Beyond Perfection | |
The Pianist Arturo Benedetti Michelangeli | |
A film by | Dag Freyer e Syrthos J. Dreher |
DVD CMAJOR (co-produzione tra 3B-Produktion e SWR, in cooperazione con ARTE, SRF e UNITEL) |
Il 5 gennaio 1920 nasceva a Brescia il grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli. Nella ricorrenza del centenario dalla nascita, l’eccezionalità della sua figura di artista e di uomo merita di essere ricordata e approfondita per le sue singolarità e i suoi aspetti sfuggenti. Forse nessun pianista come lui ha incarnato l’idea del “mito” al pianoforte, e ciò è dovuto all’impressionante mix di doti artistiche sovrumane e atteggiamento schivo verso tutto ciò che è, come si direbbe oggi, mainstream.
Non a caso, nel film-documentario girato da Dag Freyer e Syrthos J. Dreher e distribuito dall’etichetta Cmajor Entartainment, la parola che ricorre più spesso è “inafferrabile”, termine con il quale si conclude la narrazione fuori campo, a suggello del lungo viaggio indagatore compiuto dagli autori.
Tutto inizia nel 1992, quando Freyer e Dreher riescono a riprendere dietro le quinte la troupe di produzione che si preparava a documentare l’esecuzione di Michelangeli a Monaco nel 1992 del Concerto in sol maggiore di Ravel, con Sergiu Celibidache. Quel documento risulterà poi di eccezionale valore, dal momento che il pianista ordinerà in seguito la distruzione di tutte le registrazioni di quella serata.
Tutto il film, in realtà, non è un’organica disamina di vita e opere del pianista, ma un collage di momenti, testimonianze, documenti visivi e sonori che non hanno l’ambizione di penetrare l’idea profonda che Michelangeli aveva del far musica, ma ci mostrano più che altro come egli veniva visto da amici e stretti collaboratori. Allo stesso tempo, viene fuori talvolta l’angolo visuale dello stesso Maestro, e cioè quei rari momenti in cui si percepisce cosa egli pensasse dei suoi colleghi, della sua ricerca della perfezione (“un’intera vita non basta per far bene una sola cosa”), della sua generosità nell’insegnamento (“il sapere è un diritto”).
Particolarmente significativa, tra le tante, è la testimonianza di Cord Garben, produttore discografico di Michelangeli tra il 1975 e il 1992. Tra i vari aneddoti riportati vi è quello della scelta del medesimo Garben come direttore d’orchestra per il suo comeback sul palco con i Concerti K 466 e K 503 di Mozart, a seguito del drammatico incidente di Bordeaux nel 1988. Garben, che era un direttore d’orchestra soltanto sulla carta, testimonia di aver proposto al Maestro partners prestigiosi come Sawallisch, Baremboim, o ancora, Abbado. E’ interessante venire a sapere che ABM nutriva stima per i primi due, mentre Abbado viene bollato con un secco “no”…..
Preziosissimi sono poi i filmati di prova dei concerti di Mozart con Garben, in cui quest’ultimo dovrà pazientemente sopportare una sfuriata del Maestro, e soprattutto i momenti “rubati” in cui il Michelangeli prova da solo la cadenza del primo movimento del Concerto K 466. Colpisce, in queste ultime clip, il modo in cui il pianista si agita, canta, partecipa alla musica con un atteggiamento del tutto agli antipodi rispetto alla imperturbabilità che gli si è soliti riscontrare durante le sue esibizioni. Ciò ci fa capire quanta disciplina egli dovesse imporsi per non disturbare la musica con movimenti corporali e mimiche facciali.
Interessante è poi la testimonianza di Angelo Fabbrini, il famoso accordatore, che doveva improvvisarsi psicologo per sopportare, anche lui, le sfuriate del pianista. Michelangeli lo considerava per la verità un vero e proprio mago nella preparazione del pianoforte…. e tuttavia una volta né Fabbrini né i suoi collaboratori riuscirono a trovare subito il pezzo di ago rimasto conficcato in un martelletto, provocandogli quella variazione timbrica infinitesimale che solo l’orecchio di Michelangeli era in grado di percepire.
Non meno toccante è la testimonianza di Vladimir Ashkenazy, che aveva acquistato una casa dove era vissuto il Maestro nel suo esilio volontario a Pura, sulle rive del lago di Lugano.
Ashkenazy, eccelso pianista, classe 1937, si era classificato al secondo posto nel concorso Chopin di Varsavia del 1955, con vibrante protesta di Michelangeli che lo avrebbe voluto vincitore. Il mitico pianista russo racconta con semplicità commovente questo aneddoto, nonché la sua costante emozione di vivere nella casa del Maestro e di potersi esercitare nel suo studio. Più che uno dei pianisti più celebrati al mondo, Ashkenazy appare qui come uno dei suoi tanti fans. Il suo repertorio era piccolo – dice ancora Ashkenazy – ma ogni opera “sembrava una statua”.
Il documentario è punteggiato da numerosi esempi musicali, benchè si tratti in massima parte di spezzoni di brani. Solo un'opera appare nella sua interezza: l'enigmatico finale all'unisono della Sonata per pianoforte op. 35 di Chopin, filmata al Festival di Salisburgo del 1967. Altre rarità includono un frammento di Le gibet dal Gaspard de la nuit di Ravel girato a La Grange de Meslay e un estratto mozzafiato di Scarlatti del 1949.
Due in particolare sono i momenti sonori che completano suggestivamente questo viaggio particolare nella vita e nell’opera del grande pianista. Il primo è la registrazione su nastro del pubblico che conserva il momento più drammatico della carriera di Michelangeli, la rottura di un aneurisma aortico durante il suo recital di Bordeaux del 17 ottobre 1988, mentre stava eseguendo Ondine di Debussy. È chiaramente udibile l’invocazione di aiuto del Maestro, il che ne fa un documento definito nel film come “quasi macabro”. Il secondo momento musicale, celestiale e commovente, è la dedica che Michelangeli fa a Celibidache per i suoi ottant’anni nel già citato concerto del 1992. Per il grande direttore rumeno, fatto accomodare su una sedia accanto al pianoforte, ABM esegue come bis la Mazurca op. 33 n. 4 di Chopin (oltre ad Hommage à Rameau dalle Images, Libro I, di Debussy, ma questo non viene detto).
Alla fine del lungo viaggio, durato circa trent’anni di ricerche, resta solo un tentativo di avvicinarsi al mito di Arturo Benedetti Michelangeli, condensato in questo prezioso cofanetto. Il grande pianista bresciano rimane un enigma, e, conclude la voce fuori campo, “forse è meglio così”.
Lorenzo Cannistrà