Matteo Beltrami, direttore d’orchestra la cui carriera è in costante ascesa a livello internazionale, è impegnato in questi giorni nelle recite di Bohème a Palma di Maiorca e subito dopo volerà a Piacenza per dirigere le due recite di Trovatore che saranno in scena l’ 1 (prova aperta alle scuole), 3 e 5 marzo.
Buongiorno Matteo, come stai e come stanno andando le prove di questa bella Bohème con la regia di Leo Nucci di cui vedemmo l’esordio in quel di Modena nel 2019, poco prima di ritrovarci immersi nella ben nota pandemia?
Buongiorno Danilo, come potrebbe andare male quando si è in compagnia di Mimì e Rodolfo? Scherzi a parte è sempre un piacere affrontare questo compositore così spesso incompreso e travisato. La fortuna, ma anche la condanna di Puccini è che la maggior parte delle sue opere sono scritte talmente bene che funzionano e piacciono anche quando l'esecuzione è assai lontana dalle sue reali intenzioni. Vezzi di tradizioni, agogica e sentimentalismo sempre portati all'esasperazione quando, al contrario, il compositore dosa rubati con grande sobrietà e gusto, hanno creato un 'puccinismo' fine a se stesso che però piace molto al pubblico perché ravana nel profondo del patetismo. Non meno deplorevoli sono poi certe esecuzioni diametralmente opposte che riducono queste opere a 'poemi sinfonici per orchestra e voci' e che piacciono tanto a taluni intellettuali.
La sensibilità di un interprete potrà evidenziare aspetti piuttosto che altri ma le indicazioni del compositore sono chiare e inequivocabili! Puccini non è certo avaro di didascalie che riguardano intenzioni, tempi e agogica.
Nelle introduzioni degli atti primo e quarto, si alternano battute orchestrali a dialoghi a cappella tra Rodolfo e Marcello che NON sono dei recitativi liberi. Puccini scrive a tempo e successivamente sempre in tempo. Il fatto che sotto il canto non ci sia accompagnamento orchestrale non significa che sia ad libitum e in questo caso il compositore specifica di continuo che va mantenuto il tactus anche nelle battute vuote. Nel finale dell'opera Rodolfo pronuncia: 'che vuol dire quell'andare e venire... quel guardarmi così?!' con voce strozzata dallo sgomento. Non ha ancora preso coscienza di quello che è accaduto perché nessuno dei suoi amici ha il coraggio di metterlo di fronte alla realtà. Sugli accordi degli ottoni che squarciano il silenzio egli prende coscienza della morte di Mimì e successivamente, il suo più fedele amico trova la forza di abbracciarlo e di parlare.
Non voglio negare che certe esecuzioni dove Rodolfo urla disperatamente 'quel guardarmi così' a cui Marcello risponde 'coraggio' prima degli accordi orchestrali non creino un potente effetto strappalacrime, ma sono sbagliate!
Abbiamo notato che negli ultimi due anni, soprattutto tra Austria e Germania, non hai avuto un momento di respiro. Per quale ragione le maggiori offerte per la tua bacchetta giungono da parte dei teatri d’oltralpe?
La carriera di un artista, specialmente se "è sul mercato" da molti anni si sviluppa secondo modalità assai differenti e spesso imprevedibili. Nei miei primi 25 anni di attività ho diretto in tutti i teatri d'opera italiani ad esclusione di Milano, Roma e Bari. Nel frattempo ho costruito, mattone sopra mattone, una solida carriera di interprete del repertorio italiano nei teatri stranieri cercando di coniugare un'apertura mentale verso una concezione del teatro che oltralpe è ormai ampiamente consolidata, a un meticoloso lavoro di rispetto dello stile, della lingua e del canto all'italiana.
A cavallo della pandemia ho avuto la fortuna di essere chiamato in alcuni dei più prestigiosi teatri tedeschi quali Dresda, Amburgo, Berlino, Colonia, Bonn e austriaci come Graz; le produzioni sono state accolte da unanimi consensi e i contratti si sono via via moltiplicati.
Quali sono le principali differenze, in generale, tra i teatri tedeschi e quelli italiani?
Generalmente quello tedesco è un teatro di repertorio dove quasi ogni giorno si alza il sipario con titoli sempre diversi. Professionalità, competenza e capacità di risolvere i problemi invece che crearli sono caratteristiche che vengono particolarmente apprezzate. Inoltre è posta molta attenzione non solo alla singola performance pubblica, ma a tutto il percorso di prove che la precede. Il rispetto per gerarchie e competenze è assoluto e la fiducia è totale. Mi trovo molto a mio agio con il loro pragmatismo senza fronzoli e l'idea che la 'Première' sia il risultato della somma del lavoro di ogni singolo giorno.
Come ti trovi a collaborare con i registi di formazione tedesca?
Bisogna sapere cogliere l'enorme potenziale del Regietheater invece che rifiutarlo a priori. Il linguaggio usato nell'800 contiene termini spesso ostici perfino per noi italiani e sovente i registi stranieri si affidano a traduzioni del libretto delle opere assai grossolane. Io seguo instancabilmente ogni singola prova di regia assicurandomi che tutti abbiano ben chiaro il significato palese o anche sottinteso di ogni singola scena e più di una volta mi è capitato che il regista mi ringraziasse perché non aveva colto il reale significato del testo. Qui in Italia spesso ci si immagina il regista di formazione tedesca capriccioso, isterico e bislacco che semina il panico durante le prove con richieste assurde ma io ho sempre trovato persone disponibili al dialogo e al confronto.
Dobbiamo però sottolineare il tuo feeling ormai consolidato con il Teatro Municipale di Piacenza dove, negli ultimi anni ricordiamo che hai diretto Il Corsaro, La Favorita e a giorni tornerai per dirigere Trovatore. Cominci ad essere affezionato a questo storico teatro?
Ho diretto in tutti i teatri di tradizione italiani grazie ai quali ho accumulato quel tipo di esperienza che mi ha poi permesso di affrontare sfide importanti e impegnative con la giusta sicurezza e preparazione. Queste istituzioni sono un patrimonio dal valore culturale inestimabile perché mantengono viva la tradizione di un genere musicale che è nato proprio dentro quei luoghi servendo inoltre da palestra per le nuove generazioni di interpreti. Il Teatro Municipale di Piacenza è tra i teatri di tradizione che, negli ultimi anni, si sono distinti per una programmazione di alta qualità. Grazie alla guida di Cristina Ferrari, donna di teatro intelligente, pragmatica, capace di amalgamare giovani talenti con veterani del palcoscenico e a un team affiatato ed efficiente, questo teatro è davvero un modello di gestione esemplare. Devo altresì ricordare che questo Trovatore potrà essere visto nella prossima stagione anche presso il Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena; altro teatro dove io sono di casa e che grazie alla guida di Aldo Sisillo funziona molto bene e offre delle stagioni interessanti.
Il trovatore è un’opera che hai diretto già un po’ di volte: ti ricordi dove? Ma qual è il suo livello di difficoltà rispetto alle altre opere della trilogia popolare ed in generale fra le opere verdiane?
Come scordarsi la "prima volta" ? Il mio debutto sul podio in assoluto è stato con questo titolo e, a distanza di tanti anni posso ben dirlo: “che incosciente!”
Ogni opera della trilogia popolare presenta problematiche molto diverse tra loro.
La traviata è tanto semplice tecnicamente quanto complessa dal punto di vista interpretativo. Violetta è un personaggio di una profondità tale che anche dopo anni di studio stupisce sempre con nuove sfumature.
Rigoletto è un altro gigante che trascina con sé le incrostazioni di una certa tradizione e dalle quali va ripulito e riportato ad una interpretazione tanto più rivoluzionaria e moderna proprio perché sobria ed essenziale.
Il trovatore si può paragonare ad una serie TV Netflix di otto puntate tra loro assai differenti e la difficoltà maggiore sta nel fornire continuità e coerenza ad una trama assai frammentaria. La vena melodica così felice rischia di ridurre questo capolavoro ad una sterile successione di numeri celebri, magari ben eseguiti ma fini a loro stessi. Nonostante trovi assai meno interessante lo scavo psicologico dei personaggi (Leonora è la donna angelica, fedele, devota fino alla morte. Manrico l'eroe romantico senza macchia, perfetto in tutto ciò che fa, certo c'è Azucena che offre molti spunti interessanti ma non raggiunge la complessità di un Rigoletto o di una Violetta), è pur sempre un godimento dirigere quasi tre ore di musica eccelsa. Ho sempre pensato che con la qualità ma soprattutto la quantità di invenzioni melodiche presenti nel Trovatore un qualunque compositore dell'epoca avrebbe avuto materiale per una decina di opere diverse. Con quest'opera ci si può letteralmente ubriacare di musica stupenda e Verdi è come un oste generoso che apre le porte della dispensa senza lesinare prelibatezze.
Qual è il tuo operista preferito?
Ma che domanda? Giuseppe Verdi.
La sua produzione è caratterizzata da capolavori assoluti, spesso assai diversi tra loro, intervallati da opere sperimentali caratterizzate da momenti splendidi seguiti da altri non risolti. Studiando Il Corsaro, per esempio, si arriva a comprendere come il quartetto del Rigoletto non sia una intuizione fortunata ma un modello di perfezione a cui il compositore è pervenuto grazie a svariati tentativi precedenti. Dunque un grande artigiano della composizione ma soprattutto un genio assoluto nel cogliere l'essenza di un dramma sintetizzandolo in modo semplice e lineare. La sua musica scandaglia l'animo umano come pochi altri hanno saputo fare e socchiude continuamente porte attraverso le quali cercare risposte ai quesiti che da sempre affollano la mente umana. E più si approfondisce lo studio di questo gigante più accresce il numero delle domande rispetto alle risposte così come avviene confrontandosi con la maggior parte delle figure fondamentali che hanno accompagnato il percorso evolutivo dell'essere umano.
Qual è l’opera che ti dà maggiore appagamento nel dirigerla?
In verità non ne esiste una in particolare. Titoli come La Cenerentola risvegliano il mio lato ludico: ritorno bambino e non c'è recita che io non rida di gusto a certe battute (che poi sono sempre le stesse!) e durante la quale i geniali concertati non sollecitino il mio spirito agonistico spronandomi a ricercare maggior precisione in velocità davvero mozzafiato. In questo caso il non plus ultra è avere a disposizione un periodo di prove congruo per allenare i cantanti ad un virtuosismo estremo e un'orchestra dal livello tecnico eccezionale come successo a Colonia con la Gürzenich Orchester. In Bohème, Madama Butterfly o Traviata le emozioni sono talmente violente che arrivo a fine recita sempre stravolto, completamente esausto. In questo caso la soddisfazione è stata maggiore quando ho avuto a disposizione cast pronti a rimettere in discussione la loro interpretazione approfondendo minuziosamente le indicazioni dei compositori e orchestre pronte ad affidarsi completamente al mio gesto. A differenza di Rossini dove l'estrema precisione nei concertati è frutto di un lavoro millimetrico da replicarsi ogni volta in modo il più possibile identico, ci sono capolavori dove la percezione del tempo e dello spazio può variare da serata a serata e la sensibilità di cogliere quelle piccole differenze rispetto alle prove e trasformarle in un valore aggiunto fa la differenza tra una buona recita e una serata magica. Poi ci sono opere come L'elisir d'amore o il Barbiere di Siviglia che sono un po' come la "pizzata" del sabato sera tra vecchi amici oppure il Verdi maturo che esige una concentrazione assoluta nel calibrare perfettamente ogni singolo dettaglio prezioso all'interno di un arco drammatico di lunghissimo respiro. Non è questione di un titolo piuttosto che un altro. Ogni opera reca in dote sfide il cui tentativo di venirne a capo è ciò che più mi appaga.
Hai un titolo d’opera che non hai ancora diretto e sogni di poterlo mettere in repertorio?
Certamente, e più di uno! Don Carlo e Simon Boccanegra, il Trittico eseguito nella stessa sera, Roberto Devereux, Manon di Massenet e Elektra di Strauss.
Dopo le recite di Trovatore a Piacenza riprenderai immediatamente la strada verso il nord Europa?
A fine Marzo sarò ancora a Piacenza per un concerto sinfonico il cui programma mi sta particolarmente a cuore: il Requiem di Cherubini in do minore. Si tratta di un capolavoro assoluto che consiglio davvero a tutti di ascoltare. E poi torno alla Deutsche Oper di Berlino con Lucia di Lammermoor.
Cosa sogni per il tuo futuro professionale?
Vorrei avere la bacchetta magica e fermare il tempo ad oggi. Questa è davvero l'età biologica migliore per la mia carriera e in generale per quella di un direttore d'orchestra. Ho ormai passato il periodo in cui bisogna assolutamente dimostrare al mondo chi sei. Il periodo in cui tutti pretendono di insegnarti come dovresti comportarti per essere un direttore d'orchestra, durante il quale si rischia di disperdere forze ed energie in direzioni sbagliate. Adesso Beltrami viene giudicato per quello che fa e questo mi fa sentire libero. Ho acquisito un certo grado di maturità, esperienza e autorevolezza che mi permettono di focalizzarmi sugli obbiettivi e raggiungere i risultati che mi sono prefissato e il corpo risponde egregiamente allo stress e alla fatica. Ho trovato la mia strada, e sono consapevole che sia una strada che a qualcuno incuriosisce, interessa, entusiasma e a qualcuno meno, ma la coerenza verso i propri principi dona una sicurezza e stabilità senza le quali sarebbe davvero difficile sopravvivere in un ambiente tutt'altro che facile.
La tua è una carriera costruita con sacrifici e tanta gavetta; nessuno ti ha mai regalato nulla. Non pensi che questo tipo di approccio, al di là della fatica, possa aiutare a porre delle fondamenta particolarmente solide sui cui poggiare un percorso professionale più duraturo? In passato ci sono stati direttore d’orchestra molto giovani partiti col botto che dopo pochi anni sono pressoché spariti nel nulla. Che ne pensi?
Danilo, tu sai che nel 2018, in quei pochi mesi in cui ho ricoperto il ruolo di Direttore Artistico ad interim del Coccia di Novara ho creato dal nulla un'Accademia per cantanti e direttori d'orchestra. Negli anni successivi mi sono battuto per la rinascita del Concorso Cantelli e ho cercato di fare debuttare molte giovani bacchette. La tecnica di base della direzione d'orchestra si può apprendere in poche lezioni. Ma in che modo la propria fisicità incide sul suono delle diverse compagini orchestrali? Come comprendere il loro carattere? Si, perché le orchestre sono esattamente come esseri umani; alcune molto diffidenti, altre permalose, capricciose oppure disponibili, generose, affabili. Certe le conquisti con l'ironia, altre con l'entusiasmo e altre ancora con una ferma e composta autorevolezza che genera un certo timore reverenziale. Infine ci sono problemi di carattere pratico ma non meno importanti: Come si gestisce il rapporto buca/palcoscenico? Come ottimizzare le prove con i cantanti?, ecc. La gavetta serviva a misurarsi con tutto questo in un ambiente protetto senza sovraesposizioni mediatiche. Adesso debutti in un ruolo in un teatro di provincia e trovi un'atmosfera e aspettative da 7 Dicembre scaligero!
Una riflessione a parte merita l'ossessione della novità che affligge il mondo dello spettacolo dal vivo. Si cercano continuamente nuovi talenti della cui scoperta fregiarsi offrendo loro la possibilità di debuttare senza però curarsi di come si evolvono.
Tutti ormai sanno del tuo amore per i cagnolini: quanto ti aiuta avere la presenza di un amico a quattro zampe nelle tue permanenze lontano da casa?
La vita di un direttore d'orchestra è “musicocentrica” e anche quando non lavoro o studio il cervello collega rumori e suoni della vita di tutti i giorni a note musicali o ritmi e nella testa echeggiano incisi melodici, passi orchestrali.... insomma staccare la spina è davvero difficile.
Molti adducono come scusa per non volere un animale d'affezione la frase "è un impegno, una responsabilità". Proprio quello che ritengo sia il motivo principale per averlo! Zenzerino esige attenzione, tempo, cura e questo mi aiuta a focalizzare parte della giornata su qualcosa che non siano note musicali. Qui a Palma de Mallorca per esempio abbiamo la nostra routine quotidiana: ovviamente lui è la mia wake-up call invero abbastanza discreta e tollerante: se capisce che ho bisogno di dormire ancora un poco solitamente si acquieta e aspetta. E comunque le sue zampette che bussano sul viso sono di gran lunga migliori di qualunque suoneria del cellulare. Segue passeggiata mattutina e fermata in caffè sempre diversi alla scoperta della migliore colazione della città. Gli altri appuntamenti della giornata - passeggiate, giochi ecc. - sono scanditi dai ritmi delle prove. Non posso davvero immaginare i mesi che passo lontano da casa senza la sua compagnia.
Cosa ami fare nel tempo libero?
Non sono mai stato un grande amante dello sport ma da anni mi sono reso conto che una buona attività fisica quotidiana aiuta sia la concentrazione nel momento opportuno e soprattutto mi fa tollerare ore di prove senza che il fisico ne risenta. Negli anni ho provato sport diversi e ora ho trovato il mio equilibrio con il sollevamento pesi in palestra. Ci sono periodi in cui sento l'esigenza di allenarmi anche per un paio di ore al giorno onde scaricare lo stress accumulato ma ce ne sono altri in cui davvero devo impormelo con tutta la mia forza di volontà. Ma i benefici superano talmente la fatica che non immagino di poterne fare mai più a meno.
Quando mi trovo in città nuove, ed è una fortuna che capita spesso, oltre a programmare visite a musei e monumenti, amo molto "perdermi" per le vie passeggiando con il cane. Mi prendo un lasso di tempo prestabilito, un'ora o anche di più, vago senza una meta precisa e mi lascio stupire. Sul mio cammino trovo una chiesa che mi colpisce? Entro a visitarla. Una pasticceria invitante? Faccio colazione o uno spuntino. Un ristorante tipico dall'aria interessante? Mi segno la via e vi programmo una serata.
Infine, quel poco tempo che passo a casa a Milano è spesso perso in noiose faccende di ordinaria amministrazione che si accumulano durante la mia assenza; per fortuna poi viene la sera... e l'ombra e la quiete e non mi faccio mai mancare una buona cena tra amici!
Grazie per la chiacchierata e un grande in bocca al lupo per i tuoi prossimi impegni.
È stato un piacere! Con l'occasione mando un saluto a tutti i lettori di OperaClick
Danilo Boaretto