Il ratto dal serraglio (Die Entführung aus dem Serail K 384) è stato composto da Mozart nel 1781, pochi mesi dopo un’opera col medesimo soggetto di Christoph Friederich Bretzner e musica di Johann André: il libretto si può definire un vero e proprio plagio.

Moltissime erano le opere del ‘700, francesi, inglesi e italiane che avevano come tema un soggetto turchesco in cui spesso figurava un turco benefico e generoso che risolveva in positivo la vicenda. L’illuminismo di fine ‘700 favorì questo genere di lavori e la tradizione proseguì fino ai primi dell’800, basti pensare ai capolavori di Rossini come L’italiana in Algeri e Il turco in Italia, ma anche alla meno conosciuta Adina che si avvicina di molto alla trama dell’opera di Mozart.

Tra il 1779 e 1780 Mozart stava componendo l’opera Das Serail, poi rinominata Zaide K344 per evitare confusione: si trattava di un singspiel in due atti giunto a noi incompiuto su libretto di Johann Andreas Schachtner, compositore della corte di Salisburgo, e ispirato in parte alla Zaira di Voltaire, poi messa in musica da Bellini e Mercadante. In seguito il musicista ne abbandonò la composizione e anche se Die Entführung aus dem Serail ha sempre un soggetto turchesco non ne riutilizzò alcun brano. Caratteristica di quest’opera è l’uso programmatico dei melologhi. Zaide fu eseguita postuma a Francoforte sul Meno il 27 gennaio 1866, in un adattamento che comprendeva una nuova sinfonia e un finale del compositore ed editore Johann Anton André.

Die Entführung aus dem Serail fu invece rappresentata per la prima volta al Burgtheater di Vienna, luogo che ai tempi non corrispondeva all’attuale edificio ma ad uno più piccolo presso il palazzo imperiale. Era il 16 luglio 1782 e il cast comprendeva il soprano austriaco Caterina Cavalieri, Theresia Teyber, Valentin Adamberger (un tenore tedesco), Joseph Johann Ernst Dauer e Johann Ignaz Ludwig Fischer celebre basso dell’epoca e amico di Mozart.

Protagonista di questa registrazione è sicuramente il direttore René Jacobs che dà nuova luce al singspiel. Il dialogo parlato in tedesco, possibile ostacolo per l’ascoltatore moderno che non conosca la lingua, viene vitalizzato non solo con un’ottima enfasi e precisione nell’espressione delle frasi, ma anche con tanti elementi musicali come accenni del fortepiano, marce alla turca, suoni ambientali, fischiettii e cento altri escamotage che arricchiscono di molto le semplici parole. Occasionalmente il dialogo invade in brevissimi momenti i numeri musicali di Mozart che non prevedono in realtà alcun intervento parlato. Questa commistione dà unità all’opera dalla prima nota della sinfonia fino al vaudville finale.
Molto spazio è dato al fortepiano che commenta l'azione e improvvisa utilizzando brani da altre opere di Mozart. La marcia numero 5 dell’opera è sostituita da una composizione vivace di Michael Haydn, cui segue il primo coro dei Giannizzeri. Entrambi i brani sono arricchiti dai tipici strumenti turcheschi: ottavino, tamburi, tamburelli, piatti, salterio e la mezzaluna turca. Anche nella sinfonia compaiono questi elementi in partitura e il contrasto tra piano e forte delle varie frasi è molto violento, oserei dire selvaggio, così da dare al brano un colore davvero indimenticabile.

Jacobs utilizza strumenti d'epoca e voci che potremmo definire “leggere” in un equilibrio strumenti/canto perfetto. Blonde e Pedrillo sono personaggi di un rango inferiore rispetto a Belmonte e Kostanze. Pedrillo è come un moderno Figaro e riesce a realizzare i voleri del padrone con vari stratagemmi. Julian Prégardien canta delle arie all’apparenza semplici ma è abile a porgere la frase e assolutamente preciso nei veloci ritmi richiesti: ha modo di emergere nel secondo atto con un’aria seguita subito dopo dal duetto con Osmin dove cerca di ubriacarlo inneggiando a Bacco. Nel terzo atto sarà lui a cantare per tre volte una serenata che darà il segnale alla fuga: la serenata è orchestrata in maniere differenti nelle strofe e anche Pedrillo canta inizialmente in pianissimo per poi metterci un po’ di forza visto che le due donne sono in ritardo. Un bellissimo effetto.

Il soprano Mari Eriksmoen è Blonde, ruolo dalla scrittura non certo facile se si pensa che nella coda della sua prima aria raggiunge il mi sovracuto. Nell’aria N.12 del secondo atto la cantante con la sua voce piccante riesce ad esprimere tutte le sue nuances del testo; Jacobs ha fornito tutte le parti vocali di variazioni e il ruolo di Blonde ne è particolarmente ricco.

Robin Johannsen canta Konstanze con una voce vergine e smaltata, piacevolissima. Come dicevamo il direttore sceglie voci molto leggere rispetto a quanto, per quest’opera, ci ha abituato la tradizione e il risultato è assolutamente dirompente e nuovo. La coloratura di Robin Johannsen è nitida e tutti gli abbellimenti sono precisi e dettagliati; certo "Martern aller arten" suona un po’ diverso da come siamo abituati a sentirlo ma forse è più simile in questa registrazione a come Mozart l’abbia pensato.

Il Belmonte di Maximilian Schmitt è vero tenore mozartiano; a lui vengono affidate delle pagine eleganti e dolci tipiche del tenore amoroso. La sua prima aria riprende immediatamente il secondo movimento della Sinfonia con un procedimento davvero inusuale ed è seguita, dopo due brani per Osmin, da un’aria amorosa che completa la profondità del personaggio.

Dimitry Ivashchenko riesce a conferire a Osmin una forza dirompente; ogni accento viene sfruttato al meglio, dal lied con variazioni ad inizio dell’opera, all’aria successiva con interventi comici e caricati. Divertente la sua ubriacatura nel secondo atto e lo spumeggiante duetto con Pedrillo.
Nel terzo atto si trova la sua aria più difficile con discese sotto il pentagramma fino al re basso tenuto a lungo: una vera e propria difficoltà tecnica superata brillantemente. Il primo interprete di Osmin era famoso per l’ampia estensione della sua voce sia verso l’acuto che verso il basso.

Cornelius Obonya come Pasha Selim svolge bene il suo piccolo ma importante ruolo.

L’Akademie für Alte Musik Berlin è superlativa e segue alla perfezione le indicazioni geniali di René Jacobs: un’orchestra iridescente, con dei ritmi spesso indiavolati pur mantenendo una scansione precisa di ogni dettaglio. Le sonorità turche vengono enfatizzate grazie a ben tre professori impegnati solo per questi effetti. Una lettura che è una vera e proprio rivelazione come era già successo per la trilogia dapontiana e la superba Finta giardiniera che speriamo possa ben presto essere ristampata come questo Ratto dal serraglio.

Per quanto riguarda l’incisione di Die Zauberflöte ci sono dei particolari che l’accomunano a Die Entführung aus dem Serail. I dialoghi parlati vengono realizzati con molti rumori e suoni che permettono all’ascoltatore di “vedere” l’azione. Essendo un’opera con molti eventi fantastici ecco che gli effetti sono dei più vari, dai tuoni alla discesa della lava, dal cinguettio degli uccellini ai fragori realizzati semplicemente con lastre metalliche. Riteniamo questa regia dei dialoghi molto utile e capace di dare interesse a questi passaggi anche per chi non capisce il tedesco. Insieme al cofanetto Cd della durata complessiva di 5 ore e 27 minuti (Ratto + Flauto) è incluso il doppio libretto tradotto in inglese e francese con introduzioni brevi e funzionali, oltre a un apparato fotografico a colori.
In Die Zauberflöte il cembalo è meno presente con i suoi commenti estemporanei sull’orchestra. La scelta dei tempi è talvolta singolare con rallentando e accelerando improvvisi: René Jacobs si prende molte libertà, con cadenze su alcune corone, un libero suonare di glokenspiel mentre gli schiavi di Monostatos vengono incantati dal suono dello strumento di Papageno.

Le voci sono state scelte per un’esecuzione settecentesca della partitura, non di particolare ampiezza ma ben educate. Il Principe Tamino di Daniel Behle è corretto e utilizza bene le mezze voci nella sua prima aria. Marlis Petersen è una Pamina dalla voce chiara e seducente, che nel secondo atto esprime tutta la sua disperazione vedendo davanti a sé Tamino che non può comunicare con lei e la invita ad andarsene.

Papageno è Daniel Schmutzhard, baritono di qualità, molto espressivo negli ampi dialoghi e attento nelle arie a rendere al meglio la musica di Mozart.
Ricordiamo Emanuel Schikaneder che fu sia librettista che Papageno alla prima rappresentazione e ritagliò per sé il ruolo più divertente e innovativo. In seguito scrisse anche una continuazione dell’opera di Mozart: Das Labyrinth oder Der Kampf mit den Elementen. Der Zauberflöte zweyter Theil (Il labirinto o La lotta con gli elementi. Seconda parte del flauto magico) con musica composta nel 1798 da Peter von Winter. L’opera fu rappresentata per la prima volta al Theater auf der Wieden di Vienna il 12 giugno 1798. Schikaneder ancora una volta interpretò Papageno, mentre il ruolo della Regina della Notte fu cantato dalla cognata di Mozart, Josepha Hofer-Mayer. Nell'agosto 2012 l'opera è stata presentata per la prima volta al Festival di Salisburgo, nel cortile della residenza del Principe Arcivescovo di Salisburgo, diretta da Ivor Bolton in un’edizione disponibile in DVD.

Interprete di Die Königin der Nacht è Anna-Kristiina Kaappola, soprano leggero che non teme il fa sovracuto della prima aria e la vorticosità della seconda con multipli fa sovracuti.

Come Sarastro troviamo Marcos Fink, un bass-baritone che definiamo semplicemente corretto: la sua voce non cattura certo per spessore e bellezza del timbro e il fa grave è raggiunto con un affievolimento della voce.

Divertente e spensierato il Monostatos di Kurt Azesberger così come la briosa Papagena di Sunhae Im.

Il canto delle dame e dei geni è ben equilibrato. Spesso le tre voci bianche dei geni hanno elementi che sbilanciano l’esecuzione, ma in questo caso abbiamo trovato la loro performance precisa e ben affiatata, rendendo questa registrazione un ottimo prodotto curato sotto tutti gli aspetti.