Heiner Goebbels e l'Ensemble Modern di Francoforte (diciotto musicisti più un regista del suono) inaugurano la prima edizione del Fast Forward Festival, festival di teatro musicale contemporaneo ideato dal Teatro dell’Opera di Roma, con la direzione artistica di Giorgio Battistelli, e realizzato con altre istituzioni musicali e culturali della capitale. A ospitare la serata di apertura è stato il Teatro Argentina; poi, fino al 9 giugno, si susseguiranno diversi spettacoli di teatro musicale, musica e danza in diversi luoghi della città.
Schwarz auf Weiss (“Nero su bianco”) non è proprio recentissimo: nato nel 1996, da venti anni viene interpretato dallo stesso gruppo di artisti che lo vide nascere. Lo stile musicale presenta una commistione rapsodica tra generi e strumenti: “musica sperimentale” sulle orme di John Cage (altro autore le cui composizioni saranno ascoltate all'interno del festival), caratterizzata dalla “transetnicità” strumentale e dalla presenza di suoni elettronici (tra gli strumenti un basso elettrico, un kodo, un didgeridoo, un cimbalom, un sampler e varie percussioni), incursioni free-jazz e progressive rock, frammentarietà delle melodie e dei ritmi fino agli estremi del rumorismo, parlato che si avvicina al canto senza mai giungerci pienamente e molto altro.
A spiegare alcuni aspetti fondamentali del lavoro è lo stesso Goebbels, in un'intervista di questi giorni: «Giunse alla forma definitiva dopo una serie d’incontri d’improvvisazione fra me il gruppo che, all'epoca, furono spalmati lungo un anno intero»; si tratta di «palle da tennis rimbalzanti su una grancassa, dolci suoni di kodo giapponesi, il sibilo di un bollitore tradotto in melodia per flauto, fiati uniti in una specie di banda all'italiana e avvenimenti fluttuanti in un potente disegno drammaturgico delle luci firmato da Jean Kalman. All'insieme s'intrecciano testi in varie lingue, in particolare Shadow, A Parable di Edgar Allan Poe, letto dalla voce registrata di Heiner Müller, al quale Schwarz auf Weiss è dedicato. In passato ho collaborato a più riprese con Müller, e questo omaggio costituisce un addio allo scrittore e una riflessione sulla sua assenza. Una sorta di Requiem, ma realizzato con vitalità, humour e passione».
Lo “humour” di cui parla l'autore è presente in varie forme. In forma scenica, quando alla fine di un infervorato assolo del sassofonista crolla parte della gigantesca cornice, uno dei pochi elementi scenici, insieme a delle sedie, panche e scale, a dei teli su cui nella prima metà dello spettacolo vengono proiettate ombre e immagini e agli stessi strumenti dei musicisti, anche montati e/o accordati direttamente sul palco nel corso dello spettacolo; in forma musicale, con la decisione di far “duettare” un bollitore e un ottavino; in forma testuale, per esempio l'interruzione del narratore con turpiloquio annesso (“Merda, non riesco a leggere senza occhiali...”). Spesso i piani si confondono: all'inizio alcuni musicisti suonano lanciando delle palle da una parte all'altra del palco contro una grancassa e una sottile lastra metallica. I musicisti-attori, insomma, sono coinvolti in una prestazione totale e continua, comunicando con la musica e con il corpo.
Riguardo al rapporto tra musica e teatro Goebbels, curatore anche della regia, dice che «il mio teatro nasce sempre dalla musica e non mostra mai quel che la gente si aspetta, ma gli aspetti più fragili e segreti della performance, come per esempio la timidezza di un musicista che si trova a dover suonare uno strumento che non conosce bene, o che cerca di suonare senza riuscirci. […] Io voglio evitare a tutti i costi i virtuosismi, i luoghi comuni e la routine del teatro tradizionale. Quanto ai testi che uso, m'interessano più il ritmo e la melodia che il significato delle parole. Le convenzioni sceniche impongono l'identificazione dello spettatore col solista, il quale diventa uno specchio. Rifiuto questa prospettiva e la sovranità dei musicisti e degli attori rispetto al pubblico. Il teatro dev'essere una esperienza, non una rappresentazione».
Il rifiuto della “routine del teatro tradizionale”, come il resto, si percepisce in molte scelte meta-teatrali, come quella di non concedere agli spettatori la cornice formale di un vero e proprio inizio con applauso: i musicisti sono già sul palco a suonare, quando si entra in sala. A un certo punto sembra cominciare lo spettacolo, le luci si abbassano e i musicisti si siedono tutti nella stessa direzione: dando le spalle al pubblico. La disposizione classica dell'orchestra è rovesciata e il direttore è l'unico artista a mostrare il volto. Il pubblico, alla fine, si vendica e ripristina la “routine” con un lungo e convinto applauso.
Michelangelo Pecoraro