Saimir Pirgu è indubbiamente uno dei tenori più interessanti della sua generazione. Da quando debuttò, selezionato da Claudio Abbado, nel ruolo di Ferrando in Così fan tutte a Ferrara ha vissuto una carriera importante dando l'impressione di essere in costante crescendo. Oggi, in vista di una nuova stagione ricca di interessanti debutti, fra cui il ruolo di Gabriele Adorno che interpreterà per la prima volta domani sera al Teatro San Carlo di Napoli, abbiamo pensato di incontrarlo per comprendere verso quali ruoli si indirizzerà nel suo prossimo futuro.
Come ti sei avvicinato alla musica ed al canto in particolare?
La passione per il canto è sempre stata dentro di me. Sin da piccolissimo ho sempre amato cantare, eseguivo canzoni popolari davanti a piccoli pubblici di amici e conoscenti. C’è da dire anche che in Albania, quando ero in prima elementare, il sistema comunista, ormai agli sgoccioli, seguiva ed incentivata il sistema scolastico albanese attraverso vari corsi musicali come attività extrascolastiche e diverse opportunità di praticare l’arte da parte dei bambini predisposti. Un po’ per scelta e un po’ per imposizione del sistema mi ritrovai a studiare il violino, mi diplomai, ma non smisi mai di cantare. Lo studio dello strumento ha contribuito notevolmente ad accrescere la mia preparazione musicale. La grande svolta è avvenuta quando frequentavo le scuole medie. Come ho spesso affermato, mi ritengo un “prodotto” dei tre tenori. Infatti è grazie a loro che ho intrapreso la strada del canto. Avevo circa 13-14 anni quando mi trovavo ad Elbasan, una piccola città industriale dell’Albania, era da poco finito il comunismo e vidi in TV il famoso concerto dei Tre Tenori da Caracalla. Ne rimasi affascinato. Registrai quel concerto, lo riascoltai infinite volte. Da quel momento decisi che il canto sarebbe diventato la mia vita, e così è stato. Avevo appena 18 anni quando, diplomatomi in violino, decisi di lasciare l’Albania per venire in Italia. Fui ammesso al Conservatorio di Bolzano. Lì incontrai il Maestro Vito Brunetti che mi volle nella sua classe e credette fortemente in me. Grazie al suo insegnamento riuscii a diplomarmi al conservatorio in poco più di due anni e ad iniziare prestissimo la mia carriera. All’età di 20 anni avevo già vinto il concorso “Enrico Caruso” di Milano, il concorso “Tito Schipa” di Lecce e avevo partecipato all’Accademia rossiniana di Pesaro tenuta da Alberto Zedda. Ricordo in particolare che nel concorso milanese vi era un pubblico attentissimo e ebbi la fortuna di cantare di fronte a Giulietta Simionato, Luigi Alva e Giuseppe Di Stefano che erano in giuria. La voce girò tant’è che poco dopo Claudio Abbado mi volle per un’audizione e mi scelse per lavorare assieme.
Con quali insegnanti di canto hai studiato e chi fra loro ha maggiormente formato il tuo modo di cantare?
Le prime lezioni di canto le ricevetti prima ancora di lasciar l’Albania, ma il vero studio posso dire esser iniziato in Italia al Conservatorio di musica di Bolzano con il Maestro Vito Maria Brunetti che, ben consapevole della mia giovane età, è stato sempre particolarmente competente ed attento nel guidare il mio studio e la mia crescita musicale naturale; tutt’ora è il mio punto di riferimento nello studio del canto. All’età di 19 anni ebbi poi la fortuna di conoscere Luciani Pavarotti: lo incontrai proprio nel periodo di Bolzano. Il Maestro era a Merano per delle cure e aveva del tempo libero che amava trascorrere ascoltando nuove voci promettenti. Perciò aveva chiesto se nei dintorni si potesse ascoltare qualche cantante, parlare di musica; fecero il mio nome e mi presentai da lui e da quel momento è nata la nostra amicizia ed un legame duraturo fino agli ultimi giorni della sua vita. Pavarotti è stato un capisaldo nel mio perfezionamento: studiai con lui i più famosi titoli di repertorio che canto ancora oggi e i suoi consigli sono sempre vivi nella mia mente. E’ stato non solo un grande Maestro, ma anche un grande amico e consigliere.
Quali sono i tenori del passato o del presente che ti piacciono di più e perchè? Ti ispiri a qualcuno in particolare?
Sono da sempre stato un amante delle belle voci solari con dizione chiara e ben proiettate. Pavarotti, Di Stefano, Gedda e Corelli sono senz’altro tra i tenori del passato che preferisco. Tra i cantanti a cui mi sono da sempre ispirato cito primo tra tutti Luciano Pavarotti che è stato anche il mio mentore e successivamente tutti gli altri sopra citati, tenori geniali, dalle caratteristiche e stili diversi e che amo sempre ascoltare. Dei tenori del presente amo moltissimo Roberto Alagna e Jonas Kaufmann.
Claudio Abbado ti volle, giovanissimo, nel ruolo di Ferrando nella sua storica produzione di Così fan tutte. Che ricordo hai di lui?
Se non fossi stato un musicista, o comunque una persona con già importanti conoscenze musicali, non so se avrei potuto lavorare accanto ad un Maestro con così tanta esperienza e preparazione. Il Maestro Abbado amava circondarsi di giovani e tra i tanti meriti da riconoscergli c'è anche quello di aver sempre avvicinato i ragazzi talentuosi al fine di farli crescere con i suoi preziosi consigli ed instradarli nella carriera musicale; adorava lavorare e fare musica con loro e si caricava positivamente trasmettendogli il dono della musica. Era una persona molto costante, paziente e dotata di grande intuito. Ricordo che il giorno della mia audizione mi spostarono il volo e arrivai con grande ritardo. Pensai di aver perso una grande occasione. Arrivai e vidi il Maestro che provava con la sua orchestra. Mi chiese di cantare. Cantai metà aria dopodiché mi fermò e mi disse che la parte era mia. Non potevo crederci. Da quel momento si instaurò un bellissimo rapporto con lui, era una persona molto cordiale. Sarà stato anche per la giovane età, ma quando si ha l'occasione di lavorare con grandi musicisti come Claudio Abbado solo successivamente ci si rende conto della grandezza di quanto accaduto. Mi ritengo molto fortunato per aver potuto iniziare la mia carriera con uno dei più grandi direttori d’orchestra. Per quasi un decennio la mia più grande preoccupazione è stata quella di apprendere il più possibile per mantenermi sulla linea di questo grande inizio e per non deludere le aspettative che il Maestro aveva su di me. E così è stato con tutti i grandi Maestri con cui ho lavorato e che hanno creduto in me come Nikolaus Harnoncourt con cui debuttai nel ruolo di "Idomeneo" nel 2008 e Riccardo Muti con cui cantai il mio primo Verdi Requiem al Festival di Salisburgo nel 2011.
Nel tuo repertorio spiccano molti ruoli mozartiani. A quali ti senti più affezionato?
La mia carriera è iniziata con Mozart che canto da quando ero giovanissimo, un compositore che tengo particolarmente a cuore, che ho imparato a conoscere nel corso degli anni ed amare sempre più, un vero genio. Negli ultimi anni mi sono accostato al repertorio belcantistico ottocentesco, Donizetti e Verdi in particolare, ma non ho mai smesso di affrontare Mozart, in quanto lo ritengo un compositore chiave dal punto di vista della tecnica e della musicalità. Mozart impedisce al cantante di prendersi troppe libertà ed esige costantemente dall’esecutore rigore e rispetto per la musica. Accostarsi alla scrittura mozartiana per un giovane cantante è quindi un’impresa solo apparentemente facile: può essere un’ottima scuola per lo sviluppo della musicalità del giovane allievo, ma bisogna avere una solida base tecnica per affrontare questo repertorio. Tra i ruoli mozartiani che preferisco ci sono sicuramente quelli che ho cantato maggiormente in tutto il mondo come Don Ottavio, Ferrando e Tito, ma il ruolo che tengo più nel cuore è sicuramente quello di Idomeneo che ho debuttato con il Maestro Nikolaus Harnoncourt, un’esperienza che rimarrà unica ed indelebile tra i miei ricordi.
Nel corso degli anni ti sei avvicinato anche a Verdi e Puccini, con grande attenzione ed intelligenza nella scelta dei ruoli. Scegli in autonomia o ti affidi al consiglio di qualcuno.
Ogni volta che introduco un nuovo ruolo nel mio repertorio faccio sempre molta attenzione a valutare lo stato attuale della mia voce ed ascolto con attenzione i suggerimenti e parei delle persone che mi circondano, specialmente quelle che conoscono la mia voce più a fondo come il mio Maestro e il mio pianista. Lo sviluppo vocale di ogni cantante è in continuo e costante movimento come anche lo sviluppo del corpo umano. Questo sviluppo si fa più veloce da giovani, quando i cambiamenti vocali si avvertono ogni 2-3mesi, per poi rallentare e pian piano stabilizzarsi in età più avanzata. Con le dovute precauzioni ho sempre sperimentato ruoli nuovi per ampliare il mio repertorio. Rodolfo è stato uno dei miei maggiori successi negli ultimi anni, ma ho avuto ottimi riscontri anche come Faust in La Damnation De Faust, Roméo in Roméo et Juliette, Werther e Riccardo in Un Ballo in Maschera. Pian Piano altri ruoli si aggiungeranno tra cui anche quello di Gabriele Adorno in Simon Boccanegra che debutterò il prossimo 7 ottobre al Teatro San Carlo di Napoli. E’ molto importante per un cantante giovane sperimentare: se la sperimentazione è fatta con coscienza, infatti, può risultare molto utile per delineare i limiti del proprio repertorio e al tempo stesso per scoprire nuovi ruoli dove poter esternare al massimo le proprie capacità vocali.
L’inserimento di un nuovo ruolo nel mio repertorio ha sempre seguito uno schema ben preciso: dopo il debutto lascio maturare il ruolo per poi riprenderlo dopo alcuni anni. Questo mi permette di tenere il ruolo sotto controllo, farlo maturare lentamente per poi riproporlo in una veste sempre migliore. E’ una tecnica che mi ha sempre aiutato moltissimo durante tutta la mia carriera.
Con quale collega-soprano hai instaurato un maggior feeling artistico e professionale?
Ho avuto varie colleghe con cui ho instaurato un buon rapporto sulla scena, ma dovendo fare un nome dico sicuramente Angela Gheorghiu, collega fantastica sia dal punto di vista professionale che umano. Ho cantato diverse volte con lei, specialmente in Bohème e devo dire che mai con nessun’altra collega si è creato un feeling artistico e professionale così forte come quello creatosi con lei. Mi sono sempre trovato bene con lei, la stimo molto e siamo anche amici.
Normalmente come sono i tuoi rapporti con direttori e registi? Nel caso di questi ultimi ti sei mai trovato a non condividerne le scelte di regia?
Ho ottimi rapporti di collaborazione sia con i direttori che con i registi. Rispetto a quest’ultimi, ci sono stati casi isolati in cui mi è capitato di non condividerne non tanto le scelte, quanto i modi in cui queste fossero trasmesse e ciò è accaduto quando il regista non era molto chiaro nei suoi intenti rendendo così difficile il nostro lavoro: è importante infatti che le indicazioni di regia arrivino in modo chiaro e preciso cosicché noi artisti siamo in grado di trasmetterle con convinzione sulla scena. Personalmente condivido sempre regie intelligente e ben fatte, siano esse classiche o moderne. Aggiungo, inoltre, che oggigiorno il peso che una regia assume in una produzione operistica sta diventando sempre più rilevante: è impensabile oggi che un’artista rimanga fermo sulla scena seguendo solo il direttore d’orchestra. Allo stesso tempo, però, è bene anche che la regia non prenda il sopravvento sul canto trascurando le esigenze del genere Operistico (ben diverse da quelle del Teatro o del Musical).
Canti in tutti i principali teatri del mondo. In quale ti trovi meglio, per organizzazione, atmosfera, professionalità.
Senza offesa per nessun teatro, tanto più che per la Wiener Staatsoper, il teatro in cui sono cresciuto e che tengo più a cuore, penso che la Royal Opera House di Londra sia quello che, per organizzazione e professionalità, sia un gradino più sopra degli altri: sin da subito ho percepito che, al suo interno, nulla è mai lasciato al caso, tutto segue una logica ben precisa e soprattutto ogni artista non si sente mai estraneo: dal ruolo di punta al piccolo comprimario tutti ricevono le medesime attenzioni e premure.
Come saprai la situazione dei teatri d’opera in Italia è drammatica. Cosa si potrebbe o si dovrebbe fare per uscire da questa situazione?
Penso che il mondo intero si trovi attualmente in una crisi di civiltà e, come, la storia ci insegna, ciò è spesso accaduto ad inizio secolo. Penso che negli anni futuri le cose andranno molto meglio, sono molto ottimista in tal senso, soprattutto se ci concentreremo tutti e sempre più sulla qualità delle cose che l’umanità intera realizzerà e mi riferisco anche all’arte in generale: più qualità, rinunciando se necessario alla quantità, riusciranno a preservare il patrimonio genetico culturale creato finora.
Quali saranno i tuoi prossimi impegni? Hai in prospettiva nuovi debutti?
Mi preparo a debuttare domani sera in Simon Boccanegra al Teatro San Carlo di Napoli dopodichè a fine anno debutterò come Pinkerton nella nuova produzione di Madama Butterfly all’Opernhaus di Zurigo. Seguiranno, tra gli impegni più prossimi, Roméo et Juliette al Gran Teatre del Liceu di Barcellona, Rigoletto alla Bayerische Staatsoper di Monaco, L’elisir d’amore e Werther al New National Theatre di Tokyo, La Traviata ed Elisir alla Staatsoper di Vienna.
Danilo Boaretto