Sir John Falstaff |
Woflgang Koch |
Ford |
Boris Pinkhasovich |
Fenton |
Galeano Salas |
Dr. Cajus |
Kevin Conners |
Bardolfo |
Timothy Oliver |
Pistola |
Callum Thorpe |
Mrs. Alice Ford |
Ailyn Pérez |
Mrs. Quickly |
Judit Kutasi |
Nannetta |
Elena Tsallagova |
Mrs. Meg Page |
Daria Proszek |
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Direttore |
Michele Mariotti |
Regia |
Mateja Koležnik |
Scene |
Raimund Orfeo Voigt |
Costumi |
Ana Savić-Gecan |
Coreografie |
Magdalena Reiter |
Luci |
Tamás Bányai |
Maestro del coro |
Stellario Fagone |
Dramaturg |
Nikolaus Stenitzer |
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Bayerisches Staatsorchester |
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Coro della Bayerische Staatsoper |
Come la quasi totalità dei teatri europei, anche la Bayerische Staatsoper di Monaco ha visto saltare la sua prima di stagione in presenza di pubblico, ma al contrario della Scala di Milano non si è accontentata e ha voluto regalare agli appassionati un Falstaff di Giuseppe Verdi in forma scenica. Lo spettacolo è stato trasmesso gratuitamente il 2 dicembre in live-streaming sulla piattaforma Staatsoper.tv e sarà disponibile a pagamento a partire dai prossimi giorni.
Partiamo subito dicendo che lo spettacolo confezionato dalla slovena Mateja Koležnik è bellissimo. La regista che si definisce “una debuttante in menopausa” è alla sua seconda opera (la prima è stata Fidelio sempre a Monaco) e sebbene si dichiarasse intimorita dalla gestione di così tante persone in e fuori scena, dalle numerose indicazioni verdiane e dal non avere il controllo totale della produzione - c’è pur sempre un direttore - ha vinto pienamente la sua sfida.
La sua visione nasce come un omaggio al cinema italiano, in particolar modo ai film di Sorrentino, e l’idea di base della regia è ricreare un leggero realismo, senza scadere nella farsa, lavorando su due livelli: il vecchio da una parte e la società dall’altra. Nella matinée di presentazione ha inoltre spiegato come ritenga essenziale comprendere che Falstaff conserva il suo spirito da bambino, e per questo può trovare la gioia nei dettagli e vivere giorno per giorno. Alla luce di tutti questi aspetti, pare quindi azzeccatissima la scelta di spostare la vicenda all’interno di un casinò anni ‘60, gestito da Ford, di cui Falstaff è il classico habitué indebitato.
In questa produzione il palco è diviso orizzontalmente in tre da due pannelli con sedici porte a doppia anta che scorrendo in senso opposto non solo si adattano perfettamente al dinamismo all’azione, ma la sostengono. Il primo atto si apre così sulla zona di ingresso del casinò, in secondo piano si intravedono i tavoli da gioco, e nel mezzo c’è il solito via vai di vecchiette impellicciate che arrivano per giocarsi la pensione, mariti in serata libera e prostitute. Le comari sono quattro amiche già brille che fanno serata e che escogitano la loro burla ai danni di Falstaff seguendo il ballo di gruppo alle loro spalle. Perfetto l’intermezzo fra primo e secondo atto con la cameriera che passa l'aspirapolvere in proscenio. Spassosissima nella sua semplicità la scena del Reverenza con Quickly che seduce Falstaff e gli consegna due lettere con i rispettivi perizomi di Alice e Meg. La sua ricompensa? I set di cortesia dell’hotel. Tutto funziona così bene che il signor Fontana vestito da ricco Texano e Nannetta protagonista di uno show di burlesque risultano persino coerenti.
Con una scena così ricca, verrà da pensare che il lato musicale sarà passato sicuramente in secondo piano. Errore. Michele Mariotti, assieme alla Bayerisches Staatsorchester, firma una direzione che tiene incollati alla poltrona (di casa). Direttore e regista sono perfettamente consci di quanto l’opera sia un miracolo di teatro musicale, di come le loro strade si debbano intrecciare e dell’importanza “dell’interconnessione fra musica, recitazione, armonia, parole, musica nelle parole”. Ne risulta una direzione fortemente teatrale - nel senso che è finalmente al servizio del teatro - in cui la sinergia fra buca e palco è totale. I primi due atti, “in cui il ritmo è il vero protagonista e ognuno è obbligato a stare dentro questa gabbia” scorrono in modo sciolto e brillante, forti di un’orchestra sempre incalzante ma corposa e non mancano echi quasi straussiani tale è la ricerca dei dettagli. Stupendi i colori del terzo atto, in cui si ricrea un’atmosfera lunare di rara poeticità.
La compagnia di canto è alquanto omogenea, il canto è asservito allo spettacolo e nessuno spicca particolarmente. Dallo streaming le voci risultano leggermente più presenti rispetto all’orchestra, sebbene la ripresa del suono sia anni luce avanti a quella a cui la Rai ci ha abituato.
Il Falstaff di Wolfgang Koch non ha nulla di nobile, anzi è abbastanza volgarotto. La voce balla un po’, i piani sono sfalsettati e la serenata è bella stonata. Disegna un Sir John in balia degli eventi però il basso-baritono è uno che sa tenere il palco.
Risulta più convincente Boris Pinkhasovich nei panni di Mastro Ford, forte di una vocalità molto solida, anche se dal punta di visto attoriale appare più impastato.
Galeano Salas è un Fenton discreto, dalla voce lirica e morbida. Dal labbro il canto estasiato vola manca di fascino ma non di naso.
Ailyn Pérez è una Alice matura, una di quelle donne che amano stuzzicare il marito per tenere vivo il matrimonio. La prima ottava è poco incisiva e la dizione perfettibile.
Spigliatissime e più che corrette Judit Kutasi, Elena Tsallagova e Daria Proszek, rispettivamente Mrs. Quickly, Nannetta e Mrs. Meg.
Positivo il contributo di Kevin Conners (Dr. Cajus), Timothy Oliver (Bardolfo), Callum Thorpe (Pistola).
Straniante il finale, che prevedeva un televisore sul palcoscenico sul quale andava in onda in videoconferenza la scena finale pre-registrata e compagnia e tecnici che uscivano per i saluti durante la fuga.
La recensione si riferisce allo spettacolo in streaming di mercoledì 2 dicembre 2020.
Andrea Bomben