nelle corde più profonde per essere di valore, e questo deve essere l’unico metro per il suo giudizio.
La recensione si riferisce alla prima del 27 settembre 2024.
Francesco Zanibellato