Violetta | Nino Machaidze |
Alfredo Germont | Francesco Demuro |
Flora | Tonia Langella |
Annina | Michela Petrino |
Giorgio Germont | Leo Nucci |
Gastone | Lorenzo Izzo |
Il barone Douphol | Alessio Verna |
Il marchese D’Obigny | Italo Proferisce |
Il dottor Grenvil | Gianluca Breda |
Matador | Giuseppe Ciccarelli / Ertugrel Gjoni |
Direttore | Jordi Bernacer |
Regia | Lorenzo Amato |
Scene | Ezio Frigerio |
Costumi | Franca Squarciapino |
Luci | Fiammetta Baldiserri |
Maestro del Coro | Marco Faelli |
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo | |
Nuova produzione del Teatro di San Carlo |
Una Traviata crepuscolare, immersa in una luce autunnale, piovosa. Così si presenta la nuova edizione della popolarissima opera verdiana al San Carlo di Napoli.
Questo allestimento, presentato lo scorso febbraio, torna adesso per una lunghissima serie di repliche, ben diciannove, in cui si alterneranno numerosi artisti in ordine sparso. Non deve sembrare esagerato definirla 'piovosa': a metà palcoscenico, alle spalle degli artisti, c'è un fondale trasparente lungo il quale scorre ininterrottamente un velo di vera e propria pioggia. Ridotti al minimo gli arredi di scena, giusto per suggerire i vari ambienti, basti dire che il soprano esegue tutto il finale del primo atto a palcoscenico completamente vuoto.
Dietro al velatino, tocco prezioso, fondali dipinti a mano dalle maestranze artistiche del teatro, come orgogliosamente ha affermato il loro autore, il pluripremiato Ezio Frigerio. Piacevoli e di un'eleganza d'antan, raffigurano elementi di arredo vagamente monumentale nella prima e ultima scena, il parco-giardino della dimora di campagna o gli sfarzosi tendaggi di casa di Flora. Il tutto, però, sbiadito dalla pioggia, come attraverso un vetro bagnato o la vista offuscata di una persona malata.
Il nome di Ezio Frigerio chiama quasi automaticamente quello di Franca Squarciapino per i costumi, tutti giocati in tinte -anch'esse- autunnali, in linea con l'impostazione generale dello spettacolo, alla cui atmosfera risulta indispensabile, e ben realizzato il disegno luci di Fiammetta Baldiserri.
Detto di questi elementi tecnici, fondamentali per definire l'impressione generale, resta da dire della vera e propria regia di Lorenzo Amato, la quale si è svelata con alcuni spunti più o meno validi, ma senza costruire un discorso continuo. Durante il preludio al primo atto un gruppo di uomini con ombrello, visti di spalle, si scioglie lentamente a svelare la protagonista sdraiata su un tavolo, la quale poi si leva e indossa un paio di scarpe (quasi a sfidare la grandiosa memoria della Callas-Violetta viscontiana). Di bell'impatto l'immagine del Coro che su Si ridesti in ciel l'aurora avanza verso la cortigiana come un inesorabile plotone (riprendendo le parole del regista) inchiodandola al suo destino, mentre nel terzo atto è parso gratuito sia fare entrare l'ammalata dalle quinte su sedia a rotelle, sia il gruppo di figuranti venuti a portare via i pochi mobili prima dell'epilogo. A parte ciò, una Traviata tanto corretta quanto prevedibile, molto statica e con qualche vizio dei tempi andati. Tanto per fare un esempio, vedere tutti gli artisti che chiudono il Brindisi alzando i calici verso la platea, è qualcosa che nel 2018 è dura da accettare.
Ricordavamo Nino Machaidze come valida Desdemona rossiniana nell'ultima sua sortita al San Carlo, e adesso la ritroviamo per prima delle tante Violette di questo lungo giro di repliche. Senza dubbio l'artista georgiana ha una voce importante, corposa, omogenea. Però una certa pesantezza dell'emissione l'ha costretta a molta cautela per mantenere il controllo della linea di canto, anche a scapito dell'incisività del fraseggio. È parsa meglio a suo agio nei momenti più lirici, cosa evidente non appena ha attaccato Dite alla giovine, e poi in tutto il terzo atto, dove ha convinto senza riserve, con un Addio del passato ben misurato nella sua tragicità sottile e penetrante, sebbene tagliato come da peggiore tradizione.
Francesco Demuro si è guadagnato un successo personale fin dal suo primo apparire, con una vera ovazione dopo De' miei bollenti spiriti. La voce squillante e il timbro chiaro, uniti ad una piacevole chiarezza di dizione, hanno reso credibile la giovanile impulsività di Alfredo.
Anche senza volere contare per forza le sue primavere, è impossibile non restare ammirati di fronte all'autorevolezza del canto di Leo Nucci. Con disinvoltura il baritono esibisce una voce che è ancora di tutto rispetto per volume, fermezza e omogeneità. Vi si unisce una consapevolezza di accenti che viene dall'esperienza pluridecennale e dalla sensibilità di artista che lo fa interagire al meglio coi suoi partner in scena. Da questo punto di vista come dare torto al pubblico se dopo le sue scene con Violetta e con Alfredo gli ha decretato un'ovazione calorosissima?
Precisa e ben cantata la Flora di Tonia Langella che ha conferito calore espressivo al personaggio, sebbene un po' sacrificato dalla regia.
Una brava cantante si svela anche in una piccola parte e ne ha dato prova Michela Petrino, Annina precisa e musicale.
A definire il buon livello complessivo del cast contribuiscono poi il Dottor Grenvil di Gianluca Breda, Lorenzo Izzo quale Gastone, il Douphol di Alessio Verna, e il Barone d'Obigny di Italo Proferisce.
Ottima la prestazione del Coro diretto da Marco Faelli, preciso nell'armonizzazione e nelle dinamiche.
Di stile "già visto" le coreografie di Giancarlo Stiscia (anche aiuto regista) per Zingarelle e Mattadori, comunque ben valorizzate dal Corpo di ballo del teatro.
Seguita diligentemente dall'Orchestra del San Carlo, la direzione di Jordi Bernacer è parsa funzionale più che ispirata. Corretta nei tempi e in buon rapporto col palcoscenico, ma uniforme nei colori e spesso troppo presa a sottolineare la trama delle scansioni ritmiche più che i preziosismi dell'ordito, là dove ci sono.
San Carlo affollato, ma ben lontano dall'esaurito anche per una Traviata, cosa che ci fa chiedere se la politica delle opere di repertorio per compiacere l'afflusso di turisti occasionali sia effettivamente valida. Certamente di stranieri ve n'erano moltissimi, ma chiaramente poco avvezzi all'opera, rumorosi e distratti anche durante l'esecuzione. In ogni caso alla fine non è mancato il grande successo, con ovazioni per tutti gli artisti, fortunatamente meritate.
La recensione si riferisce alla rappresentazione del 29 maggio 2018.
Bruno Tredicine