Il Conte d'Almaviva | Dmitry Korchak |
Bartolo | Carlo Lepore |
Rosina | Nino Machaidze |
Figaro | Leo Nucci |
Basilio | Ferruccio Furlanetto |
Berta | Manuela Custer |
Fiorello e Ambrogio | Nicolò Ceriani |
Un ufficiale | Gocha Abuladze |
Direttore | Daniel Oren |
Regia, scene, costumi e luci | Hugo De Ana |
Coreografia | Leda Lojodice |
Maestro del Coro | Vito Lombardi |
Coordinatore del Ballo | Gaetano Petrosino |
Direttore allestimenti scenici | Michele Olcese |
Orchestra, Coro, Corpo di ballo e Tecnici dell'Arena di Verona |
È noto che il palcoscenico areniano non sia certo il più adatto ad accogliere partiture rossiniane, o almeno così si recita, ed in effetti il rigore filologico cui la Rossini Renaissance ci ha abituato sembra non entrare in sintonia con le esigenze di un tale spazio, esso infatti si propone di comunicare con il pubblico nel modo più diretto e semplice possibile e, aggiungo io, sempre nel modo più teatralmente etico e rigoroso. Come spiegare allora il grande successo che questo semplice e fantasioso spettacolo di Hugo De Ana (2007 la première) ottiene ad ogni suo ripresentarsi in palcoscenico? La risposta credo sia molto semplice anche se forse non è quella che vorremmo. Il pubblico ama sempre più allestimenti spettacolari e leggiadri che lo facciano evadere e sorridere piuttosto che riflettere e, specie in arena, questo può accadere combinando un ottimo cast ad un impianto registico intelligente, civettuolo e spiritoso che immerga lo spettatore in un ambito fiabesco e lo faccia applaudire di stupore anche grazie a qualche facile, antico e sempre attuale effetto speciale.
È criminale? Non credo e, se di delitto si tratta, non comporta vittime o almeno non gravi se l’aspetto musicale viene, almeno in parte, ben salvaguardato.
La regia di Hugo de Ana si conferma assai ben rinfrescata nei movimenti dei personaggi e nelle controscene ed il magico giardino di rose si anima di lillipuziani personaggi che a tratti ricordano i mastichini del celebre Mago di Oz, i quali agiscono in ogni azione con simpatiche danze e movimenti scenici. In questo ambiente si muovono i personaggi dell’opera come in un gigantesco libro illustrato e sbucando dalle mura del labirinto (e qui il richiamo al mondo di Alice di L. Carroll diventa evidente) ci narrano la loro storia.
Un’idea semplice ma fresca e originale che diverte ed attrae, mantenendo con il tempo coerenza e stile grazie anche alle coreografie di Leda Lojodice ed a cui i fuochi d’artificio finali nulla tolgono o aggiungono se non il fascino dello stupore regalato.
Con i 150 anni dalla scomparsa del massimo compositore pesarese e i 70 anni dal debutto de “Il barbiere di Siviglia” nel Festival areniano la ricorrenza da celebrare era doppia ed il cast chiamato per onorarla è stato decisamente all’altezza della sua fama.
Leo Nucci nel ruolo che forse più gli ha dato popolarità e soddisfazione nella sua lunga carriera, si è presentato sul palcoscenico areniano con una grinta da leone corazzata da una tecnica invidiabile, bissando la celebre aria d’ingresso del personaggio “Largo al factotum” richiesto a gran voce dal pubblico che gremiva l’anfiteatro e proseguendo poi la sua interpretazione con la grande attenzione teatrale e musicale che lo caratterizza.
Divideva con lui il palcoscenico un altro gigante della scena italiana quale il basso Ferruccio Furlanetto impegnato nel ruolo di Basilio che cesellava il suo personaggio con infinita raffinatezza ed altrettanta ironia culminante nella celeberrima "Calunnia".
Molto bene anche Nino Machaidze qui al debutto nel ruolo di Rosina ed in una tessitura per lei inusuale. L’interprete, deliziosa, risolveva il ruolo con brio, agilità e brillantezza; la sua Rosina risultava dunque musicalmente precisa, garbata, centrata su accento e fraseggio quanto scenicamente sempre disinvolta e spigliata.
Ottimo anche Dmitry Korchak nel ruolo del Conte di Almaviva che sfoggiava bel timbro, musicalità ed una tecnica che ben gli permetteva di affrontare con disinvoltura il suo carattere.
Saporito e fragrante il simpatico Don Bartolo interpretato da Carlo Lepore che senza indulgere in inutili lazzi arrivava semplicemente al cuore del semplice umorismo e sulla stessa linea si poneva la Berta di Manuela Custer .
Completavano il cast Nicolò Ceriani (Fiorello e Ambrogio) e Gocha Abuladze (un ufficiale).
Daniel Oren alla guida dell’orchestra della Fondazione trovava le giuste dinamiche e raggiungeva una dimensione di grande raffinatezza stilistica, riuscendo ad ottenere il giusto amalgama tra buca e palcoscenico ed in questo contesto non è cosa da poco .
Un’arena gremita ed un pubblico entusiasta testimoniavano un successo indiscusso per tutti gli interpreti e per Rossini ... a quando una bella Italiana in Algeri ?
La recensione si riferisce alla prima del 4 agosto 2018
Silvia Campana