Direttore | Tito Ceccherini |
Mezzosoprano | Monica Bacelli |
Flauti | Niccolò Manachino |
Oboi | Luca Stocco |
Regia del suono | Massimo Colombo |
Orchestra Sinfonica di Milano | |
Programma | |
Bruno Maderna | Ausstrahlung |
per voce femminile, flauto e oboe obbligati, grande orchestra e nastro magnetico su testi sacri e poetici indiani e persiani Prima esecuzione della nuova edizione della partitura |
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Richard Strauss | Also sprach Zarathustra op.30 |
Poema sinfonico per orchestra liberamente tratto da Friedrich Nietzsche |
Nelle parole del consulente artistico di Milano Musica, Marco Mazzolini, Ausstrahlung di Bruno Maderna è uno dei «due poli ideali del Festival di quest’anno». Un titolo convergono «lotta, preghiera, quiete, tormento, ardore, illusione, desiderio: tutto il possibile destino dell’uomo» e sotto questo profilo il collegamento con la seconda composizione in programma – Also sprach Zarathustra di Richard Strauss – risulta estremamente naturale.
La proposta del lavoro di Maderna ha diversi punti d’interesse, primo fra tutti il poter ascoltare la prima esecuzione della nuova edizione critica edita da Ricordi con la curatela dello stesso Mazzolini e di Angela Ida De Benedictis; tuttavia nei 32 minuti dell’esecuzione emergono molti altri profili che meritano attenzione: la gestione peculiare dell’organico, la macrostruttura del brano in rapporto alla disposizione stessa dell’orchestra, l’indagine nei concetti invero molto maderniani di melodia e cantabilità. Considerando l’anno di composizione, 1971, bisogna riconoscere che Ausstrahlung è un’opera assolutamente visionaria, non solo perfettamente inserita nel suo tempo (è facile ritrovare alcune istanze della di poco antecedente Sinfonia di Berio) ma capace di presentare in forma concreta diversi elementi che connoteranno la ricerca compositiva del decennio successivo, nel bene e nel male; uno sguardo capace di penetrare in profondità e dalla visione davvero lucida. Il risvolto negativo è che Ausstrahlung condivide la sorte di una buona fetta della produzione degli anni ’60 e ’70 e cioè l’essere invecchiata rapidamente, tanto da far apparire alcune scelte quasi naïf, ad esempio il ricorso a una grande orchestra che fondamentalmente non suona può essere per lo meno oggetto di discussione. Merita menzione però il frammentare l’impianto orchestrale in numerosi gruppi “cameristici”, non tanto per il gusto di avere formazioni che eseguono cose diverse ma per la possibilità di impiegare con evidenza la spazializzazione fisiologicamente insita nell’orchestra: esistono gruppi bene udibili che intervengono con una maggiore o minore presenza, altri che Maderna stesso porta al di fuori della nostra portata selezionando strumenti che risultano inefficaci sia per il tipo di organico, sia per la distanza eccessiva, sia per l’interferenza degli altri gruppi; in questo modo si ottiene lo stesso effetto della famosa scena del dialogo di "Sussurri e grida" in cui noi vogliamo ascoltare, desideriamo ascoltare ma Bergman elimina il dialogo e lo sostituisce con la Sarabanda dalla Suite per violoncello n. 5 di Bach.
Il lavoro svolto dall’Orchestra Sinfonica di Milano è eccellente (e Viviana Mologni ai timpani è più di una garanzia) riuscendo ad attribuire un diverso peso specifico a ogni gesto, mentre il direttore Tito Ceccherini si segnala per l’ottima gestione e la consapevolezza chiarissima dimostrate in un contesto non alla portata di tutti. Impeccabili gli interventi del flauto e oboe obbligati, rispettivamente degli ottimi Nicolò Manachino e Luca Stocco, così come quelli del mezzosoprano Monica Bacelli cui è affidata una componente fondamentale dell’opera. Da segnalare la regia del suono a cura di Massimo Colombo, responsabile del fu nastro magnetico indicato in partitura.
Meno incisivo l’Also sprach Zarathustra: globalmente si tratta di una buona esecuzione, che però presenta alcune imprecisioni (dovute forse al fatto che, si suppone, una percentuale significativa delle prove sia andata a Maderna), la più fastidiosa rappresentata dai soli della spalla non bene in asse. Meno convincente anche la direzione che occasionalmente non rimane in tensione e, più in generale, fa desiderare un po’ di superomistica retorica straussiana.
La recensione si riferisce al concerto del 18 maggio 2023.
Luca Fialdini