Violetta Valery | Galina Cheplakova |
Alfredo Germont | Alexey Neklyudov |
Giorgio Germont | James Rutherford |
Flora Bervoix | Sofia Vinnik |
Annina | Neira Muhić |
Gastone | Euiyoung Peter Oh |
Barone Douphol | Markus Butter |
Marchese d'Obigny | Will Frost |
Dottor Grenvil | Daeho Kim |
Giuseppe | Christian Scherler |
Un domestico di Flora | Sangyeon Chae |
Un commissionario | Richard Jähnig |
Concertatore e direttore | Matteo Beltrami |
Regia | Peter Konwitschny |
- ripresa da | Florian Kutej |
Scene e Costumi | Johannes Leiacker |
Luci | Daniel Weiss Joachim Klein |
Drammmaturgia | Bernd Krispin Bettina Bartz Christin Hagemann |
Maestro del coro | Johannes Köhler |
Grazer Philarmoniker | |
Chor der Oper Graz |
La Traviata della quale scriviamo ha avuto lo scorso 10 novembre la sua trentaseiesima e ultima rappresentazione all’Opernhaus di Graz, dove era stata presentata nel gennaio 2011 ed è considerata "storica". In séguito, questa realizzazione del titolo per le cure del regista Peter Konwitschny con elementi scenici e costumi di Johannes Leiacker, fu ripresa per il bicentenario verdiano all’ENO di Londra, che ne fu “coproduttore”, nel 2017 all’Opera di Seattle, dove ebbe una recensione di OperaClick alla quale rimandiamo per una descrizione generale, ed è ritornata a Graz piú volte, con interpreti musicali quasi sempre diversi. Diciamo súbito che uno spettatore italiano resta colpito dalla freschezza con la quale è stata mantenuta in vita la messinscena, ripresa quest’anno da Florian Kutej, e dall’attenzione dedicata a non lasciar cadere nella routine musicale uno spettacolo divenuto “di repertorio”. Anzi, le due ultime riprese hanno visto sul podio un interprete verdiano di primissima e consolidata grandezza, il maestro genovese Matteo Beltrami.
La drammaturgia, firmata da Bernd Krispin, Bettina Bartz, Christin Hagemann, concentra tutta l’attenzione, coerentemente con la musica di Verdi, sulla figura della protagonista. Lo spettacolo corre in modo incalzante per circa un’ora e tre quarti senza alcuna pausa, e proprio questo ha reso per noi giustificabile, molto diversamente da qual che ci era avvenuto in altre occasioni, il taglio completo di Zingarelle, Mattadori e Bue grasso; meno convincente resta l’accorciamento del concertato che conclude il secondo atto (terzo quadro) dell’originale. Durante il preludio a scena aperta del quadro conclusivo, Konwitschny e i suoi collaboratori fanno lentamente strisciare fuori dal palcoscenico il coro e gli altri convitati di Flora, abbattuti a terra dall’apparizione di Germont padre e dalla ri-focalizzazione del dramma musicale sulle tre figure del soprano protagonista, del tenore outsider e del baritono antagonista. Altri tagli sono stati quelli tradizionali del da capo del cantabile di Violetta alla fine del primo quadro, della ripetizione della cabaletta d’Alfredo, dell’intera cabaletta di Germont e della seconda strofa, «Le gioie e i dolori», della romanza d’addio di Violetta: a nostro parere quest'ultimo è sempre ingiustificato anche per la sua brevità, e ancor di piú lo diviene in una messinscena tutta centrata sulla tragedia personale della protagonista. Le riserve che abbiamo esposto non ci hanno impedito d’uscire da quest’esecuzione di Traviata convinti come non mai della grandezza dell’opera ed ammirati per l’esecuzione piú di quanto non ci fosse mai avvenuto nei sessanta e piú anni dacché conosciamo l’opera, né in teatro né ascoltandone una registrazione.
Vanno tributati giusti meriti a Konwitschny, che ha depurato la messinscena da ogni orpello, ne ha attualizzato la contemporaneità con movimenti sicurissimi ed efficaci delle masse e ha reso insolitamente accettabile persino la comparsa, purtroppo divenuta ormai usuale in àmbito austro-tedesco, della figlia pura siccome un angelo nel duetto soprano-baritono: accettabile grazie all’empatia che la gestualità stabilisce rapidamente tra le due donne cosí diverse. A Violetta tocca persino di dover sollevare la ragazzina dal pavimento dove il padre l’aveva scagliata per distoglierla dall’incipiente partecipazione al dramma della misera un dí caduta: “Non devi umiliarla, | né respingerla da te. | Ma piuttosto sulla sua anima | abbassiamo uno sguardo pietoso” avrebbe scritto l’attentissimo Musorgskij in una sua canzone d’una dozzina d'anni successiva alla Traviata. E a Konwitschny va reso onore anche per il finale piú persuasivo che di quest’opera abbiamo mai visto: a Violetta giunge, come in sogno, solo la voce di Germont padre (che canta dalla platea) e quando mostra ad Alfredo «l’immagine dei suoi passati giorni», questi arretra allibito fino a scomparire nell’ombra d’un palco e poi anch’egli in platea (e qui abbiamo pensato alla scena macabra dell’esumazione del cadavere nel racconto di Dumas: «les lèvres avaient disparu, et les dents blanche étaient serrées les unes contre les autres»). Violetta, infine, volge le spalle al pubblico «per entrar nel buio». Le sapienti luci di Daniel Weiss e Joachim Klein contribuiscono non poco all’effetto dello spettacolo e in particolare della scena conclusiva.
Ma il merito principale della forza straordinaria dello spettacolo al quale abbiamo assistito domenica 10 novembre è nella musica di Verdi e nella realizzazione, per noi senza precedenti, che di questa ha saputo concertare e dirigere Matteo Beltrami. I cosiddetti "accompagnamenti" orchestrali, pur senza mai prevaricare il palcoscenico, hanno assunto un rilievo emozionante grazie alla cura dedicata alle figurazioni degli archi, in particolare i violoncelli, e agl’interventi dei fiati, in particolare alcune sottolineature dei corni che generalmente si perdono nell’insieme a discapito di precise indicazioni in partitura. Mozzafiato, ad esempio, il passaggio da mezzopiano a pianissimo nei tre pizzicati all’ingresso di Germont padre nel salone di Flora. Ma la tragedia incombente s’era percepita sin dall’apertura del sipario, con il vortice brillantissimo dell’Introduzione che interrompe senza contraddirlo il senso di rassegnata monotonia della seconda parte del Preludio. Il miracolo che ci si poteva aspettare era del resto già chiaro dal perfetto amalgama degl’impasti tra primo clarinetto e, appunto, i diversi corni poco dopo l'attacco, e sarebbe lunghissimo continuare l’elenco. Lodevole, non tanto per la fedeltà alla lettera quanto perché ha contribuito alla tensione drammatica dell’insieme, il rifiuto di certi allargando piú “d’abitudine” che di tradizione: l’avevamo già notato nel Trovatore diretto da Beltrami a Piacenza del marzo 2023 e per noi costituisce un segno ammirevole, ma anche irrinunziabile d’affinità verdiana. A questo ha contribuito l’eccellente qualità dei Grazer Philharmoniker, non solo correttissimi e disciplinati ma anche esenti da quella rigidità con la quale le orchestre d’Oltralpe affrontano talvolta le partiture delle opere italiane. Non meno efficaci per impatto e precisione, gl’interventi del Chor der Oper Graz preparato da Johannes Köhler.
D'altra parte, il direttore genovese ha nuovamente confermato la sua capacità di preparare i cantanti affinché diano il meglio di sé senza volersi imporre ad essi. Il soprano russo Galina Cheplakova (Čeplakova) non aveva mai cantato in teatro il ruolo di Violetta e ci ha molto colpito il suo perfetto inserimento nella visione d’insieme dello spettacolo, sia come sensibilità musicale sia come versatilità scenica. Molto opportunamente, Beltrami l’ha portata a cantare quel che Verdi ha scritto, e il “ripiegamento” al Lab3 alla conclusione di Sempre libera ha rivelato tutta la pertinenza drammatica dell’originale. Questo non toglie che nelle precedenti salite alla regione dei sopracuti la Cheplakova avesse dimostrato la sicurezza necessaria per affrontare la parte, e con queste doti ha saputo rendere tutta la tragicità del personaggio. Il timbro, molto ricco, affascina non meno della capacità espressiva del volto e del corpo.
Alfredo è stato interpretato dal tenore Alexey Neklyudov, anch’egli russo e conoscitore da tempo del ruolo, che aveva già cantato anche nello spettacolo di Konwitscnhy. La sua voce morbida e vellutata ma al tempo stesso squillante gli ha consentito di realizzare un personaggio in bilico tra passione e irresolutezza, perfetto contraltare della Violetta verdiana. Anche il baritono anglosassone James Rutherford, Giorgio Germont, è un veterano del ruolo e di questa produzione. Specialista del repertorio wagneriano e beniamino del pubblico locale, ha creato un personaggio granitico e quasi oracolare nell’intervento finale dalla platea, ma anche capace di piegare la sua voce poderosa alle insinuanti sottigliezze richieste da passi come Bella voi siete, e giovane.
Con l’eccezione di quello del Dottor Grenvil, affidato al cantante ospite Daheo Kim, tutti i ruoli minori sono stati coperti da risorse interne dell’Oper Graz: Sofia Vinnik (Flora) e Markus Butter (Barone Douphol) sono membri titolari dell’Ensemble stabile di canto; i piú giovani Neira Muhić (Annina), Euiyoung Peter Oh (Gastone) e Will Frost (Marchese d’Obigny) dell’Opernstudio; Christian Scherler (Giuseppe), Sangyeon Chae (Un servo di Flora) e Richard Jähnig (Un commissionario) del Coro. Tutti hanno dimostrato d’essere ben piú che capaci d’affrontare in modo convincente i loro ruoli.
Al termine della recita del 10 novembre, in prelazione ai residenti della città di Graz ed esaurita in ogni ordine di posti, il pubblico ha manifestato entusiasmo per i tre interpreti principali (in particolare per la Cheplakova) e per il maestro Beltrami.
La recensione si riferisce alla dernière del 10 novembre 2024.
Vittorio Mascherpa