Baritono | Ludovic Tézier |
Pianoforte | Julius Drake |
Programma | |
Robert Schumann | Da 12 Gedichte op. 35 n. 10 Stille Tränen |
Dichterliebe op. 48 | |
Henri Duparc | L’Invitation au Voyage |
Chanson Triste | |
Extase | |
Richard Wagner | Wesendonck-Lieder |
A cinquantasei anni il baritono marsigliese Ludovic Tézier si è presentato in forma vocale smagliante, al picco della sua carriera per la consapevolezza interpretativa che si sposa a una brillantezza della voce a servizio di colori e sfumature dinamiche. È parso supportato da facilità di lunghi fiati che non sempre gli è stata propria, merito probabilmente di una ritrovata freschezza fisica.
Tézier è consapevole di non essere un Liederista ortodosso, né per stile né per voce: con intelligenza rara ha scelto un programma che massimizzasse i suoi talenti senza snaturare il genere di serata.
La prima parte è dedicata a Schumann. Dopo lo struggente "Stille Tränen", reso con una naturalezza partecipe che fa pensare a un particolare legame dell’artista con questi versi, è stata proposta la sequenza di 16 brani che compongono Dichterliebe. Un cliclo paradigmatico nel richiedere tutte le caratteristiche del Liederista di classe, che Tézier ha risolto con eleganza nel porgere, mai affettata, veicolando una narrazione che tiene insieme la linea lunga della raccolta anziché scandagliare sillaba dopo sillaba il mutare continuo di stati d’animo descritti da testo e musica. L’artista di rango ha compensato alla non perfetta idiomaticità, palese nel trascinamento delle consonanti a scapito di una messa a fuoco non sempre ideale. Il cristallino Julius Drake al pianoforte è stato complemento e contrappunto stilistico ideale.
Nella seconda parte tre brani splendidi di Duparc hanno rappresentato il vertice della serata. Dalle prime parole di L’invitation au voyage la sala è stata come trasportata su una scogliera mediterranea al tramonto tardo estivo, con un ondeggiare tra il compiaciuto e malinconico reso splendidamente da Tézier con mille sfumature di colore e di dinamica. La tastiera quasi puntillista di Drake era così calata nel servizio della musica da sembrare un pianista e uno strumento diverso da pochi minuti prima. Forse ancor più ideali Chanson triste ed Extase, che hanno aggiunto alla resa abbacinante del precedente un intimismo per sottrazione che li ha sublimati.
Infine i cinque Wesendonck-Lieder, dove anzitutto era impossibile non ammirare l’equilibrio ritmico e timbrico impressovi dal grande Julius Drake, che ha mostrato un senso della struttura quasi da direttore d’orchestra. Tézier sta progressivamente allargando il proprio repertorio d’opera ad alcuni eroi wagneriani, di cui qui è sembrato studiarne il retroterra alla ricerca di una cifra interpretativa che non copi i grandi modelli madrelingua. A fronte di alcune lentezze nelle frase dolenti, poco riuscite perché non supportate da immersione totale nel testo, anche qui gli è riuscita la dimensione di narratore di una vicenda organica mettendone a fuoco gli snodi emotivi.
Non cedendo alla tentazione facile di bis operistici, magari verdiani e pucciniani come molti tra il pubblico avrebbero immaginato, la serata è rimasta nel repertorio da camera durante i quattro bis. Omaggio a Tosti con Non t’amo più e Sogno, resi con confidenza stilistica e vocale eccellenti, quindi An die Musik di Schubert, infine ancora l’amato Tosti con Chanson de l’adieu. Da segnalare il bravissimo Drake, che ha ancora una volta creato l’atmosfera più adatta per questa musica.
Successo affettuoso al termine, da parte di un pubblico folto benché non sempre consono all’etichetta dei recital di canto.
La recensione si riferisce al concerto del 24 novembre 2024.
Marco Peracchio