Direttore | Emmanuel Tjeknavorian |
Orchestra Sinfonica di Milano | |
Programma | |
Dmitrij Šostakovič | Ouverture Festiva in la magg. op. 96 |
Ludwig van Beethoven | Sinfonia n. 2 in re magg. op. 36 |
Pëtr Il'ič Čajkovskij | Sinfonia n. 4 in fa min. op. 36 |
Dopo la nomina di direttore musicale dell'Orchestra Sinfonica di Milano annunciata nei mesi scorsi le aspettative su Emmanuel Tjeknavorian erano decisamente alte. Un po' perché si tratta di un giovane – non ha ancora trent'anni – e un po' perché all'ombra della Madunina ci è già passato ed ha lasciato un'ottima impressione (sia come solista che come direttore ), e la sensazione di avere ancora ampi margini di miglioramento. La nomina dell'Orchestra Sinfonica di Milano rientra quindi, auspicabilmente, in un progetto a lungo termine che non può che farci ben sperare per il futuro.
In questo senso ci appare quanto mai emblematica proprio la scelta di cominciare il concerto inaugurale della stagione 2024/2025, come da tradizione al Teatro alla Scala, con l'Ouverture Festiva di Šostakovič: un lavoro perfetto come cerimoniale d'apertura di stagione e di collaborazione con l'OSM – non a caso utilizzato anche all'inaugurazione delle Olimpiadi di Mosca 1980 – con quelle sue prime battute squillanti affidate agli ottoni, una sorta di richiamo fanfaresco per le orecchie del pubblico. E non è da meno il fatum čaijkovskiano, quello della quarta sinfonia, quel destino opprimente e ineluttabile. Anch'esso si preannuncia con uno squillo di corni che richiama l'attenzione dell'uditorio. Certo, qui non c'è festa, eppure in questa serata ambedue le composizioni sembrano gridare a pieni ottoni: «ascoltate ora, sono arrivato io!».
Che la collaborazione e l'intesa con l'orchesta siano ancora in fase di rodaggio è invero palpabile: proprio nell'Ouverture Festiva il direttore austriaco di origini armene si limita a battere il tempo e poco più, lasciando libera l'orchestra di scorrazzare sulle festose e velocissime crome del pentagramma, limitando allo stretto indispensabile le indicazioni di ingresso e quelle agogiche. Ciò che in un primo momento potrebbe sembrare timidezza, bisogno di accrescere ancora il feeling con i musicisti si tramuta così in una prova di grande impatto per i suoi orchestrali. Sintetica la direzione di Tjeknavorian, ma energica la risposta dell'Orchestra Sinfonica di Milano. Energia e vitalità che caratterizzano anche la seconda sinfonia di Beethoven, scritta nel 1802 con i primi sintomi dell'aggravarsi della sordità. Anche in questo caso ci sembra il merito della buona riuscita da imputare più all'orchestra che al direttore, il che non è necessariamente una nota negativa di per sé. Tjeknavorian non si lascia prendere da manie di protagonismo e sembra sempre un passo a lato, quasi alla pari con l'orchestra piuttosto che alla testa. Ciò che da un lato si rivela come un'estrema fiducia nei suoi orchestrali ci lascia tuttavia la sensazione che il direttore non abbia ancora sviluppato la fiducia nei propri mezzi per azzardare una lettura più personale della partitura, un'interpretazione che possa imprimere quel quid che trasformi l'esecuzione da ottima a memorabile.
Che è quello che succede a tratti nella quarta sinfonia di Čajkovskij: qui Tjeknavorian imbecca, calibra e bilancia, stacca tempi precisissimi e delinea con espressività le melodie, come volesse iniziare a mostrare le sue capacità direttoriali in un crescendo continuo fino al finale. Il suono è nitido, pulito, ricco di colori e l'amalgama è ben bilanciato. Bene il primo movimento, seppur con qualche sbavatura degli ottoni, superlativo il secondo, carico di malinconica nostalgia dai chiaroscuri netti e dai contorni brillanti, leggero e spensierato il terzo, tempestoso il quarto. Applausi scroscianti e convinti del pubblico al termine; e la sensazione che siamo appena agli inizi. Insomma, il cammino è lungo, il passo sembra quello giusto. Il meglio deve ancora venire.
La recensione si riferisce al concerto del 15 settembre 2024.
Emiliano Michelon