Il Murate Art District è una sovrapposizione verticale che può essere sfogliata come un libro; monastero dal tardo Medioevo, nell’Ottocento carcere e oggi uno spazio di creazione e residenza dedicato ai linguaggi artistici contemporanei. Un continuo dialogo tra passato e presente con lo sguardo rivolto verso il futuro: in breve, una situazione ideale per ospitare i due giorni – 9 e 10 settembre 2023 – dedicati al centenario della SIMC, la Società Italiana di Musica Contemporanea.
Il traguardo del raggiungimento del secolo di attività è ragguardevole, soprattutto perché va a costituire un parallelo immediato e inevitabile con due modi (musicali e non) ormai distantissimi tra loro, un lungo flusso temporale che ci collega direttamente ai fondatori Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero e Gabriele d’Annunzio. Tuttavia l’interesse non è la ricorrenza in sé ma il creare un’occasione per mettere sul tavolo alcune problematiche di particolare importanza a proposito della musica contemporanea ed è esattamente quello che hanno fatto Andrea Talmelli e Renzo Cresti, rispettivamente presidente della SIMC e del Comitato Centenario SIMC, coordinatori dell’evento fiorentino eloquentemente intitolato La musica contemporanea tra presente e futuro.
Presente e futuro sono gli effettivi punti cardinali che forniscono l’orientamento del convegno: una discussione che faccia la radiografia alla musica contemporanea, dalle criticità alle intersezioni comuni a più autori che possono divenire nuovi tratti di forza, l’integrazione delle nuove tecnologie e la compenetrazione tra due o più generi. Una lettura lucida del presente che possa costituire un primo ponte verso il futuro.
Non si tratta peraltro di pura retorica, perché i ben circostanziati interventi dei relatori vanno a toccare molti nodi fondamentali della questione contemporanea come le tecniche strumentali (cui è stata dedicata la seconda giornata), la comunicazione con il pubblico impiegando strumenti vecchi e nuovi, dalla radio ai social, i (nuovi) ruoli sociali del compositore, dall’esagerata impermeabilità di genere fino alla didattica. In questo senso si è parlato molto del futuro e in modo fattivo, ponendo l’accento sui passi che possono essere compiuti anche nell’immediato o comunque a medio termine, preannunciando anche le tematiche di altri convegni firmati SIMC (il prossimo sarà completamente incentrato proprio sul tema della didattica e sul ruolo dei conservatori).
Un terreno senz’altro impervio e accidentato quello su cui sono stati chiamati a muoversi i relatori coinvolti: Alessandro Solbiati, Dino Villatico, Pietro Niro, Francesco Maria Paradiso, Andrea Mannucci, Stefano Taglietti, Vincenzo Saldarelli, Lamberto Lugli, Claudio Ambrosini, Gilberto Bosco, Biagio Putignano, Angela Vietri, Roberto Fabbriciani, Giovanni Claudio Traversi, Marco Giommoni, Elisabetta Capurso, Piero Niro, Alessandro Melchiorre, Marco Lenzi e Gianpaolo Salbego, senza tralasciare l’intervento preliminare del presidente Talmelli e soprattutto quello di Cresti, che ha toccato punti nevralgici in particolare riguardo al linguaggio e alla sua duttilità in base alla destinazione della singola composizione, ponendo la cosa in una prospettiva sostanzialmente drammaturgica.
Ancora una volta: nel convegno in onore del centenario della SIMC sulle parole e sulle intenzioni hanno prevalso interventi fattivamente propositivi, una ideale comunione d’intenti che con l’operato dei singoli compositori può trasformarsi in una nuova propulsione.
Inevitabilmente la musica è stata parte integrante e presenza vitale all’interno del convegno stesso e attorno a questo. Pregevoli gli interventi alla viola di Maurizio Barbetti e al pianoforte di Petr Yanchuk, che hanno interpretato da una parte pagine di Ennio Morricone, Simonetta Sargenti, Massimo Massimi, Paolo Geminiani, dall’altra di Silvia Bianchera, Davide Anzaghi, Lamberto Lugli e insieme Minore di Gilberto Bosco.
Il convegno celebra anche il sodalizio tra la SIMC e il GAMO – Gruppo Aperto Musica Oggi, una delle più antiche istituzioni italiane dedicate alla musica contemporanea – con due concerti, ognuno alla fine di ogni giornata di dibattito. Ecco che fanno la loro comparsa Puccini a caccia di Sylvano Bussotti, Il sangue, il mare di Andrea Talmelli, Orazione ai viventi e Nolstalghie (il secondo in prima esecuzione assoluta) di Cristina Papi, quindi Staccato dal mondo di Ada Gentile,Fight di Sonia Bo e Voyage that never ends di Stefano Scodanibbio. Una selezione che riunisce titoli del passato recente e della più verde attualità, andando a comporre un autentico spaccato della musica del presente; non può esserci pertanto alcun intento museale, piuttosto è l’ennesima affermazione della vitalità di una categoria che spesso non viene associata dalla percezione popolare a un effettivo specchio del presente.
In estrema sintesi, il convegno fiorentino ha messo in chiaro degli intenti quasi programmatici: instaurare un nuovo e più flessibile dialogo con il pubblico, ripensare all’uso del linguaggio (auspicabilmente senza diktat di sorta), integrare le nuove tecnologie – anche di comunicazione – così come le nuove tecniche strumentali che consentono nuove espressività ma proposte con una scrittura gestuale chiara e netta, il tutto senza mai rinunciare alle istanze di quella che Lamberto Lugli ha felicemente definito musica d’arte. Sono stati gettati molti semi in questa nuova «chiamata alle arti», esattamente un secolo dopo quella di Casella, dei semi che spetta ai compositori far germogliare e portare a un pieno sviluppo.
In ogni caso la due giorni della SIMC è stata un evento rilevante nell’ottica di una costruttiva lettura critica della contemporanea italiana, un focus di cui forse si sentiva anche il bisogno data sia l’affluenza di pubblico sia il numero collegamenti per la diretta streaming. Non resta che augurarsi che questa occasione sia il preludio di una nuova stagione per la musica del presente.
Luca Fialdini