Il Duca di Mantova | Pene Pati |
Rigoletto | Ludovic Tézier |
Gilda | Nadine Sierra |
Sparafucile | Alessio Cacciamani |
Maddalena | Nino Surguladze |
Giovanna | Cassandre Berthon |
Il Conte di Monterone | Gabriele Sagona |
Marullo | Roberto Accurso |
Matteo Borsa | Li Danyang |
Il Conte di Ceprano | Ignas Melnikas |
La Contessa di Ceprano | Costanza Cutaia |
Usciere di Corte | Giovanni Impagliazzo |
Paggio della Duchessa | Marilena Ruta |
Direttore | Lorenzo Passerini |
Maestro del Coro | José Luis Basso |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Esecuzione in forma di concerto |
Già nel 2002 il San Carlo "emigrò" al vicino teatro Politeama a causa di lavori di ristrutturazione. Come succede sempre la storia si ripete e rieccoci nella sala di Monte di Dio per due mesi, con diversi mugugni da parte del pubblico. Il quale non è stato, fortunatamente, latitante per la prima di questo Rigoletto che ha avuto un successo forse al di là delle aspettative, pure doverose visti i grossi nomi in scena. Una serata a suo modo eccezionale segnata da entusiasmi irrefrenabili non abituali per i napoletani in genere riottosi all’applauso, che ha fatto venire in mente l’esito molto simile dell'indimenticata Sonnambula di un anno fa pure, guarda caso, in forma di concerto o per meglio dire semiscenica.
Anche stavolta due numeri bissati al momento, "cotti e mangiati", entrambi sulle spalle del dominatore Ludovic Tézier, che non sappiamo quanto spesso sia così accondiscendente ma è sembrato godersi il trionfo e prestarsi di buon grado a ripetere la seconda parte di "Cortigiani vil razza dannata" e "Vendetta tremenda vendetta" nel quale ovviamente era coinvolta anche Nadine Sierra.
Così come per la Sonnambula di cui parlavamo prima, anche stavolta sul podio c'era Lorenzo Passerini in ottima intesa con l'Orchestra del San Carlo. Quest'ultima si è mostrata compatta e precisa, con sonorità possenti quasi in un tutt'uno col canto. La direzione poi è apparsa subito nitida già dall'Andante sostenuto che apre l'opera, e Passerini si è rivelato concertatore instancabile, attento alla compagine ma con un occhio costante verso i cantanti per dare loro indicazioni, in modo un po' plateale e spesso intemperante, ma comunque efficace. Nel complesso una direzione fluida, molto teatrale, vigorosa ed espressiva ma elegante nell'andamento.
Ludovic Tézier con voce torrenziale e ricca di armonici, è stato un Rigoletto misurato, spoglio di qualunque caratterizzazione a tinte forti: canta con una naturalezza che lo fa sembrare quasi in souplesse e con toni ora insinuanti ora dolenti esprime il dramma di un uomo solo, sdoppiato fra lo sberleffo amaro e rancoroso e la coscienza della propria impotenza e vulnerabilità.
Nadine Sierra ha convinto anche più che nella sua Lucia di Lammermoor dell'anno scorso. Ha dominato il ruolo avendo dalla sua una voce luminosa, leggera ma dai risvolti vellutati, estesa e agile, ben sicura nella coloratura e controllata nelle escursioni dinamiche. In più è stata brava nel crescendo di espressività man mano che l'ingenua ragazza del "Caro nome" cede il posto a una donna brutalmente disillusa fino alla febbrile scena con Sparafucile e Maddalena, in uno sviluppo che ha trovato in Nadine Sierra un’interprete pienamente matura.
Pene Pati ha una grande comunicativa e una voce indubbiamente bella, notevole per volume e potenza, chiara ma dai toni caldi e dal canto ricco di sfaccettature che perlomeno non ingabbiano il Duca nello stereotipo monolitico del libertino. In "Questa o quella" risulta malizioso più che sfrontato, e "Parmi veder le lagrime" ad onta del tono talora un po' singhiozzante, con la successiva cabaletta è una sorta di compendio della sua vocalità che gli guadagna un’ovazione. Infine "La donna è mobile" ha un’armonia che rende giustizia alla natura belcantistica del ruolo, che è poi il carattere che s'impone più di ogni altro nel complesso della prestazione del cantante.
Ottimo Sparafucile Alessio Cacciamani con voce potente, estesa e ottime intenzioni sceniche alla pari di Nino Surguladze, una Maddalena di rilievo, precisa, espressiva e femminile nei suoi fremiti.
Cassandre Berthon è stata una Giovanna molto credibile scenicamente e curata negli accenti.
Roberto Accurso è stato un valido Marullo e Gabriele Sagona un incisivo Monterone. Ancora a concorrere all'ottima riuscita del tutto, Li Danyang (Borsa) Ignas Melnikas (Conte di Ceprano) Costanza Cutaia (Contessa di Ceprano), Giovanni Impagliazzo (Usciere) e Marilena Ruta (Paggio), tutti allievi dell'Accademia del San Carlo e tutti con una bella sicurezza e nessun impaccio.
Puntuale e preciso come ormai ci ha abituati il coro del San Carlo sotto la guida di Josè Luis Basso, fino alla perfetta integrazione con l’orchestra nel virtuosismo della tempesta.
L'opera come detto è stata presentata in forma di concerto semiscenica, i cantanti hanno recitato, interagito fra di loro chi in modo più convenzionale, chi in modo più accorto ma riuscendo ad “arrivare” al pubblico.
Il teatro Politeama non è famoso per la sua acustica, dal nostro posto abbiamo goduto di un suono buono ed equilibrato, ma altri spettatori si sono lamentati di un ascolto non perfetto. C'è da dire che la struttura stessa della sala rende gli artisti fisicamente più vicini alla platea, e il fatto di aver cantato sempre al proscenio ha favorito ancora di più l'impatto sul pubblico.
Comunque tornando al Politeama, è un luogo che risveglia in molti napoletani i ricordi di quando era il primo teatro della città per prosa e commedie musicali, era qui che venivano i grandi titoli di Garinei e Giovannini. Oggi la sua aria rètro potrebbe essere un atout se solo gli si desse una rinfrescata di cui avrebbe urgente bisogno.
La recensione si riferisce alla prima del 15 gennaio 2023.
Bruno Tredicine