Aida | Alexandra LoBianco |
Amneris | Elena Gabouri* |
Radames | David Pomeroy* |
Amonasro | Alfred Walker |
Ramfis | Daniel Sumegi |
Messaggero | Eric Neuville |
Il re | Clayton Brainerd* |
Sacerdotessa | Marcy Stonikas |
Direttore | John Fiore |
Regia | Francesca Zambello |
Scene | RETNA* (Marquis Duriel Lewis) |
Costumi | Anita Yavich* |
Luci | Mark McCullough |
Coreografie | Jessica Lang* |
Direttore di palcoscenico | E. Loren Meeker |
Coro e Orchestra del Teatro dell'Opera di Seattle | |
* debutto in questo teatro |
L'Aida attualmente in programmazione a Seattle era stata annunciata come un esempio di moderno grand opéra e ha senza dubbio rispettato le aspettative. Questa nuova produzione, curata da Francesca Zambello e frutto di una collaborazione fra vari enti lirici, è riuscita a integrare una pluralità di elementi artistici e stilistici così da soddisfare pienamente la complessa macchina scenica dell’opera; anche Verdi, il quale sosteneva che come buoni elementi di una esecuzione non si debbano intendere solo la bravura dei cantanti e dell’orchestra, ma anche “il vestiario, lo scenario e gli attrezzi”, ne sarebbe probabilmente rimasto soddisfatto.
Dalla ricchezza cromatica dei tessuti usati per i costumi di scena alla scenografia assolutamente sorprendente creata da RETNA, artista di Los Angeles, Aida ancora una volta prende vita e si dimostra capolavoro al di là del tempo. Uno dei motivi che avevano convinto Verdi ad affrontare questo soggetto risiede nella collocazione storica generale priva di avvenimenti specifici da rispettare. La Zambello ha saputo sfruttare la perfetta combinazione delle caratteristiche originarie del libretto e della musica con elementi cromatici e visivi di gusto contemporaneo. Non ci sono templi, piramidi, palme o elefanti, e addirittura si stenta a collocare l’azione nell’antico Egitto: la scena si apre su un grigio bunker militare con Radames e altri soldati in divisa, mentre Ramfis, come gli altri sacerdoti, indossa una tunica nera. Ma già dal quadro successivo l’ambiente si trasforma, trasportando il pubblico in un’atmosfera rutilante di colori e immagini basate su di un linguaggio simbolico, assolutamente unico e originale. appositamente creato da Marquis Duriel Lewis, noto al pubblico come RETNA. Già noto nell’ambito dell’arte e dello spettacolo per le sue creazioni (sua è la nuova facciata affrescata del Los Angeles Museum of Contemporary Art’s , e ha collaborato inoltre con Louis Vuitton e Justin Bieber), RETNA è diventato famoso come creatore di un sistema simbolico che ricorda antiche grafie, fra cui i geroglifici. Con un sapiente uso di luci e contrasti luminosi, i giganteschi simboli stampati su tessuti o riprodotti in sculture trasmettono immediatamente il senso della sontuosità del luogo, in particolare nel secondo quadro del secondo atto, in cui la bellissima marcia trionfale si snoda in un tripudio di colori. Qui l’effetto stereofonico è garantito dalla presenza di due troni, ciascuno ai lati del palco. circondati dal coro. I coloratissimi costumi di Anita Yavich e l’intensità abbagliante delle luci di Mark McCullough esaltano ulteriormente il colpo d’occhio.
Convincente tutto il cast, a partire dall’Aida di Alexandra Lo Bianco, in splendida forma vocale e dotata di ottime doti interpretative. Il suo timbro rotondo e la versatilità nel gestire i registri vocali le hanno consentito una prestazione di notevole successo. Grandi slanci vocali, nelle pagine di maggiore tensione emotiva, si sono alternati a momenti di solitudine, disperazione e lacerazione intima espresse attraverso l’uso delle mezze voci e dei pianissimi. Bella la sua interpretazione di “Ritorna vincitor”, in cui dimostra un perfetto controllo delle dinamiche “sul fiato”, cosi come arricchisce di colori e contrasti il duetto con Amonasro.
David Pomeroy (Radames) ha un timbro squillante e pieno, ma è anche capace di una emissione morbida nei momenti di maggiore intimismo, soprattutto nel finale. Altero e incisivo nel ruolo di comandante in capo, rende palpabile la propria sete di vittoria, così come l’indissolubile legame con l’amata Aida, con fraseggio elegante e omogeneità lungo l’intera gamma vocale.
Il ruolo di Amneris è ben noto a Elena Gabouri, che l’ha interpretato lo scorso anno all’Arena di Verona. Estremamente agile nella tessitura acuta, domina con grande perizia tecnica i momenti più appassionati. Anche nella zona medio-grave la voce è morbida, rotonda, evocante vellutate oscurità. Altera e regale con Aida nel duetto del secondo atto, svetta nel quarto, dove la sua disperazione viene espressa da una energica e duttile vocalità.
Già noto al pubblico di Seattle per le sue interpretazioni wagneriane nel Ring e nel Fliegende Holländer, Daniel Sumegi è un Ramfis solenne e mistico, vocalmente sicuro in tutta la gamma.
Bella la prova di Marcy Stonikas, sicura e brillante nel ruolo di Gran Sacerdotessa, la cui presenza sul palco è stata resa ancora più imponente da effetti speciali quali fumi bassi e fasci di luci. Alfred Walker, ottimo Amonasro, fraseggia con grande eleganza e proprietà, ora autorevole, ora insinuante, ora minaccioso.
Un po’ sottotono rispetto al resto del cast è stato Clayton Brainerd, un Re d’Egitto poco autoritario e comunicativo. Il timbro è rotondo, ma manca di portanza e incisività.
Di gusto contemporaneo la coreografia di Jessica Lang: mancano gli di elementi religiosi e mistici, mentre prevalgono i riferimenti alle marce militari.
Bravo sul podio John Fiore: attento alle sfumature, sottolinea con gusto ed eleganza lo sviluppo drammatico.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 12 maggio 2018.
Viviana Coppo