Juliette | Margarita Levchuk |
Roméo | Jesús Álvarez |
Frère Laurent | Eugeniy Stanimirov |
Mercutio | Michael Wilmering |
Stéphano | Ivana Srbljan |
Le Comte Capulet | Dario Bercich |
Tybalt | Marko Fortunato |
Gertrude | Sofija Cingula |
Le Comte Pâris | Beomseok Choi |
Grégorio | Ivan Šimaović |
Benvolio | Sergej Kiselev |
Le Duc de Vèrone | Luka Ortar |
Frère Jean | Saša Matovina |
Direttore | Paolo Olmi |
Regia | Marin Blažević |
Scene e light designer | Alan Vukelić |
Costumi | Sandra Dekanić |
Drammaturgia | Lada Čale Feldman |
Movienti coreografici | Mila Čuljak |
Maestro del Coro | Nicoletta Olivieri |
Orchestra e Coro del Teatro Nazionale Croato "Ivan Zajc" di Rijeka |
Viene da Rijeka, città che guarda Ravenna dall’altra sponda dell’Adriatico, questa nuova produzione di Roméo et Juliette di Charles Gounod. Orchestra, coro, allestimento e buona parte del cast provengono infatti dal Teatro Nazionale "Ivan Zajc", istituzione musicale molto vivace per nuovi allestimenti e opzioni di repertorio non banali. Anche la scelta di Roméo et Juliette non è così consueta, per la consistenza del cast, che prevede numerosi personaggi e per l’impegno di mettere in scena un lavoro pensato in grande.
Unica opera di Gounod in grado di arginare, almeno in parte, la fama smisurata di Faust, Roméo et Juliette deve la sua fortuna a un paio di arie sulle quali si sono misurati nel tempo soprani e tenori leggendari, per la gioia dei vociomani. In realtà c’è molto altro, anche se sfilacciato in una drammaturgia discontinua in cui momenti di stretta routine si alternano a scene toccanti, tra tutte i quattro duetti dei protagonisti.
La regia di Marin Blažević è tutta nella scena (Alan Vukelić), forse minimalista nelle intenzioni, ma inesistente nei fatti: in un palcoscenico completamente nero, una gabbia di tubi Dalmine sostiene 85 riflettori, di cui 65, estremamente fastidiosi, puntati direttamente sul pubblico. Abbiamo avuto tutto il tempo di contarli perché così sarà per l’intera durata dell’opera. Qui dentro accadono i fatti, mossi da personaggi in total-black, con qualche colpo di bianco per i morituri: nero e bianco, d’altronde, sono i colori del lutto. L’idea registica di fondo è che si stia assistendo al compianto per una morte già avvenuta: quella del vero amore. Nel prologo che tutto anticipa, infatti, i due protagonisti si mostrano in bianco, come fantasmi di se stessi. Le poche idee sceniche e registiche, benché interessanti, si sono rivelate più riduttive che essenziali, con movimenti del coro e dei comprimari impacciati da gestualità goffe e inespressive.
I protagonisti, Margarita Levchuk e Jesús Álvarez, avrebbero meritato ben di più. Giovani e bellissimi, incarnavano in modo più che credibile la sfortunata coppia di amanti. Margarita Levchuk, sbrigata en souplesse la perigliosa Je veux vivre! (appalusi), ha continuato a risolvere con invidiabile sicurezza tutti i problemi che pone la parte: credibilità del personaggio, presenza scenica, empatia col pubblico, costruzione di una crescente tensione drammatica. La voce è interessante, limpida, sicura negli acuti e trapassata da linee scure che la rendono molto efficace ed espressiva nei passaggi più inquieti. Anche Jesús Álvarez si è liberato con ottime doti atletiche dell’aria feticcio Ah! Lève-toi soleil! (applausi) per poi dedicarsi, con passione più che credibile, ai quattro duetti. In particolare resta nel cuore la chiusa del secondo duetto Va! Repose en paix, sommeille! Intonata con la dolcezza di una ninna nanna e con l’incanto del primo amore, sostenuto da un’orchestra che è riuscita a piegare il suono, per sua natura robusto, a impalpabili sussurri.
Paolo Olmi ha diretto in perfetta sintonia con il palcoscenico, alzando il tono drammatico nelle grandi scene collettive e accompagnando con levità. i momenti più intimi e patetici, sempre a servizio del canto.
Il baritono Michael Wilmering, Mercutio, ha offerto una pregevole interpretazione della ballata Mab, la reine des mensonges, veloce come una corsa ma perfetta nella scansione del testo, come il basso Eugeniy Staminorov, nel ruolo di Frère Laurent, ha unito alla sicura performance vocale una notevole presenza scenica. Sofija Cingula, Gertrude in stampelle per una caduta durante la prova generale, ha avuto la prontezza di sfruttare il suo momentaneo impedimento per aggiungere sfumature al suo personaggio. Lo spettacolo è stato applaudito a lungo dal pubblico folto e attento.
La recensione si riferisce alla prima rappresentazione del 18 gennaio 2019.
Daniela Goldoni