Ariane | Judith Van Vanroij |
La Gloire, Corcine | Marie Perbost |
Terpsichore, Dircée, un songe | Hélène Carpentier |
La Nymphe de la Seine, Junon | Véronique Gens |
Bacchus, un songe | Mathias Vidal |
Géralde, Jupiter | Matthieu Lécroart |
Adraste | David Witczak |
Le roi, un sacrificateur | Tomislav Lavoie |
Pan, le deuxième matelot, Lycas, Phobétor, Phantase, Alecton | Philippe Estèphe |
L'Amour, Elise, la Naxienne | Marine Lafdal-Franc |
Un plaisir, un suivant du roi, le premier matelot, Mercure | David Tricou |
Direttore | Hervé Niquet |
Coro e Orchestra Le Concert Spirituel | |
Les Chantres du Centre de Musique Baroque de Versailles | |
2 Cd alpha-classics alpha 926 | |
Self Distribuzione S.r.l. |
Se c’è un settore in cui la Francia eccelle è quello della valorizzazione del proprio patrimonio culturale, perseguito in ambito musicale con la pubblicazione costante e regolare di produzioni affidate agli ensemble più prestigiosi. La casa discografica Alpha, in collaborazione con le Centre de Musique Baroque de Versailles e le Théâtre des Champs-Elysées offre il suo contributo alla divulgazione di un’opera da Marin Marais di raro ascolto, Ariane et Bacchus, per l’interpretazione de Le Concert Spirituel diretto da Hervé Niquet.
Siamo verso la fine del Seicento. Lully è morto nel 1687 e il gusto sta cambiando. La tragedye lirique sta perdendo mordente a favore di forme musicali più leggere, gli dei e gli eroi un po’ alla volta lasciano il passo a personaggi più vicini alla quotidianità. Marais, allievo di Lully, già ben introdotto a corte e tra i favoriti del Re Sole come suonatore di viola da gamba e compositore, recupera in controtendenza un mito tratto dalle Metamorfosi di Ovidio.
Ariane è stata abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso. Naturalmente si lamenta. Non sa che presto, superati i consueti inghippi creati da Junon, sarà sposa di Bacchus. Secondo il prontuario delle definizioni dell’opera francese, figura come tragédie en musique, non proprio ortodossa perché coronata da lieto fine. Per altro è più che lieto anche l’inizio, una profusione di meraviglie che dovranno bastare anche per i successivi cinque atti, pregevoli benché non così movimentati. Ma se è vero che lo spettatore va catturato da subito, Marais ci riesce illustrando con musiche travolgenti un prologo curioso che vede concentrarsi nel punto più bello di Parigi un consesso di divinità classiche e locali, tra cui la Seine, serviti da tutto il repertorio del seicento musicale francese, qui al suo meglio.
Tutte le danze si susseguono: bourrée, rondò, giga, un’air che annuncia la Gloire accompagnata da tamburi trionfanti, e infine un coro seguito da una strepitosa ouverture pour entracte. I cinque atti sviluppano la vicenda secondo i canoni dell’epoca, in cui prevalgono lunghe tirate intervallate da qualche aria e da brevi intermezzi orchestrali. Certo non mancano momenti incantevoli, come il coro del secondo atto Suivante du roi seguito da una ciaccona bella tra le belle che per fortuna dura quasi sei minuti. Non mancano momenti vocali suggestivi, come la delicata aria del terzo atto "Hélas! Ce n’est point la tendresse", intonata da Ariane, cui fa seguito una air pur les songes seguita dal coro e da un duetto delizioso, benché ingannevole, quando un falso Bacchus corteggia una finta Dircée per provocare la gelosia della protagonista. Ma è solo un trucchetto di Junon per seminare zizzania. Altri momenti sontuosi li riserva il finale dell’opera con il coro "Tendres amants" seguito da un ultimo numero strumentale che testimonia la grandezza di Marin Marais sia come operista che come compositore per orchestra.
Hervé Niquet esalta tutti i piaceri della musica francese dell’epoca. Percorre senza affanno ma sempre ad alta tensione anche le vie non sempre scintillanti dell’opera. Le lunghe sospensioni dovute ai melologhi sono sostenute aggiungendo colori e intenzioni agli accompagnamenti strumentali, mentre nelle danze, nei cori e negli intermezzi raggiunge esiti stupefacenti senza effetti speciali. Tutto suona fluido, su quello swing naturale, quella sensibilità ai ritmi delle diverse danze, quella capacità di tenere alta l’attenzione e suscitare sempre nuove attese.
La compagnia di canto si suddivide l’onere dei lunghi passaggi declamati, peraltro risolti brillantemente grazie alla maestria degli accompagnamenti strumentali. Declamare alla francese è un’arte in cui Véronique Gens si distingue e qui, nel doppio ruolo di Junon e di Seine, mostra come si affronta questo aspetto della vocalità e dell’interpretazione con sicurezza e autorità. Judith Van Vanroij come Ariane, la protagonista, è delicata ed espressiva e non manca la sua occasione nella grande aria del terzo atto, messa in grande risalto. Mathias Vidal, Bacchus, è il coprotagonista, ma compare anche come Songe in uno dei momenti più suggestivi dell’opera. Come dio innamorato è molto contenuto e garbato, una versione soft del più smodato dell’Olimpo; con Hélène Carpentier (Dircée) intreccia un duetto incantevole alla fine del terzo atto. Philippe Estèphe, baritono multitasking, ha ben sei parti tra dei e mortali (Pan, le deuxième matelot, Lucas, Phobétor, Phantase e Alecton), tutte risolte molto bene. Segnaliamo anche Tomislav Lavoie che, come Roi, ha l’onore di intonare il gran finale cui seguirà un coro grandioso, per la gloria de Les Chantres de Musique Baroque de Versailles.
La registrazione è ottima e le note di copertina sono essenziali ma esaurienti.
Daniela Goldoni