Quartetto Guadagnini | |
Fabio Zoffoli | violino |
Cristina Papini | violino |
Matteo Rocchi | viola |
Alessandra Cefaliello | violoncello |
Dmitrij Dmítrievič Šostakovič | |
Quartetto per archi n. 1 in do maggiore, op. 49 "Primavera" | |
Quartetto per archi n. 3 in fa maggiore, op. 73 | |
Quartetto per archi n. 5 in si bemolle maggiore, op. 93 |
I quindici quartetti per archi di Dmitrij Dmítrievič Šostakovič si distinguono per quantità e qualità tra quelli dovuti ai maggiori musicisti vissuti interamente nel secolo ventesimo. È opinione comune che essi rappresentino nel corpus delle sue composizioni momenti di riflessione per cosí dire “privata”, sottratti alla «funzione retorica in ambito sociale» che le circostanze storiche imposero a lungo alla sua produzione sinfonica e da balletto (il genere operistico fu da lui abbandonato forzosamente dopo due soli titoli). L’autore negò sempre che questa differenza oggettiva fosse intenzionale, ma dopo la sua scomparsa gli furono attribuite dichiarazioni contrastanti. Comunque sia, il livello di questi quindici lavori, ciascuno in una tonalità diversa, è tale da rendere molto opportuna la decisione del Quartetto Guadagnini d’affrontare la loro esecuzione integrale nel corso della stagione 2024-25. Tra le sedi dove questa è in corso si conta l’Associazione Musicale Lucchese, delle cui benemerenze abbiamo avuto molte occasioni di scrivere. Il primo appuntamento è stato sabato 16 novembre con i Quartetti nn 1, 3 e 5 (invece dei nn. 1, 2 e 3 originariamente previsti) nel consueto Auditorium del Suffragio, pertinente al Conservatorio Luigi Boccherini.
Personalmente avevamo conosciuto il complesso di cui scriviamo, fondato nel 2012 e insignito solo due anni dopo del Premio Farulli, proprio grazie a uno dei quartetti maggiori e piú impegnativi di Šostakovič, quello n. 8 in do minore composto durante la visita, nel 1960, a Dresda distrutta e dedicato, non si sa bene quanto spontaneamente, “alle vittime del fascismo e della guerra”. L’annuale rassegna Lucca Classica lo presentò nel maggio 2018 in due esecuzioni diverse in poco piú di ventiquattr’ore: la prima, nella Sala Ademollo di Palazzo ducale, era stata affidata appunto «al giovane e irruente, ma concentratissimo Quartetto Guadagnini», che ne diede un’esecuzione «estremamente drammatica» (ci siamo permessi di citare dalla nostra recensione d’allora).
In questa nuova occasione, i quattro “ragazzi” di sei anni fa ci hanno colpito per un notevole affinamento della maestria strumentale, della capacità di definire i valori timbrici, della varietà di fraseggio. Il breve Primo quartetto è tradizionalmente sottotitolato Primavera sia per la stagione dell’anno in cui fu composto, sia per l’occasione immediata che lo ispirò a Šostakovič (la nascita del figlio Maksím nel maggio 1938), sia ancora per la dichiarazione del compositore d’aver voluto “visualizzare scene infantili e atteggiamenti spontanei e luminosi associati con la primavera”: difficile è immaginare, senza conoscerlo, un contrasto piú netto tra questo pezzo e la grandiosa Quinta sinfonia op. 47, compiuta una decina di mesi prima e destinata a ristabilire il successo del compositore in patria e, guarda caso, a consacrarlo in America. I Guadagnini lo hanno eseguito con estrema leggerezza di tocco, coerente con la trasparenza quasi neoclassica della sua tessitura tematica e armonica; non meno appropriata ci è apparsa in questo pezzo quella che diremmo una loro caratteristica: la preminenza sonora e d’immagine del primo violino.
Del tutto diverso è il panorama emotivo del Terzo quartetto. Composto nell’estate del 1946, la prima successiva alla fine della piú grande catastrofe bellica che l’umanità avesse e abbia sinora conosciuto, esso però non comunica alcuna visione ottimistica ma, semmai, una riflessione sconsolata su quel che era accaduto. Il Quartetto Guadagnini, pur nell’ambito d’una perfetta compostezza e mirando sempre a una rifinita bellezza del suono, ha qui maggiormente sfaccettato le voci e ne ha portato via via in primo piano il diverso ruolo nella struttura drammatica e polifonica della composizione, sino alla sconsolata chiusa affidata a un pianissimo del violoncello. (“L’eterna questione: perché? e per quale scopo?” era il sottotitolo esplicativo che il Quartetto Borodin, uno degl’interpreti storici di Šostakovič, faceva aggiungere per il movimento finale nei programmi di sala dei concerti in cui eseguiva questo pezzo.)
Gli stessi caratteri e pregi esecutivi hanno informato la resa del Quinto quartetto, scritto nell’autunno del 1952, ossia nel periodo che lasciava attendere una ripresa del peggior terrore staliniano, e “tenuto nel cassetto” per oltre un anno: il pessimismo che emergeva alla fine del Terzo appare ora come raggelato in mera disperazione. L’ascoltatore è presto colpito, e per cosí dire “orientato” da una delle prime comparse, seppure in sequenza permutata, del motto Re-Mi bemolle-Do-Si, che corrisponde alla sigla dell’autore in grafia tedesca (DSCH) e diverrà, a partire dall’imminente Decima sinfonia op. 93, una sorta di “firma” frequente delle sue composizioni. Può essere che i Guadagnini abbiano deciso di sostituire questo pezzo al previsto Secondo Quartetto per sottolinearne l’affinità con il Terzo che lo aveva preceduto (o forse questo è avvenuto per altre considerazioni di carattere piú“pratico”). A noi è sembrato che, oltre a eludere sin dall’inizio l’aspettativa dell'ascolto dei quartetti di Šostakovič in ordine cronologico, la scelta abbia creato un certo senso di ripetizione, dovuto all’evolvere dei due pezzi maggiori del programma verso una chiusa troppo simile.
L’Auditorium del Suffragio a Lucca è un’ex-chiesa conventuale in cui oggi possono trovare posto duecento dodici ascoltatori (a nostro parere la dimensione ideale per i concerti “da camera”), e sabato 16 non era nemmeno del tutto gremito. Nonostante questo, il successo e il palpabile apprezzamento del pubblico sono stati pieni e convinti, nell’attesa d’un bis che non è stato concesso e che sarebbe stato comunque molto difficile scegliere in modo adeguato. Attendiamo con grandissimo interesse la continuazione e il completamento in loco della rassegna.
La recensione si riferisce al concerto del 16 novembre 2024.
Vittorio Mascherpa