OperaClick, nell’ambito di un progetto ad ampio respiro pensato per valorizzare attività artistiche e protagonisti spesso ingiustamente considerati minori o comunque di limitata visibilità mediatica, ha deciso di dedicare una rubrica ad hoc per far emergere, o comunque conoscere queste realtà e queste persone. L’iniziativa - che in un prossimo futuro avrà uno spazio specifico in Home page - è stata pensata in particolare per i giovani, spesso visti dal pubblico più maturo con una certa diffidenza e accomunati da un giudizio se non negativo almeno sospettoso improntato a una frettolosa superficialità.
Daniele Pilato, direttore di coro impegnato in territorio viennese, ci narra il suo vissuto che fino a oggi è stato accompagnato dalla grande passione per la musica corale, ambiente in cui ora lavora con dedizione grazie a un bagaglio notevole di esperienze alle spalle.
Al momento Daniele, 27 anni, sta lavorando come corista nel Salzburger Bachchor diretto da Alois Glaßner ed è anche assistente direttore del Coro Giovanile Friuli Venezia Giulia. Ha già partecipato alla registrazione del CD “Rejoyce in the Lamb” che sarà presentato in aprile: un progetto molto suggestivo con musiche di compositori inglesi dall’Ottocento a oggi sul tema dell’Agnello e della redenzione.
Nella prossima stagione primaverile prenderà inoltre parte a iniziative di grande rilievo artistico come Tosca di Puccini per il Festival di Pasqua di Salisburgo e due capolavori del barocco e del classicismo quali la Messa in si minore di Bach e La Creazione di Haydn.
Ce ne parla un’altra giovanissima, Anna Tonazzi, poco più che ventenne.
Conservi il ricordo di un'esperienza che ti ha avvicinato particolarmente alla musica corale?
Ho cominciato a cantare all’età di sette anni nel coro del ricreatorio: era bello, imparavamo le canzoni popolari triestine (repertorio essenziale per le serate in osmiza con gli amici, l’avrei scoperto undici anni più tardi a un’età più consona…) e ci esibivamo sul palco insieme ai gruppi di recitazione. Tuttavia la vera passione per la musica corale è nata alle scuole superiori, quando entrai nel coro del liceo. In quegli anni formammo un gruppo affiatatissimo, avevamo addirittura creato una band che ci accompagnava sui brani tratti da musical. L’incontro con la musica corale colta invece avvenne tramite il Coro Interscolastico Triestino, un progetto ideato da Andrea Mistaro a cui aderirono i direttori dei singoli cori dei licei ed istituti superiori della città, nato con l’intento di offrire ai ragazzi tra i quattordici e i diciotto anni la possibilità di affrontare autori classici impegnativi come F. Mendelssohn e J. G. Rheinberger, compositori altrimenti del tutto fuori portata per un coro di scuola superiore di venti/trenta elementi.
Hai avuto un insegnante che ha influito sulla scelta di questi studi o sui tuoi gusti musicali?
La persona che mi ha dato l’opportunità di iniziare a dirigere è stata l’allora direttrice del coro del liceo scientifico G. Galilei (che quest’anno festeggia il suo ventennale!), dove avevo cantato per cinque anni, Roberta Ghietti. Non potendo lei stessa più proseguire con l’attività corale a causa di impegni lavorativi concomitanti con l’orario extrascolastico, mi chiese se volessi prendere in mano la situazione, ed accettai con grande gioia: mi lasciò un gruppo di coristi di notevole potenziale e facemmo un gran bel lavoro insieme, coronato col premio speciale come migliore coro scolastico al concorso nazionale di Vittorio Veneto 2014. Avendo la responsabilità di quei ragazzi, decisi di iscrivermi a direzione di coro al conservatorio G. Tartini di Trieste e cominciai lo studio del canto privatamente, che potei finanziare lavorando nel coro della Cappella Civica di Trieste, e nella corale della Beata Vergine del Rosario.
Riguardo ai gusti musicali ritengo sia tutt’ora influente il modo di intendere la musica liturgica contemporanea di Marco Sofianopulo e fu sicuramente fondamentale l’incontro di tre anni fa con Erwin Ortner, direttore dell’Arnold Schönberg Chor: un maestro assoluto nell’eleganza del fraseggio musicale.
Che cosa ti ha insegnato l'aver lavorato con lo Schönberg Chor?
Lavorare nell’Arnold Schönberg Chor mi ha cambiato la vita. Lì ho imparato con quali ritmi lavora un coro professionale, ho dovuto macinare tanto repertorio molto difficile in poco tempo, (il culmine è stata la Lamentatio Jeremiae Prophetae di Krenek… definirla una sfida è un eufemismo); trovarsi accanto a coristi di grande esperienza, padronanza tecnica e intelligenza musicale è stato uno sprone notevole a migliorarmi. Ho sperimentato in prima persona le differenze basilari che intercorrono tra il coro di un teatro d’opera (lo Schönberg Chor presta servizio al Theater an der Wien, per il quale è stato insignito del premio come miglior coro d’opera agli International Opera Awards 2017) e una formazione prettamente concertistica, e il relativo adattamento che deve assumere il ruolo del direttore di coro, nel primo caso come preparatore atletico e mediatore, nel secondo come live performer. Ho avuto inoltre l’occasione di lavorare con direttori d’orchestra di prestigio, in particolare con Nikolaus Harnoncourt, dal quale ho avuto l’immensa fortuna di poter essere diretto durante il suo ultimo concerto: la Missa Solemnis di Beethoven. Fu un’esperienza straordinaria.
Perché hai scelto di andare a studiare all'estero? Il tedesco ha per te rappresentato un ostacolo o si è rivelato un input esortante per un maggiore arricchimento personale?
Non ho mai avuto l’obiettivo di studiare all’estero: mi ci sono ritrovato catapultato dalla vita stessa. Avevo il desiderio di uscire di casa, fare nuove esperienze, così feci domanda per il progetto Erasmus+. Inserii tra le preferenze per le destinazioni due città austriache su tre, tra cui la capitale. La allora responsabile dei progetti Erasmus del conservatorio volle farmi desistere, in buona fede, dall’indicare città austriache, perché già in passato degli studenti dovettero rimanere a casa, in quanto non furono accettati da nessuna delle destinazioni da loro scelte. La mia domanda, con mia grande sorpresa, ebbe invece un riscontro positivo proprio dall’università per la musica e le arti performative di Vienna.
Data la possibilità di vivere di musica ho deciso successivamente di restare in Austria e attualmente studio al Mozarteum di Salisburgo.
Il tedesco fu essenzialmente un trauma: non parlavo neanche una parola e quando arrivai dovetti imparare in gran fretta, ma ora ringrazio, perché mi si è aperto un mondo su tutta quella che è la cultura musicale tedesca.
Che importanza ha avuto nel tuo percorso l'ammissione nel Coro Giovanile Italiano?
L’ammissione al Coro Giovanile Italiano è stata una delle tappe fondamentali del mio percorso, sia a livello personale che artistico. Ti racconto un curioso aneddoto al volo: ero entrato come seconda riserva dei tenori, la prima si chiamava Jesus, ma non si presentò mai alle prove. Le battute sul suo nome e il mio cognome dovute alla strana circostanza si sprecarono!
Con molti ragazzi di quella fortunata edizione mi sento ancora, facciamo rete, lavoriamo per costruire un mondo musicale italiano più unito e di livello.
Che legame conservi con la tua regione e in particolare con Trieste?
Il legame con le mie origini rimane sempre molto forte, spesso purtroppo con dell’apprensione, in particolare per le istituzioni che mi hanno cresciuto e dato la possibilità di esprimere il mio potenziale. In tempi così duri si spera sempre che si eviti il deterioramento.
Che progetti hai per il futuro? Tornerai a lavorare in Italia?
Nell’immediato cerco di fare al meglio i miei studi. In un domani spero di ritornare in Italia per poter condividere il bagaglio di esperienze che ho accumulato qui.
Che cosa significa per te fare musica?
Fare musica è credere in sé stessi, nelle proprie potenzialità, abbattere i propri limiti, studiare molto, avere tanta pazienza, essere curiosi, cercare il contatto con l’altro, col diverso, scontrarsi con l’assoluto. Riscoprirsi vivi.
Che cosa ti sta insegnando l'esperienza con il Coro Giovanile Regionale del Friuli Venezia Giulia? Se dovessi esprimere in tre parole quello che porterai di esso con te in futuro, cosa sarebbe?
L’esperienza col CGR mi sta insegnando che non è assolutamente vero che tutti i ragazzi di oggi sono dei robot soggiogati dal male assoluto della tecnologia. Al contrario vedo dei giovani, alcuni dei quali hanno appena cominciato a cantare, che si mettono in gioco in maniera formidabile e lavorano più professionalmente dei professionisti. Dal lato artistico trovo veramente interessante confrontare il metodo di lavoro della direttrice Petra Grassi con quello che ho imparato in Austria: scuole di pensiero diverse, ma affini e complementari.
Di loro porto sempre con me la dedizione, il sacrificio, la passione.
Che importanza pensi che possa avere il canto corale nella vita di un corista?
Il canto corale aiuta a sviluppare l’empatia, la disciplina, il senso civico, la curiosità. È molto più che un’attività ricreativa, o una valvola di sfogo.
Come direttore, quali qualità ti impegni a mantenere sempre?
L’onesta intellettuale, la preparazione, la pazienza.
Descrivi con una parola tedesca quello che la musica è diventata per te grazie all'esperienza all'estero.
“Wahnsinn” ovvero “pazzia”.
Consiglieresti di svolgere un percorso come il tuo agli aspiranti direttori? Che suggerimenti avresti?
Spererei sinceramente che altri possano intraprendere un percorso un po’ più fluido del mio! Il suggerimento è di accettare la propria vocazione e rimanerci leali: alla fine della giornata dobbiamo rendere conto a noi stessi.
Anna Tonazzi