Felix Mendelssohn-Bartholdy | Le Ebridi (La grotta di Fingal), ouverture da concerto in si minore per orchestra, po. 26 |
Concerto in mi minore per violino e orchestra, op. 64 | |
Sinfonia in la maggiore n. 4 op. 90 "Italiana" | |
LaFil - Filarmonica di Milano | |
Violino | Daniel Lozakovich |
Direttore | Felix Mildenberger |
Quando qualche anno fa laFil si presentò ai milanesi, più di un osservatore mostrò qualche perplessità: c'era davvero bisogno di un'altra orchestra a Milano, per di più con un progetto così non-convenzionale, fatto di brevi residenze e concerti monotematici? Poi la pandemia ha scombussolato un po' i piani, ma finalmente possiamo rispondere che il progetto è valido, i musicisti motivati, gli sponsor ci sono. Probabilmente la necessità non si sentiva, tuttavia adesso che l'abbiamo ascoltata più e più volte possiamo dire di non volerne più fare a meno. Benvenga laFil, dunque, e poco ce ne cale di bisogni e quant'altro, se la musica che producono è di questo livello.
Dopo Schumann e Brahms , il progetto si dedica a Mendelsohn, con due giovani astri nascenti del panorama musicale: Felix Mildenberger (classe 1990) sul podio e Daniel Lozakovich (2001) al violino. I due talentuosi musicisti hanno già una interessante carriera internazionale e ne sentiremo parlare ancora a lungo; intanto si presentano alla nuova casa de laFil, il Teatro Lirico di Milano – oggi dedicato a Giorgio Gaber – per raccogliere e condividere con l'orchestra gli applausi del numeroso pubblico presente.
“Progetto Mendelssohn”, dunque, il nome scelto per questa residenza; ed è gioco facile preparare il cartellone per un compositore del suo calibro. La sua straordinaria capacità di fondere la tensione romantica ottocentesca con i tratti limpidi, composti e rassicuranti più tipicamente classicisti fanno di Mendelssohn un vero enigma. O un miracolo: due estremi così lontani, come possono essere bilanciati con i risultati che il compositore riuscì a raggiungere?
E in qualche maniera ci pare che Mildenberger abbia cercato di riprodurre questa dualità nella sua direzione, a partire dalle Ebridi: è tutto molto morbido, soffuso, levigato. Il tedesco allenta i tempi, smorza i volumi, quasi desse l'impressione che lui, magro e segaligno, temesse di essere spazzato via dal podio da un'onda sonora troppo travolgente. In realtà, come fossero minuscole pennellate precisissime che danno vita a un quadro prodigioso, è tutto teso alla preparazione del tumultuoso climax finale, con un effetto quasi spiazzante. Non diversa la sua interpretazione della Sinfonia “Italiana”, dopo l'intervallo: da fine cesellatore, Milderberger non si perde il minimo particolare, una direzione morbida e poco spigliata che a tratti può dare l'impressione di una freddezza maniacale. Siamo agli antipodi rispetto alle interpretazioni elettrizzanti e poderose dello Schumann e del Brahms con cui Daniele Gatti ci ha presentato laFil agli esordi. Ma il risultato, per quanto diverso, è altrettanto ottimo.
Intercalato tra i due lavori sinfonici, il momento solista in un progetto dedicato a Mendelssohn non poteva che riguardare il celeberrimo Concerto per violino, ovvero uno dei capolavori della letteratura musicale di tutti i tempi. Lozakovich, anch'egli magrissimo, ricorda certi maratoneti cui non si darebbe una lira sulla resistenza fisica, e invece con il violino fila ch'è un piacere. Se certi tratti risultano ancora un po' acerbi – un legato a tratti confuso – non possiamo che inchinarci di fronte ad un fraseggio così spigliato e ad un tremolo dalla saldezza di un esperto virtuoso. Il concerto di Mendelssohn sarà anche un evergreen della musica, ma il fatto che sia superinflazionato non lo rende più semplice da eseguire (né men bello da ascoltare...); anzi, proprio perché è uno dei concerti più eseguiti e incisi, per un giovane solista l'impresa è molto ardua. I confronti saranno inevitabili, gli accostamenti arditi e trovare una chiave di lettura personale deriva di uno studio che impiega anni. Lozakovich ha certamente la personalità per dare un'interpretazione originale al concerto. Da tenere d'occhio per il futuro.
Un'ottima serata, fatta di conferme – ci vorrebbe più spesso laFil – e di novità. Tuttavia, se un appunto si può fare a quest'orchestra riguarda il repertorio: monotematico per scelta, per cui cicli dedicati a un compositore specifico che per adesso non sono andati oltre i confini dell'Ottocento, incentrati su lavori di facile richiamo sul pubblico. È una scelta comprensibile in un momento in cui ancora si deve “fidelizzare” l'audience, ma sarebbe interessante capire come se la cavano anche in opere meno presenti nel grande repertorio sinfonico. Ma confidiamo che ne avremo l'occasione in futuro.
La recensione si riferisce al concerto del 24 aprile 2022.
Emiliano Michelon