Gustav Mahler | Sinfonia n. 6 in la minore |
Direttore | Lorenzo Viotti |
Orchestra Filarmonica della Scala |
Un silenzio prolungatosi per interminabili secondi ha accolto il tracollo finale, inesorabilmente preannunciato da un sonoro colpo di martello, con il quale Lorenzo Viotti ha siglato la bellissima esecuzione della Sesta Sinfonia di Mahler, primo appuntamento dell’anno della stagione concertistica della Scala.
Per una felice coincidenza sono due lavori cronologicamente vicini del compositore austriaco ad aprire il cartellone sinfonico del 2025 al Piermarini: tra un paio di settimane toccherà infatti a Riccardo Chailly dirigere il primo appuntamento della Filarmonica con le suggestioni notturne della Settima Sinfonia. La titolazione - legittimata dallo stesso Mahler e univoca solo in apparenza - di “tragica” per la Sesta non risolve le ambiguità della corposa partitura.
Prediletta dagli esponenti della seconda scuola di Vienna (in una lettera ad Anton Weber, Alban Berg la definì “l’unica Sesta, malgrado la Pastorale”), la sinfonia rientra a pieno titolo tra le più elaborate e linguisticamente innovative dell’intero corpus mahleriano. Riferendosi alla sua composizione, l’autore così ebbe ad esprimersi con il biografo Richard Specht: “La mia Sesta proporrà enigmi la soluzione dei quali potrà essere tentata solo da una generazione che abbia fatto proprie e assimilato le mie prime cinque Sinfonie”. Sotto la rassicurante suddivisione formale dei canonici quattro movimenti, si cela infatti una complessità di simboli e di allusioni con rimandi ad elementi extramusicali percepibili seppur non esplicitamente dichiarati.
Impressione rafforzata dall’uso di un’orchestra ampliata a strumenti inusuali (xilofono, martello, nacchere, frusta e i vari tipi di campane e campanacci) e dalla suggestiva potenza evocativa. A proposito del colpo di martello nella coda del finale, Alma Mahler così ebbe ad esprimersi “nell’ultimo tempo descrive sé stesso e la sua fine o, come ha detto più tardi, quella del suo eroe. […] L’eroe viene colpito tre volte dal destino ed il terzo colpo lo abbatte, come un albero”.
Il tema di fondo che percorre la partitura, ovvero il conflitto dell’uomo contro il destino, si arricchisce qui di combinazioni contrapposte tra momenti di violenza efferata, toni graffianti e grotteschi, oasi atemporali e addirittura visioni profetiche (il dramma infantile suggerito nello Scherzo). Senza lasciarsi schiacciare dal timore della complessità, il gesto estremamente nitido e chiaro di Viotti ha virato verso una lettura compatta, priva di sollecitazioni ad accenti enfatici e sobria nell’enfasi.
Ne è scaturita una esecuzione puntigliosa nelle sfumature ritmiche (fin dall’incedere particolarmente secco e marziale dell’Allegro energico iniziale), vigile nelle dinamiche (la resa dell’improvviso passaggio dal fortissimo al pianissimo e dal maggiore al minore del tema del destino) e ricca nell’espressività (bello lo slancio dell’appassionato tema dedicato ad Alma). Tra misteriosi e affascinanti chiaroscuri, passaggi di struggente rimpianto (Andante moderato) e di respiro maggiormente vigoroso, Viotti ha elegantemente trasportato il numeroso pubblico della Scala nelle atmosfere rarefatte, là dove accordi di celesta e remoti suoni di campanacci ci hanno traghettati verso un mondo altro. Molto positiva la prova della Filarmonica della Scala sia nelle parti solistiche (il primo violino Francesco De Angelis) sia nelle sezioni, in particolare le percussioni e gli ottoni.
La recensione si riferisce al concerto del 13 gennaio 2025
Lodovico Buscatti