Wolfgang Amadeus Mozart |
Sinfonia n. 39 in Mi bemolle maggiore K 543 |
Sinfonia n. 40 in Sol minore K 550 |
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Sinfonia n. 41 in Do maggiore K 551 "Jupiter" |
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Direttore |
Claus Peter Flor |
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi |
Tre partiture che rappresentano delle pietre miliari della storia del sinfonismo e che, benché assai note, appassionano e stupiscono sempre gli ascoltatori. L’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi con la direzione di Claus Peter Flor propone le ultime tre sinfonie di Wolfang Amadeus Mozart, composte nel 1788 in un periodo di soli tre mesi.
La Sinfonia n. 39 in Mi bemolle maggiore K 543 apre il programma della serata. Fin dalle prime battute dell’Adagio si percepisce una profonda intesa fra l’assieme orchestrale e il suo direttore musicale, profondo conoscitore del repertorio austro-tedesco: una suadente cantabilità di stampo vocale è resa dagli archi, mentre i fiati intervengono con morbidi echi. L’Allegro, che costituisce la seconda parte del primo movimento, è proposto con una leggerezza e uno spirito che riportano alla mente la gioiosa atmosfera del sinfonismo viennese. L’Andante con moto è attraversato da una vena di delicatezza e dolcezza che trasporta gli uditori in un clima quasi fiabesco e che conduce al Minuetto e trio, il primo reso con un’energica vigoria, il secondo trasmesso con un’elegante dolcezza nel canto del clarinetto in dialogo con il flauto. Un Finale dotato di uno slancio inarrestabile, serrato e rapido, coinvolge così profondamente il direttore sino a farlo balzare sul podio nelle battute conclusive.
Il celeberrimo primo tema del Molto Allegro che apre la Sinfonia n. 40 in Sol minore K 550 è trasmesso con efficacia e incisività dall’orchestra: i suoi frammenti, passando nelle diverse sezioni degli archi, fanno di questo Leitmotiv un elemento sempre dinamico e il merito di Flor è quello di rinnovarlo e conferirgli un colore differente a ogni riproposizione. L’Andante, particolare per il suo andamento cullante, è eseguito con il giusto equilibrio, che lo rende un piacevole momento luminoso, in cui non mancano, però, degli scorci intimistici e malinconici. Il Minuetto successivo, che possiede ben poco del carattere di questa danza settecentesca, ha una natura aggressiva, interpretata in maniera coerente dall’ensemble orchestrale, che va poi a smorzare i toni sul Trio, una parentesi idilliaca e raccolta. L’esecuzione qui è filologicamente allineata alle intenzioni del suo autore, così come perfette sono le scelte interpretative dell’Allegro assai conclusivo, in cui l’irruenza focosa del primo tema, alternata alla lirica malinconia del secondo motivo, comunica tutta la straordinaria tensione concepita dal genio di Salisburgo.
Nella Sinfonia n. 41 in Do maggiore K 551, nota anche come “Jupiter”, ultima del programma, peculiare è la direzione di Flor: autentico è il suo coinvolgimento sul podio e il suo entusiasmo è trascinatore di tutti gli orchestrali fin dalle prime battute dell’Allegro vivace. Nell’Andante cantabile assai apprezzate sono le scelte dinamiche, proprio in una sezione in cui fondamentale è l’aspetto espressivo. Le sfumature esecutive sono così minuziose da rendere le gradazioni sonore luminose, poi improvvisamente più cupe, fino a perdersi talvolta in una delicatezza quasi impercettibile. Il terzo movimento, Minuetto e trio, riconduce a un’atmosfera tipicamente mozartiana, fatta di grazia volteggiante, impreziosita da accenti marziali. Il Molto allegro del finale, parte verso cui gravita l’intera sinfonia, affascina per il piglio e il trasporto con cui il direttore sprona l’intero organico orchestrale con una gestualità quasi teatrale.
L’applauso prolungato del pubblico in conclusione del movimento rappresenta la chiusura di una festa in musica che coinvolge gli appassionati in sala e che conferma la grandezza senza tempo delle partiture dell’enfant prodige salisburghese.
La recensione si riferisce al concerto del 29 aprile 2022.
Emanuele Lavizzari