Direttore | Lorenzo Viotti |
Violoncello | Gautier Capuçon |
Nederlands Philharmonisch Orkest | |
Programma | |
Antonín Dvořák | Concerto per violoncello e orchestra in si minore op. 104 |
Robert Schuman | Sinfonia n. 2 in Do maggiore op. 61 |
La stagione concertistica 2024 – 2024 della Nederlands Philharmonisch Orkest si apre con un concerto diretto da Lorenzo Viotti, al suo ultimo anno come direttore musicale dell’orchestra (e dell’Opera Nazionale Olandese) assieme al violoncellista Gautier Capuçon, impegnati in musiche di Schumann e Dvořák.
Raramente ho sentito una simile comunità di intenti e di vedute fra solista e direttore come nell’interpretazione data da Viotti e Capuçon del Concerto per violoncello e orchestra in si minore di Dvořák che apriva la serata.
I due artisti vedono sicuramente questo caposaldo della letteratura violoncellistica sicuramente più come una sorta di sinfonia concertante che come un concerto, capaci come sono di condurre due discorsi, uno solistico e uno orchestrale, indipendenti ma complementari. Capuçon non ha, a mio avviso, quello che si potrebbe chiamare il “bel suono” ma ha una tavolozza timbrica e dinamica sterminata. Se l’ iniziale Allegro è restituito con sonorità mordenti e quasi aggressive, l’Adagio ma non troppo sembra quasi suonato su uno strumento diverso, tanta è la morbidezza e la perlacea trasparenza della sua cavata.
Fra le quattro sinfonie di Schumann, la Seconda è sempre rimasta ai margini del repertorio, probabilmente per due ragioni: è terribilmente difficile da suonare e, soprattutto, ancor più difficile da dirigere. Scritta fra il 1845 e il 1846 mentre l’autore si stava riprendendo da un esaurimento nervoso (prodomo della malattia mentale che lo porterà alla morte in poco meno di dieci anni, a soli quarantasei anni), è stata spesso letta, per la sua apparente rapsodica eterogeneità come una partitura nella quale si rispecchia lo stato mentale del compositore: Giuseppe Sinopoli, che delle sinfonie di Schumann ha consegnato al disco interpretazioni fra le più idiosincratiche, la considerava come una funzione della neurosi ossessiva del compositore.
Si tratta, invece di una partitura destramente coerente, di ambizioni e proporzioni beethoveniane per quanto riguarda lo sviluppo tematico e sul quale si stende l’ombra delle investigazioni del contrappunto bachiano che impegnavano Schumann al tempo della composizione.
Su questi due fronti, fusi dall’uso ricorsivo di celle motiviche, si sviluppa un discorso musicale di grande originalità che Viotti ha reso molto bene, supportato da una Nederlands Philharmonisch Orkest al meglio delle proprie possibilità, in special modo gli archi e in primis i violini, impegnati in un funambolico Scherzo, letto come una vera corsa verso l’abisso… Come già in Dvořák, Viotti dimostra un bellissimo senso per i colori e un gusto spiccato per gli effetti inusuali e sorprendenti: tornano subito alla mente lo spettrale suono degli archi nel fugato che occupa la parte centrale del sublime Adagio espressivo o certe sonorità quasi espressioniste degli ottoni nei due movimenti esterni.
In poche parole, una prova davvero maiuscola di direttore e orchestra per una apertura di stagione davvero da ricordare con uno dei più bei concerti degli ultimi tempi.
La recensione si riferisce al concerto del 14 settembre 2024.
Edoardo Saccenti