Armida | Ruth Iniesta |
Rinaldo | Michele Angelini |
Goffredo | Moisés Marin |
Gernando | Patrick Kabongo |
Carlo | Chuan Wang |
Ubaldo | César Arrieta |
Eustazio | Manuel Amati* |
Idraote | Jusung Gabriel Park* |
Astraotte | Shi Zong |
Direttore | José Miguel Perez Sierra |
Orchestra Filarmonica di Cracovia | |
Coro Filarmonico di Cracovia | |
*Borsisti dell'Accademia BelCanto |
Il teatro San Carlo di Napoli era andato a fuoco e in attesa della celere ricostruzione la prima dell’opera Otello di Rossini venne rappresentata al Teatro del Fondo.
Alla riapertura del San Carlo, Rossini si presentò con Armida, un’opera lussuosa con sette ruoli per tenore e un ampio balletto nel secondo atto. Interprete femminile l’amata Isabella Colbran, protagonista insieme a Andrea Nozzari di tutte le opere serie napoletane di Rossini. Non vi sono altri ruoli femminili e la Colbran regnò incontrastata con i suoi tre duetti d’amore, il suo rondò nel secondo atto e la grande scena drammatica finale veramente ben congeniata; anche nell’Inganno felice e in Adina vi è un ruolo solo femminile ma queste sono due farse e non possono essere confrontate a questa amplia partitura.
Il libretto è alquanto debole e non riesce a sviluppare appieno la vicenda amorosa raccontata da Torquato Tasso nel suo poema, fonte d’ispirazione non solo per i musicisti ma anche per tantissimi pittori e artisti.
L’atto che soffre di più in quest’opera è il secondo: il librettista fece presente al pubblico napoletano che avendo dovuto inserire il Rondo’ per la primadonna, i cori e il ballo, poco spazio rimaneva per lo sviluppo della vicenda; nel primo atto il libretto segue da vicino il IV e V canto della Gerusalemme liberata mentre il terzo atto segue il canto XVI. La musica è grandiosa e coinvolgendo spesso le masse corali sviluppa episodi fantastici come nel secondo atto.
Il balletto venne composto molto prima delle prove parigine e anche in questo campo Rossini si dimostra maestro grazie a coinvolgenti ritmi e melodie avvolgenti; ricordiamo che Rossini scriveva per il Teatro San Carlo, allora il primo Teatro d’Italia, d’Europa e quindi del mondo intero.
Interessante notare la ricchezza della partitura dell’opera che comprende, oltre ai consueti timpani, grancassa e piatti, anche sistri, banda turca, tam-tam e arpa. Per quanto riguarda i sistri, presenti nello spartito anche nel Turco in Italia, nel Barbiere e in altre opere di Rossini, in questo caso non è chiaro a quali strumenti il musicisa pesarese si riferisca. La banda turca serve a duplicare la massa orchestrale con effetti stereofonici veramente insoliti per l’epoca mentre il tam-tam, nell’ultima scena, crea un acme sonoro insolito e straniante. L’arpa è utilizzata per rendere più preziosi i movimenti di danza. Purtroppo, ci dicono i redattori dell’edizione critica, molti di questi strumenti “originali” erano sugli “spartitini” che sono andati irrimediabilmente persi nell’autografo. Una copia milanese riporta una parte degli spartitini, ma non sappiamo con che fedeltà, e comunque le lacune non vengono colmate con i manoscritti a disposizione. La banda deve essere completamente ricostruita, così come, talvolta, anche le parti per ottoni gravi, come tromboni e il serpentone.
L’opera ebbe successo, come ci informa Bruno Cagli, contrastando le voci di tanti storici che dissero che non riscosse plauso, ma non venne molto eseguita all’epoca di Rossini per la difficoltà di reperire sette tenori (ma cinque sarebbero sufficienti con le doppie parti per Carlo e Ublado), per la presenza del balletto e per un ruolo Colbran davvero difficile e massacrante, diventando quindi una miniera di materiale per ulteriori opere. Il duetto “Amor, possente nome” tra Rinaldo e Armida servì per compilare il finale lieto per Otello, unico modo per rappresentarlo a Roma nel 1820. Cori e danze finirono in parte nel Moïse parigino. La sinfonia fu in pare riutilizzata nel Robert Bruce mentre il quartetto del primo atto confluì nella Cantata per Pio IX.
Al Festival Rossini in Wildbad, Armida è stata impersonata da Ruth Iniesta, soprano di Saragozza. L’ascoltammo a Pesaro nel 2015 ne Il viaggio a Reims e nel 2016 nella piccola parte di Albina ne La donna del lago: da allora la sua carriera ha preso il via in ruoli come Donna Anna, Musetta, Gilda, Susanna, Nannetta, Rosina e Elvira. La notevoli capacità vocali si mostrano fin dal funambolico quartetto “Sventurata or che mi resta” dove Ruth Iniesta ci offre delle “volate” virtuosistiche quasi a trasformare il quartetto in una aria con tre pertichini. Seducente la sua voce nei famosi tre duetti d’amore che si susseguono nell’opera. Ben realizzata l’ampia scena finale, con grande afflato drammatico: la protagonista, indecisa se seguire la larva dell’amore o della vendetta, abbraccerà quest’ultima e il soprano conclude l’opera con una stretta vorticosa e con un acuto finale non prescritto ma in ottima posizione.
Rinaldo è Michele Angelini, tenore americano, che di Rossini ha già affrontato con successo Viaggio a Reims, Barbiere, Tancredi, e qui a Wildbad Matilde di Shabran e la Scala di seta, entrambi diventati CD Naxos. Angelini è stato sicuramente il cantante più applaudito della serata e il suo impegno è stato premiato. La sua parte, già estremamente difficile essendo scritta per Andrea Nozzari, è stata resa ancora più complessa da ulteriori acuti e passaggi che Angelini ha aggiunto e cantato benissimo, elettrizzando il pubblico; ne è testimone il duetto con Gernando, una vera sfida vocale che Rossini aveva già realizzato tra Otello e Rodrigo. Anche nei recitativi il tenore è imperioso, attento ad ogni sillaba cantata; elegantissimi i duetti d’amore con l’amata Armida. Il violoncello e il violino, rispettivamente nel secondo e terzo duetto, rendono raffinati i due brani. Il terzetto dei tre tenori è stato salutato da autentiche ovazioni, in special modo Michele Angelini; da ricordare la frase “Rammento che son Rinaldo” in regioni acutissime.
Goffredo è il tenore di Granada Moisés Marin, impegnato nell’introduzione strutturata come un’ampia aria con coro. Il canto è molto corretto e preciso, e gli acuti nella coda messi ben a fuoco emergono dalla massa corale con incisività. Bene anche il quartetto del primo atto dove partecipa Manuel Amati; il cantante di Martina Franca, che nonostante la giovane età ha già cantato in tutto il mondo, interpreta Eustazio con una bellissima voce tenorile.
Patrick Kabongo, ospite fisso del Festival, canta l’aria di Gernando con un’ottima pronuncia italiana e volando sopra il pentagramma senza alcuna difficoltà; il suo canto imperioso e preciso si risolve con il duetto di sfida con Rinaldo: il duello si concluderà con la sua morte, così da rendere il ruolo particolarmente breve. Buone le prestazioni di Chuan Wang, come Carlo, e César Arrieta, come Ublado, che nel terzo atto ben realizzano il duetto e il terzetto con voce squillante: due veri paladini. Completano il cast Park Jusung Gabriel, come il basso Idraote nel primo atto, e Shi Zong ovvero il basso Astarotte nel secondo atto.
Scintillante la direzione del maestro José Miguel Perez Sierra che ha staccato tempi sempre molto rapidi e incalzanti; la sala non possiede, per fortuna, il golfo mistico e il suono dell’orchestra si diffonde ampiamente nella Trinkhalle di Wildbad. L’esecuzione delle danze ci è sembrata particolarmente brillante con un’ottima arpa molto impegnata in vari passaggi. Rossini indica in alcuni brani la presenza dei “sistri” ma in orchestra sono stati sostituiti con un semplice triangolo, non in grado a dare quella sonorità esotica voluta dall’autore.
Tre ore e mezza di spettacolo hanno quindi inaugurato con successo il Festival che porta al centro della Foresta Nera la musica del grande pesarese.
La recensione si rifierisce allo spettacolo di apertura del 15 luglio 2022.
Fabio Tranchida