Tomaso Albinoni | Concerto in re minore per orchestra n.7 op. 5 |
Antonio Vivaldi | Concerto in sol minore per orchestra RV 157 |
Concerto in la minore per ottavino e orchestra RV 445 | |
Concerto in do maggiore per fagotto e orchestra RV 472 | |
Concerto in do maggiore per ottavino e orchestra RV 443 | |
Wolfgang Amadeus Mozart | Divertimento in re maggiore K 136 |
Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova | |
Ottavino | Stefania Morselli |
Fagotto | Luigi Tedone |
È bello vedere che in un cielo assai cupo si accenda, di tanto in tanto, una stella; e così, nel firmamento bombardato dei teatri italiani, sempre più opaco e avvolto da nebbie cosmiche, brilla adesso un nuovo – anzi rinnovato - palcoscenico. O per lo meno ci prova.
Il Teatro Sociale di Camogli, cittadina della riviera ligure di Levante assai nota a turisti e intenditori, alza finalmente il sipario dopo trentatré lunghi anni di silenzio, difendendo con legittima prepotenza la sua posizione storica e mandando a gambe all’aria il malsano progetto della costruzione di un ampio parcheggio; e noi liguri tiriamo un sospiro di sollievo, pensando ai grandi magazzini che pulsano di frenesia sulle ceneri del povero Teatro Margherita di Genova.
Un sonetto in dialetto camogliese dell’inizio del secolo scorso recita: “S’aveivan di dinè? N’aveivan tanti/ che un gran teatru han fetu fabbrica /pe faghe travagià di cumedianti”. La traduzione, per i “foresti” è la seguente: Se avevano dei soldi? Ne avevano tanti, così che han costruito un grande teatro per far lavorare gli artisti”. La situazione economica di Camogli cui si riferisce il verso era quella dell’Ottocento, epoca d’oro per la comunità marinara levantina, che negli anni trenta aveva noleggiato la sua flotta mercantile a Luigi Filippo di Francia e che vent’anni dopo aveva disposto l’armamento di grossi trasporti marittimi per rifornire le truppe nel corso della guerra di Crimea, tanto per citare solo due delle grandi occasioni che arricchirono la città dei mille bianchi velieri e che contribuirono a fare di Camogli uno dei principali centri marittimi italiani. Tanta prosperità non poteva tralasciare l’aspetto culturale, indispensabile alla figura dell’individuo nuovo, esponente della borghesia e di tendenza liberale, aperto al mondo e al lavoro. Ecco allora, nel 1874, la posa della prima pietra del Teatro Sociale, costruito secondo la prassi seguita per le navi, grazie ad una società che suddivise le proprietà in carature: un carato per ogni palco e la denominazione di “palchettista” per chi aveva contribuito all’edificazione. Tralasciamo naturalmente tutta la storia a seguire, oggetto di testi ad hoc (Teatri Storici di Liguria, Un viaggio tra palcoscenici storici e naturali, AAVV; Genova, Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura) e precisiamo soltanto che dopo svariate vicissitudini legate al tracollo economico della cittadina alla fine dell’Ottocento, tra cui una prima chiusura nel 1930, il teatro visse fasi alterne di fortuna, diventando anche il palcoscenico dei genovesi durante il secondo conflitto mondiale, quando il Carlo Felice interruppe l’attività a causa dei pesanti bombardamenti subiti. Dal 1933 in poi, infatti, riprese un’attività artistica piuttosto intensa, che dopo la guerra venne però limitata quasi esclusivamente all’ambito cinematografico.
Dopodiché la chiusura che sembrava definitiva, avvenuta nel 1982: i “nuovi” palchettisti, discendenti dei proprietari delle origini, erano ormai semplici custodi, incapaci però di sostenere i costi di un effettivo recupero dell’edificio.
Ma qualcosa, nel frattempo, è successo: nemmeno un mese fa - il 23 dicembre 2016 - a 140 anni dalla storica inaugurazione del 1876, il Teatro Sociale è stato aperto alla città con la bacchetta (magica) di Fabio Luisi, il Coro e i Solisti dell’ Accademia della Scala, grazie all’intervento di diverse realtà, istituzioni e, soprattutto, persone. Ed eccoci allora tornati all’inizio del nostro articolo e ai giorni presenti, con un piccolo flashback doveroso, vista l’importanza dell’evento: la riapertura di un teatro va sempre festeggiata.
Il Teatro Sociale è un gioiellino, quattro ordini di palchi d’un bianco candido per un totale di quasi cinquecento posti, nello stile – naturalmente – dei teatri “all’italiana”, a ferro di cavallo. Dal palco numero 16 abbiamo seguito uno dei tanti concerti previsti dal nutrito cartellone, “un viaggio fra i generi, gli stili e i linguaggi della scena: musica, commedia, circo contemporaneo, teatro di figura, danza, in un programma che vedrà approdare, sulle tavole di un palcoscenico idealmente fra mare e cielo, artisti di grande prestigio nazionale e internazionale”, come hanno scritto in cartella stampa.
Ospite della serata una parte dell’orchestra del Carlo Felice, che ha proposto un programma snello a base di barocco e primo classicismo, con tanto Vivaldi, un concerto di Albinoni e il Divertimento in Re maggiore di Mozart. Grandi e sentiti applausialla ridotta compagine, guidata dall’esuberante spalla Elisabetta Garetti, e ai due solisti Stefania Morselli (ottavino) e Luigi Tedone (fagotto). L’Orchestra del teatro genovese non ha bisogno di tante presentazioni, specie su queste pagine, spendiamo invece molto volentieri due parole sui solisti, che raramente emergono dal gruppo. Due interventi per la Morselli, che ha interpretato un paio di concerti di Vivaldi; meglio la chiusura con il Concerto in Do maggiore RV 443 , in cui era più tranquilla e in cui più costruttivo è risultato il dialogo con l’orchestra, più sottolineate le dinamiche e più brillante il suono.
Molto bravo Tedone, che riesce a far cantare uno strumento difficilmente pensato come solista: molto ben amalgamato con il suono dell’orchestra, anche dal punto di vista ritmico, ha curato con attenzione le dinamiche e il fraseggio, ha sottolineato le sfumature con bella musicalità facendo risaltare il sottile - e non certo così evidente - movimento del pezzo.
La recensione in realtà è per il Teatro, il vero protagonista di questa prima serata di Operaclick a Camogli: ci teniamo ad accendere i riflettori su un palcoscenico che sembrava del tutto dimenticato, abbandonato a topi, polvere e piccioni. Non ce ne vogliano gli artisti, ci rifaremo anche con loro.
La recensione si riferisce al concerto del 7 Gennaio 2017
Barbara Catellani