Lucia di Lammermoor | Nadine Sierra |
Enrico Ashton | Gabriele Viviani |
Sir Edgardo di Ravenswood | Pene Pati |
Lord Arturo Bucklaw | Daniele Lettieri |
Raimondo Bidebent | Dario Russo |
Alisa | Tonia Langella |
Normanno | Carlo Bosi |
Direttore | Carlo Montanaro |
Regia | Gianni Amelio |
Regista per la ripresa | Michele Sorrentino Mangini |
Coreografia | Stéphane Fournial |
Scene | Nicola Rubertelli |
Costumi | Maurizio Millenotti |
Luci | Pasquale Mari |
Direttore del Coro | José Luis Basso |
Direttore del Balletto | Clotilde Vayer |
Orchestra, Coro e Balletto del Teatro di San Carlo | |
Produzione del Teatro di San Carlo |
Grande successo e ovazioni per la protagonista hanno coronato il ritorno al San Carlo di una delle opere più amate dal pubblico napoletano, quella Lucia di Lammermoor che ebbe la sua prima proprio nel teatro borbonico.
Il capolavoro di Gaetano Donizetti torna ancora una volta (è la terza) con l'allestimento firmato da Gianni Amelio che ebbe la prima dieci anni fa. Spettacolo riuscito solo in parte, e ci tocca ripetere quelle che furono le nostre impressioni al momento della ripresa del 2017 curata, come quella attuale da Michele Sorrentino Mangini.
Le scure scene monumentali di Nicola Rubertelli ricostruiscono spazi medievali e sono rese più fosche dalle luci di Pasquale Mari. All'interno di questa cornice, nei bei costumi di Maurizio Millenotti si aggirano i personaggi nell'ambito di una "non regia": latitano idee portanti o semplici guizzi di fantasia a dare identità all'azione scenica, al contrario c'è tanta staticità dei singoli e delle masse, e indifferenza verso i momenti più 'forti' drammaticamente, in pratica tutti i possibili climax sono scorsi come se niente fosse e lo spettacolo non ha emozionato.
Il direttore Carlo Montanaro ha mostrato il chiaro intento di dare anima alle tempeste passionali della vicenda, con una direzione mossa e piena di fremiti. Però si è fatto prendere la mano con suoni troppo forti, scanditi, il volume orchestrale più di una volta ha coperto le voci e soprattutto il direttore ha perso il controllo sulle singole sezioni con più di un suono "sporco" già fin dall'inizio soprattutto fra gli ottoni. Peccato perchè l'orchestra del San Carlo ormai ci ha abituati a ottime performances mentre stavolta è apparsa slegata e pesante. Nel complesso è sembrata mancare una mano concertante che desse compattezza di suono e equilibrio nei tempi, qui ondivaghi, a volte spediti a volte esasperatamente lenti come nella grande scena di Lucia.
Con una regia e una direzione d’orchestra più stimolanti di sicuro avremmo potuto apprezzare più compiutamente il talento di Nadine Sierra, che vedemmo sul palcoscenico del San Carlo l'anno scorso in un recital diffuso in streaming in cui fra l'altro interpretò proprio l'intera scena “della pazzia” da quest'opera.
Comunque sia la cantante ha conquistato progressivamente il pubblico con una prova in crescendo. In tutta la sua prima scena si sono apprezzati la tecnica, il gusto per il legato, l'emissione fluida ma tutto con una certa freddezza interpretativa. Poi già nella scena con Enrico gli accenti si sono fatti più incisivi (Soffriva nel pianto ha convinto più di Regnava nel silenzio), con screziature e giochi di dinamiche ad animare l'espressività. Nella conclusione poi la fragilità del personaggio è venuta fuori in modo preciso, sfavorita però dalla quasi assoluta immobilità scenica e dai tempi estremamente lenti scelti dal direttore. Sottolineata dalla glass harmonica di Sascha Reckert, la cadenza è stata arricchita da alcune variazioni originali e ben eseguite.
Forte di un timbro chiaro e con un canto che si definisce "generoso" Pene Pati ha dato ad Edgardo passionalità ed impeto giovanile. La sua prova non è stata tutta da incorniciare ma la comunicativa e il canto accorato gli hanno fatto meritare i consensi che ha ricevuto.
Con accenti marcati, timbro scuro e tanta immedesimazione Gabriele Viviani ha restituito un Enrico a tutto tondo, smanioso di liberarsi dalla rete di disgrazie in cui è caduto.
Toni giustamente accorati per Dario Russo, apprezzabile Raimondo così come il Normanno di Carlo Bosi, che a inizio d'opera ha patito particolarmente il forte volume orchestrale. Molto bello il timbro di Tonia Langella quale Alisa mentre Daniele Lettieri si è ripreso da qualche difficoltà iniziale e ha ben cantato nei panni di Arturo.
Il Coro del San Carlo diretto da Josè Luis Basso ha confermato l'ottimo standard degli ultimi tempi, la compagine si è presentata compatta nella qualità sonora, variegata nei colori e nelle dinamiche
Ha fatto piacere ritrovare i solisti del Corpo di ballo del San Carlo, qui con una coreografia creata da Stéphane Fournial
Teatro affollato ma non gremito e successo pieno.
Lo scorso 11 gennaio è venuta a mancare improvvisamente la prima arpa dell'orchestra del San Carlo Antonella Valenti, in forza nella compagine dal 1987. A lei il teatro ha dedicato con commozione, a cui ci uniamo, questa serie di repliche di Lucia di Lammermoor.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 18 gennaio 2022.
Bruno Tredicine