Manon Lescaut | María José Siri |
Renato Des Grieux | Gregory Kunde |
Lescaut | Dalibor Jenis |
Geronte di Ravoir | Carlo Lepore |
Edmondo | Francesco Marsiglia |
Il maestro di ballo | Saverio Pugliese |
Un musico | Clarissa Leonardi |
Un lampionaio | Cullen Gandy |
Sergente e L'oste | Dario Giorgelè |
Il comandante di marina | Cristian Saitta |
Direttore | Gianandrea Noseda |
Regia | Vittorio Borrelli |
Scene | Thierry Flamand |
Costumi | Christian Gasc |
Luci | Andrea Anfossi |
Maestro del coro | Caludio Fenoglio |
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino | |
Allestimento del Teatro Regio di Torino |
Dopo le arditezze di “Katia Kabanova” di Janáček e ad un mese dal recupero archeologico dell’ “Incoronazione di Dario” di Vivaldi, il Teatro Regio ha ripreso fiato tornando al “suo” Puccini del periodo torinese con la “Manon Lescaut” nell’allestimento realizzato per la stagione olimpionica di Torino 2006. La regia, allora curata da Jean Reno, è stata ripensata da Vittorio Borelli che ha confezionato uno spettacolo lontano da provocazioni, “evergreen”, ideale per un repertorio di routine. Una produzione che video trasmessa su Rai 5, diffusa nei cinema del circuito internazionale All-Opera/Rai Com ed esportata, in forma di concerto a fine mese, all’Opéra des Nations di Ginevra.
La sera della prima la Reale Mutua, main sponsor dello spettacolo, ha offerto sontuosi buffet al numeroso pubblico durante gli intervalli dei primi due atti. In platea, insieme a numerosi giovani, anche alcuni volti nuovi della società torinese come Giovanni Quaglia, neo Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. Assente, come sempre al Regio, il Sindaco nonché Presidente della fondazione. Prima dello spettacolo le RSU del teatro hanno letto un comunicato di protesta contro le prescrizioni della legge n. 160 dello scorso anno che sta mettendo a repentaglio l’esistenza delle nostre fondazioni liriche.
Al debutto nel titolo Gianandrea Noseda, che proprio in questi mesi festeggia i suoi primi dieci anni alla guida musicale del Regio, ha confermato per l’ennesima volta il proprio credo nel noto detto “prima la musica, poi le parole” riservando la propria attenzione principalmente all’orchestra rispetto, specie nel primo atto, all’equilibrio con le voci sul palcoscenico. Nel corso dell’esecuzione le cose sono andate un po’ meglio ma abbiamo comunque percepito, durante l’intera serata, una certa noncuranza dell’orchestra (in magnifica forma) per i cantanti. Sappiamo come Puccini si avvicinò alle “Histoire du chevalier Des Grieux ed de Manon Lescaut” dell’abate Prévost dopo essere rimasto folgorato dalla musica di Wagner a Bayreuth. Un incontro con il teatro tedesco che decise gli immediati sviluppi artistici del compositore toscano a cominciare proprio dalla “Manon Lescaut”.
Nel Febbraio del 1893, a pochi giorni dalla prima alla Scala di “Falstaff” che segnò l’addio alle scene di Verdi, Puccini presentò al pubblico del Regio di Torino un’opera innovativa e ardita nel bilanciare un trattamento sinfonico dell’orchestra e uno stile di canto tipicamente di scuola italiana. La composizione di Manon fu particolarmente travagliata sia nella stesura musicale (se ne contano ben otto edizioni di cui l’ultima nell’anno della morte di Puccini) che in quella del libretto (otto autori coinvolti). Come ebbe a scrivere lo stesso Puccini, diversamente dalla “cipria e i minuetti” dell’omonima opera di Massenet, era sua intenzione portare in scena le “passioni disperate” di giovani innamorati. Slanci emotivi, ideali e ingenuità tipiche di una gioventù che Puccini indagherà ancora una volta – e sarà l’ultima – nella successiva “Boheme”.
Noseda, consapevole della complessità e dei caratteri nuovi dell’opera, ha valorizzato splendidamente, soprattutto negli ultimi due atti, la straordinaria ricchezza di alcuni dettagli ritmici e timbrici della partitura che profumano già di Novecento. Notevoli il senso narrativo e il peso drammatico che il direttore ha dato al celebre intermezzo sinfonico del terzo atto che condensa il racconto delle peripezie di Des Grieux all’indomani della cattura di Manon. Nella lettura di Noseda non abbiamo però ritrovato quel carattere di levità e freschezza giovanile che Puccini aveva in mente mentre metteva mano all’opera e instillava, in particolare, nei primi due atti: la piacevolezza serale del quadro corale sulla piazza di Amiens e la frivolezza salottiera del salotto dell’appartamento di Geronte.
Se la direzione di Noseda ha stentato a infondere linfa vitale, la regia di Vittorio Borelli è rimasta nell’ambito di una convenzionalità che, specie nel caso di Des Grieux, non ha evitato ingenuità nel far muovere i personaggi. C’è da dire che il rococò dorato delle statiche scene di Thierry Flammand non era certo d’aiuto a stimolare la fantasia di un regista che si è sapientemente formato sul campo come Borrelli. Le luci naturalistiche di Andrea Anfossi hanno dato efficace risalto ai dettagliati costumi di Christian Gasc con un bell’effetto per il rosso sgargiante di Lescaut e l’opulenza di Geronte.
María José Siri dopo lo scorso Sant’Ambrogio scaligero ha affrontato una nuova eroina pucciniana non riuscendo però a soddisfare pienamente le aspettative. La cantante è stata piuttosto parca nelle sfaccettature del personaggio incentrando la propria Manon principalmente sui caratteri della superficialità e dell’ambizione sociale. Sono rimaste invece in secondo piano l’ingenuità giovanile nel primo atto e il senso di straniamento tra le opulenze dell’alcova di Geronte. Non convincente sul piano musicale nella prima scena, la Siri si è in parte riscattata nel corso della serata strappando anche il primo dei due soli applausi a scena aperta – il secondo è stato per l’intermezzo – per “In quelle trine morbide”. Forse - ci auguriamo - nel corso delle prossime recite la Siri affinerà ulteriormente il personaggio replicando anche a Torino i recenti successi ottenuti a Milano.
Al suo secondo impegno di stagione al Regio, Gregory Kunde ha dato ancora una volta prova della sua classe di cantante e musicista. La voce del tenore ha sfavillato in tutto il suo fascino, in ricchezza di armonici nelle lunghe frasi dell’appassionata dichiarazione di “Donna non vidi mai” mentre ci è parso meno convincente nella gaiezza disimpegnata di “Tra voi belle, brune e bionde”. Allo charme timbrico di Kunde si è unita una potenza sonora davvero invidiabile per i suoi oltre sessant’anni. Sincera e accorata è risuonata la supplica disperata di “No…pazzo son..” che chiude la concitata scena al porto di Le Havre. Nel registro acuto, sempre ben “immascherato”, il tenore ha mostrato un solido controllo del sostegno garantendo una linea di canto ferma e sicura.
Tutti soddisfacenti i numerosi comprimari a cominciare da Carlo Lepore che è stato un Geronte di sonorità piena e felice incisività e dallo spigliato Lescaut del baritono Dalibor Jenis. Ottimi anche i tenori Francesco Marsiglia (Edmondo) e Cullen Gandy (un lampionaio). Efficaci l’affettazione scenica e vocale del maestro di ballo del tenore Saverio Pugliese e l’eleganza del musico del mezzosoprano Clarissa Leonardi. Eccellenti anche il baritono Dario Giorgelè (Sergente degli arcieri e l’oste) e il basso Cristian Saitta (il comandante di marina). Precisa la preparazione di Claudio Fenoglio del Coro. Cauto successo da parte del pubblico.
La recensione si riferisce alla "prima" del 14 Marzo 2017
Lodovico Buscatti